Sui fondamenti giuridico-costituzionali dell'obbligo di provvedere

AutoreColavecchio A.
Pagine1393-1424
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Antonio Colavecchio
SUI FONDAMENTI GIURIDICO-COSTITUZIONALI
DELL’OBBLIGO DI PROVVEDERE
SOMMARIO: I. Premesse generali. - II. Obbligo di provvedere e principi di doverosità amministrativa e di
legalità. - III. Obbligo di provvedere e principi di buon a ndamento e di buona amministrazione. - IV.
Obbligo di provvedere e principio di imparzialità. - V. Obbligo di provvedere e principio di trasparen-
za. - VI. Obbligo di provvedere e principio di pubblicità. - VII. Obbligo di provvedere e principi di
buona fede e di tutela dell’affidamento. - VIII. Obbligo di provvedere e diritto di difesa nei confronti
dell’Amministrazione. - IX. Obbligo di provvedere e livelli essenziali delle prestazioni. - X. Alcune
considerazioni di sintesi e conclusive.
I. Premesse genera li
È affermazione pacificamente condivisa quella secondo cui la disposizione conte-
nuta nell’art. 2 della legge n. 241/19901 ha codificato l’obbligo della P.A. di clare lo-
qui, ovverosia l’obbligo dell’Amministrazione di definire il procedimento c on un atto
esplicito. Come noto, in forza del disposto del precitato art. 2, la P.A. è tenuta a con-
cludere il procedimento amministrativo «mediante l’adozione di un provvedimento e-
spresso» tanto nei casi di procedimento ad iniziativa privata «tipizzata» («ove il proce-
dimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza»), quanto nei casi di procedimento
ad iniziativa di ufficio (quando esso «debba essere iniziato di ufficio»)2. Ora, se l’espressa
1 Legge 7 agosto 1990, n. 241, recante «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di
diritto di accesso ai documenti amministrativi».
2 Cfr. il comma 1 del sopra citato art. 2. In altri e più precisi termini, ove l’ Amministrazione è obbli-
gata ad aprire un procedimento, su istanza di parte o d’uffi cio, essa è obbligata anche a chiuderlo provve-
dendo espressamente entro un termine prestabilito. Cosicché, come è stato puntualmente osservato, «all’ob-
bligo di procedere si è quindi congiunto l’obbligo di provvedere nei tempi previsti e il secondo, in sostanza,
ha assorbito e presto il posto del primo»: M. RENNA - F. FIGORILLI, Art. 2. Conclusione del procedimento,
in AA.VV., Codice dell’azione amministrativa e delle responsabilità, a cura di A. BARTOLINI - S. FANTINI -
G. FERRARI, Roma, 2010, 108. Merita rimarcare che l’art. 2 non esclude alcun tipo di procedimento dalla
previsione dell’obbligo per la P.A. di provvedere nel termine. Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa
ha chiarito che tale obbligo ass ume valenza generale, sicché è applicabile anche agli atti amministrativi ge-
nerali quali bandi di concorso o avvisi pubblici (per esempio, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, sent. 19
novembre 2002, n. 7282, in riferimento al termine di approvazione delle graduatorie) , ivi c ompresi gli atti
di pianificazione e di programmazione (ex multis: Cons. Stato, Sez. V, dec. 2 9 maggio 2006, n. 3265;
T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, sent. 6 maggio 2008, n. 1079), essendo ad essi sottratta l’applicazione della leg-
ge 241/1990 limitatamente a l Capo III inerente la partecipazione procedimentale, mentre nessuna deroga è
disposta in relazione alla disciplina concernente il termine di durata dei procedimenti di cui al Capo I. Peral-
tro, anche in relazione ad «ineludibili esigenze di economicità ed efficacia dell’azione amministrativa» (co-
sì, ex multis e da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, dec. 5 luglio 2007, n. 3824), la giurisprudenza ritiene che
l’obbligo della P.A. di concludere il procedimento con un provvedimento espr esso, venga meno: a) in pre-
senza di richieste aventi il medesimo contenuto, qualora sia già stata adottata una formale risoluzione am-
ministrativa inoppugnata (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, decisioni 20 novembre 2000, n. 6181, e 11
giugno 2002, n. 3256), e non siano sopravvenuti mutamenti della situazione di fatto o di diritto (cfr. Cons.
Stato, Sez. IV, dec. n. 3256 del 2002, cit.); b) in presenza di domande manifestamente assurde (cfr. Cons.
Stato, Sez. IV, decisioni 28 novembre 1994, n. 950, e n. 6181 del 2000, cit.), o totalmente infondate (cfr.
Cons. Stato, Sez. V, decisioni 3 agosto 1993, n. 838, e 7 maggio 1994, n. 418); c) al cospetto di pretese ille-
gali, non potendosi dare corso alla tutela di interessi illegittimi (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, dec. n. 6181 del
2000, cit.). Ancora di recente, il Giudice amministrativo ha precisato che «l’art. 2 della L. n. 241/1990 ha
fissato un principio generale secondo cui ove il procedimento consegue obbligatoriamente ad un’istanza del
privato ovvero debba essere iniziato d’ufficio, la P.A. ha il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un
provvedimento espresso. L’evoluzione giurisprudenziale ha portato a ritenere che l’obbligo in parola non
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previsione, a livello legislativo, del «dovere»3 di provvedere in capo alle Amministra-
zioni pubbliche costituisce, secondo la communis opinio, la codificazione del generale
obbligo di clare loqui, ciò significa che la previsione stessa è intervenuta a canonizzare
un precetto (rectius: principio) già insito nell’ordinamento4, ma bisognevole di essere
esplicitato per conferire ad esso certezza giuridica5, oltre che di essere «puntellato» da
una serie di strumenti sia sostanziali che processuali atti a garantirne l’effettività6.
In tal senso, notevole è la portata chiarificatrice di alcuni dicta della Corte costitu-
zionale, la quale ha avuto modo di qualificare come norma di principio e precettiva allo
stesso momento la disposizione di cui all’art. 2 della leggen. 241/1990.
Norma di principio per quel che ora interessa , in quanto la certezza dei tempi
dell’azione amministrativa e la doverosità dell’esercizio del potere costituiscono ele-
menti qualificanti della riforma introdotta dalla legge sul procedimento amministrativo,
atteso che, secondo il Giudice costituzionale, il Legislatore, con l’art. 2, citato, ha inte-
so canonizzare «l’efficacia dell’obbligo di provvedere già esistente nell’ordinamento,
con esclusione di ogni forma di insabbiamento di procedimenti, anche nelle fasi sub
procedimentali», dando così «applicazione generale a regole in buona parte già enu-
cleate in sede di elaborazione giurisprudenziale e dottrinale che sono attuazione, sia
pure non esaustiva, del principio costituzionale di buon andamento dell’amministra-
zione (art. 97 della Costituzione) negli obiettivi di trasparenza, pubblicità, partecipa-
zione e tempestività dell’azione amministrativa, quali valori essenziali in un ordina-
mento democratico»7.
Nel solco della giurisprudenza costituzionale citata, anche i Giudici amministrativi
non hanno mancato di rilevare, in più occasioni, come l’obbligo di conclusione del
sussiste soltanto nelle seguenti ipotesi: a) istanza di riesame dell’atto inoppugnabile per spirare del termine
di decadenza […]; b) istanza manifestamente infondata […]; c) istanza di estensione ultra partes del giudi-
cato […]»: T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, sent. 16 maggio 2007, n. 5245. Per una critica alla giurispru-
denza che nega la sussistenza dell’obbligo di provvedere della P.A. nei casi suindicati, cfr. l’ampio e puntu-
ale saggio di M. MONTEDURO, Sul processo come schema di interpreta zione del procedimento: l’obbligo di
provvedere su domande «inammissibili» o «manifestamente infondate», in Dir. amm., 2010, 103 ss.
3 Nel «wording» dell’art. 2, legge n. 241/1990, è utilizzata l’espressione «dovere», ma, soprattutto alla
luce dei numerosi interventi riformatori che, nel 2005 (leggi nn. 15 e 80) e nel 2009 (legge n. 6 9), hanno
interessato il procedimento amministrativo, sarebbe più corretto parlare di un vero e proprio «obbligo» di
provvedere (v., infra, par. IX).
4 … e dalle origini antiche, almeno nelle acquisizioni della dottrina, dal momento che già Ranelletti,
nei primi decenni del secolo scorso, presupponeva l’esistenza di un «obbligo giuridico di prendere u n dato
provvedimento». Egli, infatti, scriveva: «Noi crediamo che questo possa ritenersi il principio generale del
nostro diritto amministrativo; per cui, quando l’autorità amministrativa abbia l’obbligo giuridico di pren-
dere un da to provvedimento, e non dichiara la sua volontà, malgrado le ista nze ripetute, e regolarmente in-
timate, dell’interessato, quel silenzio debba interpretarsi come rifi uto di prendere quel provvedimento. Se
l’autorità non ha alcun obbligo giuridico di prendere un provvedimento, il suo silenzio, mantenuto di fronte
a qualunque comportamento di un’altra persona, non può avere alcun significato» (corsivo testuale): O.
RANELLETTI, Lezioni di Diritto Amministrativo, Napoli, 1921, 108.
5 Su tale generalissimo principio del diritto che, come noto, affonda le sue radici nella tradizione ro-
manistica, cfr., oltre ai classici studi di P. CALAMANDREI, La certezza del dir itto e le responsabilità della
dottrina, in Riv. dir. comm., 1942, I, 341 ss., F. CARNELUTTI, La certezza del diritto, in Riv. dir. pr oc. civ.,
I, 1943, 87 ss., e F. LOPEZ DE OATE, La certezza del diritto, Nuova ed. riveduta da G. Astuti, Milano,
1968, più di recente, L. GIAN FORMAGGIO, voce Certezza del dir itto, in Dig. Disc. priv. Sez. civ., II, Tori-
no, 1988, 274 ss.; A. PIZZORUSSO, voce Certezza del dir itto. Profili a pplicativi, in Enc. giur., VI, Roma,
1988; S. COTTA, La certezza del diritto. Una questione da chiarir e, in Riv. dir . civ., I, 1993, 321 ss.; S.
BERTEA, Cer tezza del diritto e argomentazione giuridica , 2002, Soveria Mannelli, 2002; G. GOMETZ, La
certezza giur idica come p revedibilità, Torino, 2005; G. ALPA, La certezza del diritto nell’età dell’incer-
tezza, Napoli, 2006.
6 Sul tema dell’effettività, tra i tanti, si rinvia ai recenti lavori di R. ORIANI, Il principio di effettività
della tutela giur isdizionale, Napoli, 2008; A. CATANIA, Diri tto positivo ed effettività, Napoli, 2009; N. IRTI,
Significato giuridico dell’effettività, Napoli, 2009.
7 Corte cost., sent. 23 luglio 1997, n. 262, in Giur. cost., 1997, 2406.
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procedimento ex art. 2, legge n. 241/1990 tragga la propria base giuridica, di segno co-
stituzionale, dai principi fondamentali dell’azione amministrativa8, quali, in particolare,
l’«imparzialità», il «buon andamento», la «trasparenza», l’«affidamento».
Così, ad esempio, il Consiglio di Stato ha affermato che l’esistenza dell’obbligo
dell’Amministrazione di rispondere espressamente alle istanze dei privati risulta «con-
forme agli obblighi di lealtà, correttezza e solidarietà, insiti nei principi di imparzialità
e buon andamento cui deve ispirarsi l’attività della pubblica amministrazione»9; e, in
senso analogo, che «l’inerzia dell’amministrazione è contraria ai principi di buon an-
damento della pubblica amministrazione e dell’affidamento del cittadino nel corretto svol-
gimento dell’azione amministrativa che impongono la conclusione di ogni procedimento
con un provvedimento espresso»10. D’altra parte, viene espressamente ritenuto «costante»
l’orientamento del Giudice amministrativo secondo cui l’Amministrazione, ai sensi dell’art.
2, legge n. 241/1990, «deve pronunciarsi su ogni istanza non palesemente abnorme dei pri-
vati e in conseguenza ha sempre l’obbligo di concludere il procedimento con un provvedi-
mento espresso, positivo o negativo (e che dia puntuale contezza delle relative ragioni)
in ossequio ai principi di affidamento, legittima aspettativa, trasparenza, partecipazio-
ne, correttezza e buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost.»11.
In effetti, come è stato puntualmente ricordato, «la disposizione racchiusa
nell’articolo 2 della legge n. 241/1990 […] è stata considerata, sin dal suo apparire, au-
tentica espressione dei principi di buona amministrazione e di correttezza che impon-
gono all’Amministrazione di portare a conoscenza di chi faccia valere una legittima
aspettativa il contenuto e le ragioni delle determinazioni che lo riguardano»12.
Ora, muovendo da queste generali premesse, che tratteggiano appena i contorni
dell’alveo di principi generali e costituzionali nel quale è riconducibile l’obbligo di
provvedere ex art. 2 legge n. 241/1990, può apparire di un certo interesse, adottando un
approccio analitico-sistematico, indagare sull’apporto fondativo che ciascuno dei prin-
cipi evocabili offre a detto obbligo, contribuendo anche a definirne la «dimensione
contenutistica», nonché l’ambito applicativo. È appena il caso di avvertire, poi, che, in
8 Per un quadro d’insieme su tali principi, cfr., tra gli altri, G. MORBIDELLI, Introduzione all’attività
amministrativa, in AA.VV., Dir itto amministrativo, a cura di L. MAZZAROLLI G. PERICU A. ROMANO
F.A. ROVERSI MONACO F.G. SCOCA, 4 a ed., Bologna, II, 2005, 524-530; E. P ICOZZA, Introduzione al di-
ritto amministrativo, Padova, 2006, 85-121; A. POLICE, P rincipi e azione amministrativa, in AA.VV., Dir it-
to amministrativo, a cura di F.G. SCOCA, 2a ed., Torino, 2011, 189 ss.
9 Cons. Stato, Sez. IV, dec. 2 novembre 2004, n. 7068, in Urb. e app., 2005, 339, con nota di I. PA-
GANI, Il Consiglio di Stato torna sul «clar e loqui», 342 ss.
10 Cons. Stato, Sez. V, dec. 7 novembre 2007, n. 5772; in ter minis, Id., dec. 5 febbraio 20 07, n. 457.
Ad identiche conclusioni perviene la giurisprudenza di primo grado; ex plurimis, può citarsi T.A.R. P uglia,
Lecce, Sez. I, sent. 28 agosto 2007, n. 3112, ove si legge che: «La violazione dell’obbligo di concludere il proce-
dimento mediante l’adozione di un provvedimento espresso ha una rilevanza specifica non solo sul versante del
rimedio apprestato dall’ordinamento nei casi di inerzia dell’amministrazione, ossia nelle ipotesi di patente contra-
sto con il precetto di cui all’art 2, comma 1 della legge 241/90 a seguito del mancato esercizio, nei termini di legge
o regolamentari, della potestà provvedimentale. Invero, poiché l’obbligo di concludere il procedimento con un
provvedimento espresso costituisce precipitato tecnico del canone di buon andamento della P.a., di cui all’art 97
Cost., l’interpretazione più conforme a Costituzione del predetto obbligo è quella che non riconosce diritto di
cittadinanza ad una potestà soprassessoria della P .a. capace di tramutarsi in un rinvio si ne die del pronun-
ciamento sulla fattispecie concreta. Ciò è tanto più vero ogni qualvolta il procedimento sia stato avviato ad
iniziativa del privato il quale vanta una posizione giuridicamente qual ificata a conoscere in termini inequ i-
vocabili la volontà dell’interlocutore pubblico, senza che quest’ultimo possa opporgli incondizionatamente
ragioni valevoli a fini di moratoria generalizzata di intere categorie procedimentali».
11 Così T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III quater, sent., 27 settembre 2010, n. 32489; negli stessi termini,
Id., sent. 2 febbraio 2010, n. 1397, e, da ultimo, T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, sent., 13 gennaio 2011, n. 24.
12 Così M. CORRADINO, Termini, efficacia dei provvedimenti e silenzio dell’Amministrazione nelle
«riforme» della legge n. 241/1990 (Legge 11 febbra io 2005 n. 15 e Legge del 14 maggio 2005, n. 80), in
www.giustizia-amministrativa.it, giugno 2005, 3.

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