Violazione degli obblighi di assistenza familiare. Una problematica tuttora caotica, confusa ed insoluta

AutoreRosario Li Vecchi
Pagine669-674

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@1. Introduzione

Il Capo V, del Titolo XI, Libro II del codice penale è stato dedicato dal legislatore ai delitti contro l'assistenza familiare e comprende: A) Violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.); B) Abuso dei mezzi di correzione e di disciplina (art. 571 c.p.); C) Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli (art. 572 c.p.); D) Sottrazione consensuale di minorenni (art. 573 c.p.); E) Sottrazione di persone incapaci (art. 574 c.p.). Oggetto della nostra trattazione, però, sarà soltanto ed esclusivamente l'art. 570, comma 2, c.p. che riguarda e quindi punisce «chiunque faccia mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge il quale non sia legalmente separato». Va subito precisato che, a seguito della riforma del diritto di famiglia intervenuta con la L. 19 maggio 1975, n. 151 a che, in materia, ha costituito una vera e propria rivoluzione copernicana, è venuta meno, tra l'altro, «la separazione per colpa» mentre al suo posto è subentrata la separazione «giudiziale» con «addebito» ad uno dei due coniugi. È propriamente il predetto comma che, inserito nella normativa de qua, ha suscitato sin dal suo apparire all'orizzonte legislativo discussioni e contrasti di vario tipo e genere, problematiche e polemiche a tutt'oggi ancora non sopite, facendo addirittura scorrere fiumi di inchiostro e dando così luogo a divergenze sia in sede dottrinaria che nell'ambito giurisprudenziale di carattere prettamente tecnico-giuridico-sistematico oltreché squisitamente ermeneutico. Mentre per tutte le altre norme solitamente viene fatta una cronistoria legislativa, invece sull'art. 570 non esiste un «passato» in quanto lo stesso è stato coniato ex novo 1 a differenza di alcune Nazioni che, in proposito, possono vantare (Belgio, Francia) dei precedenti 2. L'art. 570 c.p. nella sua prima formulazione così statuiva (Violazione degli obblighi di assistenza familiare): «Chiunque, abbandonando il domicilio domestico o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla patria potestà, alla tutela legale o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire mille a diecimila. Dette pene si applicano congiuntamente a chi: 1) malversa o dilapida i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge; 2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa. Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un'altra disposizione di legge». Tale norma, però, con il trascorrere degli anni onde adeguarla alla evoluzione della società, ha subito delle modifiche ed infatti la dizione di «patria potestà» è stata sostituita dalla «potestà dei genitori» in virtù dell'art. 146 della L. 24 novembre 1981, n. 689; mentre l'art. 136 della L. 19 maggio 1975, n. 151 andava a sostituire la rubrica del Titolo nono del Libro I del codice civile. Con tale normativa (151/75) è venuta anche meno, perché soppressa, la dizione «separazione per colpa» che, a sua volta, è stata sostituita con la dizione «separazione giudiziale addebitabile» all'uno oppure all'altro dei coniugi. Il riferimento, poi, al «pupillo» risulta già superato di seguito alla soppressione dell'istituto della tutela legale il quale era previsto dall'art. 184 del codice civile del 1865 nel caso di riconoscimento del figlio naturale. Infine, con l'art. 90 della L. 24 novembre 1981, n. 689, nell'art. 570 c.p. è stato inserito il comma terzo il quale prevede la perseguibilità a querela di parte del delitto de quo salvo, però, i casi previsti dal n. 1 e, quando il reato è commesso nei confronti del minore, dal numero 2 del precedente comma. Di seguito a tali modifiche attualmente l'art. 570 c.p. risulta così formulato: «Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa da 103 Euro a 1.032 Euro.

  1. - Le dette pene si applicano congiuntamente a chi: 1) malversa o dilapida i beni del figlio minore o del coniuge; 2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato (id est: Giudizialmente «addebitabile»).

  2. - Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma.

  3. - Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è previsto come più grave reato da un'altra disposizione di legge.

@2. Art. 570 c.p.: suo oggetto e scopo

La normativa de qua, viene, quindi, analizzata sotto il suo attuale aspetto 3. Essa, come appare chiaro ed evidente, ha carattere prettamente sussidiario in quanto si applica ove la prevista fattispecie non configuri un reato più grave. L'oggetto specifico della tutela è fatto consistere nella protezione dell'assetto familiare contro tutte quelle violazioni che possano minarne le fondamenta, invece, sotto un profilo molto più specifico, l'interesse che in effetti e concretamente viene pro-Page 670tetto è «l'assistenza familiare» sotto tutti i variegati aspetti. A questo punto riteniamo utile ed opportuno aprire una parentesi riportandoci all'era romanistica onde accertare quale era l'interesse dei romani verso il matrimonio e verso la famiglia. I romani tenevano in somma considerazione il matrimonio anche perché su tale istituto riposava il concetto di famiglia come suo necessario presupposto. Infatti un sommo oratore 4 definiva il matrimonio come principium urbis et quasi seminarium reipubblicae ed altre definizioni vennero coniate e rimasero celebri 5 nuptiae sunt coniunctio maris et foeminae et consortium omnis vitae, divini et humani iuris communicatio; Nuptiae autem, sive matrionium, est viri et mulieris coniunctio, individuam consuetudinem vitae continens e fatte oggetto di studio da parte della dottrina romanistica. Per quanto invece riguardava la famiglia e la nozione che i giuristi romani ne avevano, la copiosissima letteratura moderna sull'argomento pare che sia approdata ad una soluzione deludente in quanto pur avendo i predetti giuristi dedicato largamente la loro attività ad istituti attinenti al matrimonio, agli sponsali, al divorzio, alla dote, alla condizione dei figli, alla donazione fra coniugi e ad altri che rientrano nel diritto di famiglia, stando alle moderne classificazioni, però, non si hanno notizie di trattazioni che esponessero in maniera unitaria tali istituti. Malgrado gli Studi e le ricerche che sono state fatte, però non risulta che i giuristi romani abbiano concepito un «diritto di famiglia» nel senso di compiere una trattazione sistematica della struttura e dell'organizzazione del gruppo designato con questo nome 6.

Poiché sull'oggetto specifico della tutela e dell'interesse le opinioni della dottrina e le decisioni della giurisprudenza sembrano univoche e convergenti e poiché alcune variazioni risultano più formali che sostanziali, non riteniamo utile e necessario soffermarci ancora sull'argomento.

@3. Struttura tecnica della incriminazione

Nell'occuparsi della struttura tecnica della incriminazione la dottrina si è trovata subito dinanzi ad un interrogativo tecnico-ermeneutico e cioè quello di dover stabilire se le ipotesi descritte nell'art. 570 c.p. costituissero tre distinti titoli di reato oppure se la seconda e terza ipotesi dovessero ritenersi circostanze aggravanti della prima.

La questione, così come prospettata, ha dato logicamente luogo in dottrina a due orientamenti di cui il primo, che con il passare del tempo è divenuto prevalente, ha ritenuto che la fattispecie contiene tre distinte ipotesi di reato 7. Infatti uno dei più eminenti rappresentanti di questa corrente 8 in proposito si è così espresso: «... Si tratta di distinti titoli di reato e non di diverse circostanze del reato stesso perché diversa è la nozione dei fatti, anche quando non è pure la sanzione. Questa previsione di più titoli di reato in unica disposizione non è tecnicamente lodevole, tanto più in quanto la legge fa derivare speciali conseguenze giuridiche dalla violazione di diverse o delle stesse disposizioni di legge». La opinione dell'eminente giurista oltre ad essere pienamente condivisa dalla gran parte della dottrina, anche per quanto riguarda la infelice formulazione della norma lo è anche dalla prevalente giurisprudenza 9. La corrente contraria, invece, ritiene trattarsi di un'unica ipotesi di reato e per aggirare l'ostacolo tiene a specificare che in ogni caso si tratta di forme diverse dello stesso reato 10. In proposito tale corrente ha tenuto a specificare e puntualizzare che le tre fattispecie ricavabili dall'art. 570 c.p. non dovrebbero...

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