La filiazione

AutoreStefano Ambrogio
Pagine123-132

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@1 La filiazione

La filiazione è il rapporto che intercorre tra una persona fisica e coloro che la hanno concepita.

La disciplina normativa in materia è posta sostanzialmente a tutela del figlio. Proprio per tale motivo, anche se i soggetti del rapporto sono il figlio e i genitori, il rapporto stesso prende il nome di filiazione (Bianca).

Il nostro ordinamento distingue due diversi rapporti di filiazione, ai quali corrispondono due diversi "stati" di figlio:
la filiazione legittima, che sussiste quando il figlio è procreato da due persone unite in matrimonio tra loro;
la filiazione naturale, che sussiste quando il figlio è procreato da un uomo e una donna non uniti in matrimonio.

Esiste, poi, un rapporto che viene regolato come filiazione, anche se manca l’evento naturale della generazione (si parla, pertanto, di filiazione civile): è il rapporto di adozione.

@2 Lo status di figlio legittimo

Abbiamo visto che si parla di filiazione legittima quando un individuo è procreato da un uomo e una donna uniti in matrimonio. Più precisamente, per poter definire la filiazione come "legittima" devono sussistere quattro presupposti:
deve esistere un valido matrimonio tra i genitori;
il figlio deve essere partorito dalla donna sposata;
il figlio deve essere stato generato dal marito;
il concepimento deve essere avvenuto in costanza di matrimonio. Fornire la prova dell’esistenza di un valido matrimonio è piuttosto semplice e altrettanto può dirsi per la prova della maternità. Ben più difficile risulta provare che il figlio è stato generato dal marito e che il concepimento è

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avvenuto in costanza di matrimonio (non esiste, infatti, una durata certa e costante della gestazione).

Per questo motivo, e poiché l’ordinamento giuridico vede con favore lo status di figlio legittimo (la disciplina in materia, infatti, è diretta a garantirne l’acquisto e a renderne difficile la perdita), la legge pone due presunzioni:
la presunzione di paternità, in base alla quale "il marito è padre del figlio concepito durante il matrimonio" (art. 231 c.c.); la legge, cioè, sulla base della normale fedeltà che sussiste tra i coniugi, presume che colui che è stato concepito durante il matrimonio sia figlio del marito. Si tratta di una presunzione relativa, in quanto ammette la prova contraria, ma tale prova non è libera: è necessario esperire l’azione di disconoscimento della paternità, possibile solo nei casi previsti dall’art. 235 c.c. (vedi par. 3);
la presunzione di concepimento durante il matrimonio (cd. presunzione di legittimità), in base alla quale "si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando sono trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio e non sono ancora trascorsi trecento giorni dalla data dell’annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio" (art. 232 c.c.). Tale presunzione si fonda sull’ipotesi che le gravidanze concluse con la nascita non possano essere più brevi di sei mesi, né più lunghe di dieci. Si tratta di una presunzione assoluta, nel senso che non è ammessa la prova contraria. Il figlio nato nel periodo indicato, dunque, si ritiene senz’altro concepito durante il matrimonio.

Il figlio nato prima che siano decorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio, comunque, è parificato al figlio concepito durante il matrimonio, ma è ammessa la possibilità di esercitare l’azione di disconoscimento della paternità anche al di fuori dei limiti posti dall’art. 235 c.c. Il figlio nato dopo il decorso di trecento giorni dalla data dell’annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio, invece, è considerato legittimo solo se ciascuno dei coniugi o i loro eredi provino che egli è stato concepito durante il matrimonio.

Lo stato di figlio legittimo si prova con l’atto di nascita, che può essere definito come l’accertamento amministrativo della nascita della persona e del suo stato di figlio (Noventa).

In mancanza di atto di nascita, è sufficiente provare il possesso continuo dello stato di figlio legittimo. Si tratta della sussistenza di una situazione di fatto che fa ritenere l’esistenza di un rapporto di filiazione legittima (Iudica-Zatti); in particolare è necessario (art. 237 c.c.):
che la persona abbia sempre portato il cognome del padre che essa pretende di avere (cd. nomen);
che il padre l’abbia trattata come figlio e che sia stata riconosciuta in detta qualità dalla famiglia (cd. tractatus);
che sia stata costantemente considerata come tale nei rapporti sociali (cd. fama).

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@3 Le azioni di stato

Lo stato di figlio, quale risulta dall’atto di nascita e da un conforme possesso di stato può essere contestato solo nei casi previsti dalla legge e solo attraverso tipiche azioni definite "azioni di stato".

La più importante di tali azioni è certamente l’azione di disconoscimento della paternità, la quale è diretta a negare che il marito della madre sia il padre del bambino da questa generato ed è concessa, quindi, al fine di eliminare gli effetti della presunzione di paternità.

Si distinguono due ipotesi.

Se il figlio è stato concepito durante il matrimonio, perché è nato nel periodo di tempo indicato dall’art. 232 c.c., l’azione è concessa solo nei...

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