La formazione tra diritto all'istruzione e diritto al lavoro
Autore | Loffredo, Antonio |
Pagine | 55-109 |
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Capitolo secondo
La formazione tra diritto all’istruzione e diritto al lavoro
Sommario: 1. Il diritto sociale alla formazione: peculiarità. – 1.1 Diritto alla formazione
e concertazione. - 2. Istruzione e formazione tra retaggi culturali e tentativi di inte-
grazione. - 2.1 Dall’obbligo formativo al d iritto alla formazione. - 2.2 Il riordino del
sistema formativo. - 2.3 La c ompetenza normativa: principi e regole. - 3. Il diritto
alla formazione nell’Unione Europea. - 3.1 Dalle parole ai fatti: nozione di forma-
zione ed equipollenza dei titoli. - 3.2 La formazione come strumento di azione posi-
tiva. - 4. La formazione come strumento delle politiche occupazionali. - 4.1 Quando
la crisi rende il law poco soft.
1. Il diritto sociale alla formazione: peculiarità
L’analisi riguardante la struttura e la configurazione giuridica dei di-
ritti sociali del capitolo precedente è stata svolta con l’obiettivo di porre le
basi per l’approfondimento di uno tra essi, quello alla formazione, che co-
stituisce un ottimo esempio per dimostrare le imperfezioni del modello
criticato. Le difficoltà di garantire ai diritti sociali lo stesso trattamento
riservato agli altri diritti fondamentali hanno origini differenti e sono le-
gate, come si è visto, alla volontà politica dei soggetti pubblici che avreb-
bero il compito di attuare concretamente tali principi. L’intera categoria
soffre le conseguenze di questa ricostruzione ma esistono delle peculiarità
del diritto alla formazione, posto sotto la luce dei riflettori della dottrina e
della giurisprudenza più tardi rispetto ad altri diritti sociali considerati di
maggior rilievo, che complicano ulteriormente la questione. Tali peculia-
rità riguardano la presunta scarsa determinatezza del contenuto e, soprat-
tutto, la funzione del diritto alla formazione in relazione alla possibile so-
vrapposizione con il diritto all’istruzione, da un lato, e al suo ruolo ancil-
lare rispetto a quello al lavoro, dall’altro. La formazione è, infatti, un pri-
sma composto da molteplici facce: una necessità irrinunciabile per ogni
sistema economico che voglia competere nel mercato globale, ma anche
una garanzia per tutti i cittadini, indipendentemente dallo status di lavora-
tore, rientrando ormai – come si vedrà in seguito – nel più ampio concetto
di istruzione e avendo la finalità di eliminare una situazione di esclusione
o di diseguaglianza sostanziale tra cittadini.
La questione riguardante l’analisi della funzione del diritto alla for-
mazione, ovvero della sua autonomia o strumentalità rispetto al diritto al
lavoro, con il quale viene talvolta confuso oppure considerato ad esso ac-
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cessorio1, deve partire necessariamente dai riferimenti delle norme che
nella Costituzione riguardano la formazione ed il lavoro. Il collegamento
tra i due fenomeni emerge in modo evidente nell’art. 352, che individua
nel primo e nel secondo comma il compito per la Repubblica di tutelare,
rispettivamente, il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni e la forma-
zione e l’elevazione professionale dei lavoratori. Il destino comune riser-
vato ai due fenomeni dal legislatore costituente attraverso la loro riunione
in due commi successivi della stessa norma, oltre ad essere una conferma
del loro legame, impone una riflessione sull’obbligo di tutti i poteri pub-
blici di garantire entrambi i diritti, al fine di poter tutelare nella loro pie-
nezza le posizioni giuridiche soggettive che la Costituzione ha posto in
capo ai lavoratori ed ai cittadini. Questo articolo, che non a caso segue
quello avente ad oggetto il diritto all’istruzione, apre il Titolo III riguar-
dante i Rapporti economici e va letto in connessione con tutte le altre
norme della Costituzione che in maniera più o meno diretta si occupano
dello sviluppo della persona nell’ambiente di lavoro, a cominciare dagli
articoli 1 e 2 che pongono il lavoro al centro del nostro ordinamento e la
persona, sia nella sua qualità di individuo sia nella sua proiezione sociale,
quale fulcro intorno al quale strutturare l’intero complesso dei diritti in-
violabili dell’uomo, facendo in modo che esse non restino delle mere di-
chiarazioni su una Carta, per quanto fondamentale3.
Il lavoro come fenomeno sul quale si basa tutta la nostra Costituzione
ed il suo diritto, che costituisce uno dei pilastri irrinunciabili della Costi-
tuzione in senso materiale, vedono una sintesi giuridica negli artt. 4 e 35
Cost., nei quali si trovano garantiti al massimo livello delle fonti il diritto
ad avere un lavoro, quello di tutelare il lavoro stesso una volta che il rap-
porto sia iniziato, quello ad avere una formazione adeguata e quello a tu-
telarla attraverso una sua costante elevazione professionale. I due diritti
hanno, quindi, una struttura che si potrebbe definire parallela, in quanto il
costituente si è preoccupato di garantirne sia il momento genetico, quello
dell’accesso al lavoro o ad una formazione idonea a sviluppare le inclina-
zioni dei cittadini, sia quello funzionale, e non di rado può capitare che
proprio la concreta attuazione di uno (quello alla formazione) possa costi-
tuire una maggiore tutela dell’altro (quello al lavoro).
L’affermazione secondo cui le moderne organizzazioni della produ-
zione hanno imposto un aggiornamento costante delle competenze delle
persone che vi lavorano e che, quindi, la formazione costituirebbe una le-
va essenziale per il raggiungimento di quest’obiettivo è diventato ormai
1 V. LOY G., “La professionalità”, in Riv. Giur. Lav., 2003, I, p. 776.
2 ALESSI C., Professiona lità e contratto di la voro, Giuffrè, Milano, 2004, pp. 7 ss.
3 AVIO A., I diritti inviolabili nel r apporto di lavoro, Giuffrè, Milano, 200 1, p. 24.
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un luogo comune. Come molti luoghi comuni, quest’affermazione contie-
ne un fondo di verità. La necessità di formarsi continuamente per l’intero
arco della vita produttiva deriva dal fatto che “nessuno può più fare a me-
no di continuare a imparare continuando a lavorare. Soltanto l’aggiunta di
competenze, il mescolamento delle competenze e la contaminazione fra
competenze possono garantire maggiore stabilità all’occupazione; e per
questo l’apprendimento, l’arricchimento debbono essere continui, inces-
santi”4. La necessità di un aggiornamento costante delle competenze pro-
fessionali riguarda tutti i lavoratori, giovani e adulti, altamente qualificati
o con basso livello di istruzione, i cd. colletti blu, i quadri e i dirigenti: da
un lato ci sono interi gruppi professionali che hanno bisogno di un riadde-
stramento, dall’altro i giovani che, per poter entrare nel mercato del lavo-
ro con qualche speranza di ricevere un’offerta, si vedono obbligati a raf-
forzare la loro occupabilità se non vogliono cadere nella morsa dei con-
tratti che garantiscono minori tutele normative ed economiche ai lavorato-
ri. Del resto, la precarizzazione dei percorsi lavorativi, attuata attraverso
svariati rapporti di lavoro a termine, così come la disoccupazione di lungo
periodo con l’inattività che ad essa consegue, contribuiscono in maniera
determinante a logorare le professionalità acquisite dai cittadini nel siste-
ma formativo.
La formazione professionale, da questo punto di vista, è una figura
emblematica della stagione del diritto del lavoro (post)moderno e costitui-
sce una lente privilegiata per l’osservazione delle tendenze di una disci-
plina sempre più orientata a ridurre le garanzie per i soggetti più deboli o,
come si usa dire in maniera più corretta politicamente, a spostare le tutele
dal rapporto al mercato. Questo processo parte dalla presunzione, tutta da
verificare, che esso possa rendere un servizio positivo sia alle imprese, li-
berate così da vincoli eccessivi nella gestione della forza-lavoro, sia ai la-
voratori, ai quali sarebbero affidati strumenti per affrontare gli eventuali
periodi di transizione da un’occupazione ad un’altra: una bussola che li
orienti e competenze che li possano rendere appetibili da altre imprese.
Si può parlare allora di una duplice funzione occupazionale della
formazione, collegata alle due classiche interpretazioni del diritto al lavo-
ro: 1) la creazione di occasioni di lavoro; 2) la tutela del lavoro già esi-
stente. Entrambe le letture sono importanti in quanto il lavoro significa
ben più di una fonte di reddito per i cittadini, rappresentando il fattore
principale di integrazione sociale e la condizione necessaria per la tutela
della dignità e per lo sviluppo della personalità umana. Di conseguenza, i
poteri pubblici sono obbligati ad impegnarsi per garantirlo attraverso gli
strumenti politici e amministrativi a loro disposizione, quindi soprattutto
4 ACCORNERO A., L’ultimo tabù, Laterza, Roma-Bari, 1999, p. 57.
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