Famiglia di fatto

AutoreAndrea Violante
Pagine471-484

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  1. Non si può seriamente disconoscere che il legislatore ordinario, attraverso l’emanazione delle norme contenute nella legge di riforma (cfr. – la potestà attribuita collettivamente ai genitori naturali conviventi, la previsione di una parentela naturale, l’attribuzione di diritti patrimoniali e successori ai figli naturali) abbia in concreto preso in considerazione comunità familiari di fatto ovvero formazioni sociali, non fondate sul matrimonio1.

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    Ma il problema è capire in che misura la famiglia di fatto rilevi sul piano giuridico e quindi nell’ambito del ns. ordinamento.

    Intanto, ed in primo luogo, ci si deve chiedere se la famiglia di fatto possa avere una rilevanza costituzionale così come l’ha la famiglia legittima fondata sul matrimonio.

    Orbene, non ci sembra possa revocarsi in dubbio che l’art. 29 Cost., unica norma costituzionale che specificamente si riferisce, nell’ambito delle formazioni sociali, al tipo comunità familiare, riconosce inequivocabilmente solo ed esclusivamente la famiglia legittima e che la famiglia di fatto è sicuramente esclusa dalla sua previsione normativa2.

    Né appare sostenibile e condivisibile la tesi secondo cui il legislatore costituzionale attraverso l’art. 30 Cost., nell’assicurare ogni tutela ai figli naturali abbia inteso riconoscere quanto meno indirettamente ed implicitamente la famiglia naturale3.

    A parte il rilievo, formale che gli artt. 29 e 30 non contengono espressioni letterali indicative in qualche modo della famiglia di fatto, la stessa ratio, che

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    si desume dal collegamento sistematico di entrambe le norme, sembra essere chiaramente nel senso di voler riconoscere, non in modo prevalente, bensì esclusivo solo la famiglia legittima, quale società naturale fondata sul matrimonio. In particolare, attraverso lo stesso art, 30, il legislatore ha previsto, una normativa costituzionale che, lungi dal tutelare direttamente o indirettamente la famiglia, si colloca invece esclusivamente nell’ottica della tutela della filiazione naturale4 con la costante puntuale attenzione alla famiglia legittima, così come riconosciuta in via esclusiva nell’art. 29, allo scopo di evitare conflitti normativi che possano risolversi in danno di quest’ultima (comma 30° dell’art. 30).

    Si è peraltro ritenuto che la famiglia di fatto, se è indubbiamente esclusa dalle previsioni normative degli articoli 29 e 30 Cost., tuttavia troverebbe la sua rilevanza costituzionale quanto meno nell’ art. 2 Cost., in quanto formazione sociale idonea a favorire lo sviluppo della personalità dell’uomo5.

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    In definitiva si è sottolineato che, ai sensi dell’art, 2 Cost., sono costituzionalmente legittime tutte le formazioni sociali finalizzate allo sviluppo, della persona umana nelle quali sono garantiti i diritti inviolabili dell’uomo e, considerato che la comunità familiare si colloca tra le formazioni sociali che sono strumentali allo sviluppo della persona umana, la famiglia fon data sul matrimonio di cui all’art. 29 1° comma della Cost, non può ritenersi «esclusiva» ed unica ad essere. ammessa nell’ordinamento.

    Conseguentemente l’art. 29 Cost., 1° comma, sarebbe comunque sempre subordinato al principio costituzionale di cui all’art. 2 Cost. e, poiché tale norma non prevede un numero chiuso di comunità intermedie, non potrebbe non ritenersi ammissibile e costituzionalmente legittima ogni altra comunità familiare che, sia pur non fondata sul matrimonio, peraltro, fosse idonea a realizzare lo sviluppo della persona umana6.

    In realtà tale pur affascinate interpretazione, non appare persuasiva e, a nostro avviso apre ad una strada con conseguenze pericolose.

    Sotto un primo aspetto, infatti, se, attraverso l’art. 2 Cost., fosse riconducibile alle formazioni sociali costituzionalmente legittime qualsiasi tipo di comunità familiare fondata o non sul matrimonio, proprio non si giustificherebbe la previsione normativa di cui all’art. 29 Cost., 1° comma, che si tradurrebbe in una inspiegabile superfetazione: se, in definitiva, la famiglia legittima deve trovare la sua rilevanza costituzionale comunque nell’art. 2 Cost., in quanto formazione sociale in cui si sviluppa la personalità umana, non è coerente e comunque rimane senza giustificazione una riaffermazione sul piano del riconoscimento giuridico e costituzionale della medesima comunità familiare fondata sul matrimonio attraverso l’art. 29, che pertanto sarebbe veramente una norma inutile nella carta costituzionale.

    Sotto altro aspetto la tesi sottoposta a critica risente chiaramente della impostazione metodologica che, su un piano più generale, tende a giustificare la rilevanza costituzionale di realtà certamente presenti nel contesto sociale riconducendo le stesse ad ogni costo ai principi fondamentali contenuti negli artt. 2 e 3 Cost7.

    Tale metodo è certamente condividibile e accettabile, ma purché la considerazione dei principi fondamentali di cui agli artt. 2 e 3 Cost. non sia poi

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    talmente accentuata; da tradursi in una sorta di sovraordinazione degli stessi rispetto a tutte le altre norme costituzionali con il rischio conseguente che, da un lato, la Carta Costituzionale finisca per ridursi in concreto agli artt. 2 e 3, e, dall’altro lato, le altre norme costituzionali rimangono svuotate di ogni significato.

    Invero, non si può trascurare di considerare che il legislatore costituzionale, pur in relazione ai diritti inviolabili dell’uomo, espressamente riconosciuti e garantiti (diritto alla libertà personale, alla libertà di pensiero, di parola, di azione, di associarsi; diritto alla difesa; diritto alla salute; diritto all’uguaglianza; ecc.), ha emanato, in seguito a precise scelte costituzionali, norme dello, stesso rango costituzionale che in qualche misura ne prevedono delle restrizioni (si pensi, ad esempio, al divieto delle associazioni segrete e di quelle che perseguono scopi politici con organizzazione di carattere militare, di cui all’art. 8, 2° comma Cost., in relazione al diritto di libertà; alla esclusione dei cittadini italiani, che abbiano contratto matrimonio concordatario, dalla giurisdizione italiana derivante dall’art. 7 Cost., per il richiamo in esso contenuto ai Patti Lateranensi, in relazione al diritto di uguaglianza, ecc.). Allo stesso modo, e con particolare riferimento al contenuto dell’art. 29 Cost., il legislatore ha ritenuto di operare, nell’ambito delle comunità intermedie e, più in particolare, nell’ambito del tipo comunità familiari, una precisa scelta costituzionale nell’individuare esclusivamente nella comunità familiare fondata sul matrimonio quella precipuamente idonea a realizzare lo sviluppo della personalità umana8.

    Ci sembra che, solo considerando l’art. 29 Cost. il risultato normativo di tale precisa scelta costituzionale è possibile giustificarne la sua esistenza e riconoscere che trattasi di norma che si colloca nell’ordinamento costituzionale sullo stesso piano di rilevanza giuridica dell’altra e non, invece, con un ruolo subordinato all’art. 2 Cost.

    D’altro canto, se non si può ignorare che la famiglia di fatto sia una realtà certamente presente nel contesto sociale, peraltro, considerarla, ai fini di una rilevanza costituzionale attraverso l’art. 2 Cost. una formazione sociale che favorisca lo sviluppo della persona umana, è comunque piuttosto un postulato da dimostrare che una circostanza già acquisita. Che anzi molto verosimilmente, ancor oggi, non sembra da escludersi che nel comune sentire della

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    società in cui viviamo la convivenza di fatto sia avvertita piuttosto come limite allo sviluppo della persona umana che una situazione idonea a favorirlo: quanto meno sembra, in ogni caso, innegabile che non possa dirsi ancor oggi formato un sentimento comune che ormai diffusamente e costantemente giudichi in positivo la famiglia di fatto.

    Si delinea allora ancor più come la rilevanza costituzionale attribuita esclusivamente alla famiglia legittima nell’art. 29 sia frutto di una precisa scelta del legislatore operata su profonde basi eticosociali.

    E una verifica della esclusione dal piano di rilevanza costituzionale della famiglia di fatto riteniamo possibile ottenerla ove ci si collochi dall’ottica del principio monogamico riconosciuto nel nostro ordinamento, giacché come, si è innanzi accennato un riconoscimento delle comunità familiari non fondate sul matrimonio costituirebbe la premessa per la introduzione della poligamia9.

    Tale grave conclusione conferma la non condivisibilità di quella interpretazione dell’art. 2 Cost., che vorrebbe includere nelle formazioni sociali costituzionalmente legittime anche la famiglia di fatto.

    Riteniamo pertanto che, nonostante l’innegabile emergenza nel contesto sociale delle comunità familiari non fondate sul matrimonio, le stesse peraltro, alla stregua delle considerazioni in precedenza svolte non rientrino tra i valori tutelati dalla costituzione. Più specificamente nell’ambito del tipo comunità familiari, pur presenti in varie forme nella realtà sociale, riteniamo che il legislatore costituzionale abbia operato una precisa scelta assumendo esclusivamente la famiglia legittima come valore meritevole di tutela sul piano costituzionale. La forte presenza oggi, più che ieri, nel contesto sociale delle famiglie di fatto, a nostro avviso, se può magari assurgere a motivo per una eventuale revisione costituzionale, non può ritenersi idonea a rinnegare il valore riconosciuto nel nostro ordinamento costituzionale esclusivamente alla comunità familiare fondata sul matrimonio che, pur avendo un fondamento storico, peraltro rimane fermo ancor oggi nella Costituzione vigente.

  2. Spostando, poi, il campo dell’osservazione dal piano costituzionale a quello della legislazione ordinaria, nonostante l’innegabile attenzione e considerazione mostrata dal legislatore della riforma alla famiglia naturale non sembra peraltro che si possa senz’altro concordare con chi ritiene che la legislazione del nuovo diritto di famiglia...

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