Fattura, riparazioni e risarcimento danni

AutoreEdgardo Colombini
Pagine125-128

Page 125

Quando leggemmo all'art. 23, secondo comma, secondo cpv. della L. 12 dicembre 2002 n. 273 che all'art. 3 del D.L. 857 del 1976, come modificato dall'art. 5 comma 1 della L. 5 marzo 2001 n. 57, dopo l'ottavo comma, è inserito il seguente «Il danneggiato che ha ottenuto il risarcimento dei danni subiti dal veicolo è tenuto a trasmettere all'assicuratore la fattura, o il documento fiscale equivalente, relativa alla riparazione dei danni risarciti entro tre mesi dal risarcimento», non potemmo fare a meno di considerare che, pur puntando allo scopo di approntare - nel campo della legislazione sulla responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore - uno strumento che consentisse di realizzare una qualche moralizzazione in un settore che da sempre non è fra i più edificanti, l'innovazione normativa, per quanto apprezzabile sotto un certo aspetto, poteva suscitare qualche perplessità.

Sulla necessità che la fattura delle riparazioni di un autoveicolo debba essere prodotta e consegnata all'assicuratore che provvede al risarcimento del danno già ci intrattenemmo in passato (Costo delle riparazioni autoveicoli e rimborso Iva, in questa Rivista 1998, pp. 419-425), nell'ottica di evitare che il danneggiato finisca con il lucrare l'ammontare dell'Iva evasa o non a suo carico o comunque non pagata per la mancata effettuazione delle riparazioni.

Se invero si riconosce - come riconosciamo - che l'ammontare dell'Iva, in quanto compreso in una fattura di riparazioni eseguite, fa parte integrante dell'esborso effettuato dal danneggiato e deve quindi essere liquidato in sede di risarcimento del danno, ovviamente in proporzione e nei limiti dei costi riconosciuti (ché se, ad esempio, la fattura prodotta dal danneggiato dovesse riguardare anche prestazioni che nulla hanno a che vedere con le riparazioni connesse al sinistro o contenere costi non riconosciuti dal perito della compagnia di assicurazione, dovrebbe essere sottratta dal conteggio della liquidazione la quota corrispondente di imposta), è evidente che quella fattura non può non essere consegnata all'assicuratore che provvede al risarcimento del danno.

La parte danneggiante, oltre al pagamento della somma risarcitoria per i danni provocati, è tenuta pure al pagamento degli oneri accessori e conseguenziali quale è appunto l'obbligo di pagare l'Iva, in modo che il danneggiato possa essere restaurato dell'intero pregiudizio economico subito

scriveva esattamente, ad esempio, il Conciliatore di Genova in una sua sentenza n. 62 del 26 settembre 1989 (in questa Rivista 1990, p. 525).

Ma la fattura non solo deve essere esibita bensì anche acquisita dalla compagnia assicuratrice.

Quando invero il veicolo oggetto del danneggiamento faccia parte, quale strumento della attività commerciale svolta dal danneggiato e questi abbia quindi il diritto di portare in deduzione quanto pagato a titolo di Iva, e la fattura non venga conseguentemente consegnata in originale all'assicuratore tenuto al risarcimento del danno dovendo essere conservata a fini fiscali - essendo quindi prodotta in semplice fotocopia - nulla può essere preteso, a titolo di rimborso dell'importo dell'imposta, dal responsabile del sinistro e dalla sua compagnia di assicurazione, ché, diversamente, il danneggiato finirebbe con il recuperare indebitamente una seconda volta il medesimo importo.

Quando invece il danneggiato reclami un risarcimento del danno senza produrre e consegnare alcuna fattura di riparazioni pretendendo peraltro il riconoscimento dell'importo dell'Iva relativa non ci sembra possa essere sufficiente affermare assiomaticamente che «l'Iva è parte integrante del danno risarcibile e deve essere calcolata nella sua quantificazione, per cui, comunque, è sempre dovuta dall'assicuratore» (Giud. pace Ancona 13 marzo 1997, n. 82, in questa Rivista 1997, p. 625).

Innanzitutto occorre tener presente che la mancata consegna della fattura delle riparazioni con la relativa appostazione dell'Iva può avere due distinte motivazioni: può cioè dipendere dal fatto che le riparazioni medesime non sono state ancora effettuate oppure essere la conseguenza di una vera e propria violazione delle disposizioni fiscali da parte del riparatore del veicolo con l'assenso più o meno esplicito del proprio cliente.

Nel primo caso si potrebbe anche, in linea teorica di principio, sostenere che, rappresentando l'importo dell'Iva un onere accessorio e conseguenziale, questo pure deve essere riconosciuto al danneggiato che non ha ancora effettuato le riparazioni in modo che egli possa essere restaurato dell'intero pregiudizio economico subito.

Ma tra teoria e realtà si frappongono ancora una volta due possibilità: la prima, rappresentata dalla eventualità che - specie di fronte ad un danno modesto o ad un danno su un veicolo già malandato e in procinto di essere avviato alla demolizione o ad un danno su un automezzo che si pensa di far ritirare dal concessionario all'acquisto di un altro nuovo - il proprietario preferisca intascare il risarcimento senza dare corso ad alcuna riparazione; la seconda, rappresentata dalla possibilità che le riparazioni vengano soltanto rinviate nel tempo, vuoi per impegni esistenti in quel momento che le impediscono, vuoi per effettuare in un unico contesto quello ed altri lavori.

Orbene, quando le riparazioni non vengano effettuate, appare senza senso...

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