Il federalismo municipale dopo il decreto attuativo

AutoreLoris Tosi
Occupazione dell'autoreOrdinario di Diritto Tributario. Università Cà Foscari di Venezia.
Pagine143-151

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IL FEDERALISMO MUNICIPALE DOPO IL DECRETO ATTUATIVO Loris TOSI*

1. Introduzione: le riserve formulate con riferimento alla Legge delega e la prevedibile limitatezza del decreto attuativo sul federalismo municipale

All’indomani dell’emanazione della L. n. 42 del 2009, contenente la «delega al Governo in materia di federalismo iscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione», più di qualche commentatore ha espresso riserve e segnalato taluni aspetti critici.

Tra le altre cose, è stato rimarcato che, al di là delle aspirazioni politiche, il ruolo dei tributi comunali «propri» non avrebbe mai potuto superare certi angusti limiti isiologici, vuoi a causa di ostacoli «naturali», vuoi a causa di ostacoli «giuridici» derivanti direttamente dai criteri issati dall’art. 2 della Legge delega, oltre che dall’art. 53 della Costituzione1.

Quanto agli ostacoli «naturali», va ricordata la presenza sul nostro territorio di enti locali aventi differenze, in termini economici e strutturali, eccessivamente marcate e, in particolare, di un numero troppo elevato di enti territoriali di piccole dimensioni, non in grado di gestire in modo eficiente una iscalità locale minima-mente articolata, nonché di enti con bilanci dissestati che necessitano di interventi di tipo straordinario2.

Quanto agli ostacoli «giuridici», è suficiente ricordare che l’art. 53 della Costituzione impone, «a monte», il rispetto dei principi di capacità contributiva e di tendenziale progressività del prelievo. La Legge delega, dal canto suo, sancisce il

* Ordinario di Diritto Tributario – Università Cà Foscari di Venezia.
1 Su tali aspetti mi sia consentito rinviare a L TOSI., Considerazioni sulla fiscalità degli enti locali nel disegno di legge di riforma federalistica dell’ordinamento tributario, in Riv. dir. trib., 2008, I, pag. 941 e seguenti; in argomento v. anche G. MARONGIU, Difficoltà attuative per la realizzazione del federalismo fiscale, in Corr. trib., 2009, pagg. 1823 e seguenti.

2 Anteriormente alla modifica del Titolo V della Costituzione, G. FALSITTA, Per un fisco “civile”, Milano, 1996, pagg. 163 e seguenti, aveva evidenziato come l’attuazione di un «federalismo fiscale stricto sensu…aumenterebbe immensamente la normativa, già oggi alluvionale; accrescerebbe la frammentazione e il numero dei tributi del sistema; spingerebbe non verso la semplificazione e la riduzione dei costi amministrativi, per i contribuente e per l’amministrazione, ma in direzione diametralmente opposta; potrebbe consentire alle regioni con reddito pro capite più elevato di imporre ai propri residente un prelievo meno gravoso di quello delle regioni più povere …» (p. 169). Il rischio che gli enti locali non siano i grado di gestire in modo efficace ed efficienti i tributi è stato successivamente segnalato anche da PERRONE L., La sovranità impositiva tra autonomia e federalismo, in Riv. dir. trib., 2004, I, pag. 1189.

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divieto di doppia imposizione sul medesimo presupposto3– che lascia ben pochi spazi all’espansione della iscalità locale, essendo «redditi» e «consumi» inevitabili presupposti delle più importanti imposte erariali, quali IRPEF, IRES ed IVA – e richiede il rispetto dei principi di coerenza, di territorialità e di continenza4.

Come se non bastasse, nella Legge delega è stata ribadita la rinuncia - davvero illogica, nell’ottica federalistica - a tassare, con un’imposta patrimoniale (ICI), le prime case5.

Ebbene, come emergerà nel prosieguo, le previsioni a suo tempo formulate si sono puntualmente veriicate ed oggi, all’esito del travagliato percorso parlamentare a tutti noto, il tanto declamato «federalismo iscale» si riduce ad una mera rimodulazione di tributi preesistenti, con la previsione di tre sole imposte, cioè IMU, imposta di soggiorno ed imposta di scopo, di cui solo la prima (IMU) è obbligatoria, mentre le altre due sono ad istituzione facoltativa; solo la prima e la terza (IMU ed imposta di scopo) riguardano la generalità dei comuni, considerato che l’imposta di soggiorno è ad applicazione soggettivamente circoscritta; solo le ultime due (imposta di soggiorno ed imposta di scopo) sono genuinamente municipali, ma destinate a produrre un gettito inevitabilmente modesto e quindi inidonee a garantire ai comuni mezzi inanziari rilevanti in un’ottica davvero federalistica.

3 Il divieto di sottoporre a doppia imposizione - erariale e locale - il medesimo presupposto dovrebbe peraltro considerarsi immanente al sistema: in argomento si veda F. GALLO, Federalismo fiscale e ripartizione delle basi imponibili tra stato, regioni ed enti locali, in Rass. trib., n. 2/2002, pag. 2008, il quale rileva che «in forza dei soli principi fondamentali di razionalità, di semplificazione e di unitarietà della finanza pubblica… si dovrebbe … negare, in via generale ed astratta, la possibilità che le Regioni creino nuove imposte che abbiano gli stessi presupposti e le stesse basi imponibili di imposte erariali già vigenti». Nello stesso senso, ancorché con sfumature diverse, cfr. A. DI PIETRO, Federalismo e devoluzione nella recente riforma costituzionale: profili fiscali, n. 1/2006, pag. 253; M. BASILAVECCHIA, Tra autonomia e autoritatività: consenso tra enti impositori e sistema tributario, a cura di S. LA ROSA, Autorità e consenso nel diritto tributario, Milano, 2007, pag. 54; A. GIOVANARDI, L’autonomia tributaria degli enti territoriali, Milano, 2005, pag. 196; A. URICCHIO., Tributi regionali propri e impropri alla luce della riforma del titolo quinto costituzione e della giurisprudenza della corte costituzionale, in Fin. loc., n. 6/2006, pag. 29, contra, invece, cfr. A. GIOVANNINI, Normazione regionale in materia tributaria, in Rass. trib., n.4/2003, pag. 1174; M.C. FREGNI, Riforma del titolo quinto della costituzione e federalismo fiscale, in Rass. trib., n. 3/2005, pag. 714.

4 Quanto al principio di territorialità, invero, va detto che è pacifico che un tributo locale che colpisca una forza economica non ricollegabile al proprio territorio debba giudicarsi costituzionalmente illegittimo in quanto irragionevole e, conseguentemente, in contrasto con l’art. 3 Cost., prima ancora che con gli artt. 53 e 117 Cost. In merito v. L. PERRONE, La sovranità impositiva tra autonomia e federalismo, in Riv. dir. trib., 2004, I, pagg. 1183 e seguenti; A. GIOVANARDI, L’autonomia tributaria degli enti territoriali, Milano, 2005, pag. 258. Sul tema del collegamento tra tassazione e territorio, mi sia consentito rinviare a TOSI L., Principi generali del sistema tributario locale, in AA.VV., L’autonomia finanziaria degli enti locali territoriali, Roma-Milano, 1994, pag. 31.

5 Sulla centralità delle imposte immobiliari nella fiscalità comunale si rinvia a TOSI L., Considerazioni sulla fiscalità degli enti locali nel disegno di legge di riforma federalistica dell’ordinamento tributario, in Riv. dir. trib., 2008, I, pag. 941 e ss.; G. MARONGIU, La fiscalità locale tra le garanzie del contribuente e le esigenze delle comunità, in...

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