Falso e responsabilità per falsità ideologica

AutoreCristina Colombo
Pagine695-701

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@1. Premessa.

La responsabilità penale del notaio, in generale, e la falsità in atti, in particolare, costituiscono tematiche che, da un lato, presentano una risalente tradizione giuridica 1 e, dall'altro, sono di perdurante attualità sia nel diritto civile che nel diritto penale. In quest'ultimo ciò è ancora più evidente a seguito dell'entrata in vigore della legge 26 aprile 1990, n. 86 - ripresa con una sorta di errata corrige dalla L. 7 febbraio 1992, n. 181 - intitolata «Modifiche in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione», con la quale è stata profondamente innovata tutta la materia 2, rispondendo a nuove esigenze soprattutto costituzionali e amministrative. Del resto sia la dottrina che la giurisprudenza segnalano, frequentemente, in tema di falsità in atti, l'inadeguatezza delle categorie civilistiche ad essere «trasportate» nel campo penale, nonostante in questo settore l'approfondimento scientifico sia caratterizzato da un rimando tra definizioni penalistiche, civilistiche e amministrative 3. Le difficoltà che si incontrano studiando le falsità investono, così, l'intera struttura della gran parte delle fattispecie incriminatrici 4, essendo incerti i limiti di estensione e disputandosi se sia necessario fornire una definizione valida per tutto l'ordinamento giuridico oppure per le sole esigenze di ciascuna branca 5. Pertanto, il settore della falsità in atti, considerato tra i più complessi della parte speciale del codice penale, è tra i più dibattuti tanto che su questo terreno si agitano numerose questioni. A fronte di un intenso dibattito giuridico e di una significativa rilevanza prasseologica - i procedimenti penali per falso rappresentano una quantità numericamente apprezzabile - inspiegabilmente, però, scarsi sembrano essere gli approfondimenti in prospettiva de lege ferenda 6.

È allora parso necessario soffermare l'attenzione su questa tematica del falso soprattutto dopo una pronuncia della Cassazione, sez. V, 6 luglio 2005, n. 24782: «È tuttora configurabile il reato di falso ideologico in atto pubblico nel caso di falsa attestazione, da parte del pubblico ufficiale, dell'avvenuta apposizione, in sua presenza, della firma dell'interessato in calce ad una dichiarazione sostitutiva di certificazione, nulla rilevando in contrario che, in base all'attuale normativa detta firma non necessiti di autenticazione», rivelatasi in netto contrasto con quella della stessa sezione dell'8 febbraio 2001, n. 13623 che ha ritenuto falso ideologico inutile e non punibile la non veritiera attestazione resa dal notaio in calce ad una autocertificazione del soggetto privato diretta ad un pubblico ufficiale che la relativa sottoscrizione è autentica in quanto apposta in sua presenza.

Dall'esame, a seguire, risulterà chiaramente preferibile l'opinione della prima sentenza citata, sostenuta oltre che dalla dottrina e dai vari approfondimenti giuridici apportati nel corso del tempo, dal comportamento comunemente ispirato alla deontologia notarile. Utile a riguardo sarà un, se pur breve, excursus sulle varie tipologie di falso e un'analisi della posizione del notaio rispetto al problema della responsabilità penale per falso ideologico.

In particolare, il notaio, quale pubblico ufficiale nell'ambito dell'esercizio della sua funzione documentale e certificativa può rispondere penalmente sia per falsità materiale, riguardante la genuinità dell'atto, sia per falsità ideologica riguardante invece la veridicità dell'atto penalmente rilevante se commessa negli atti pubblici o in quelli equiparati (artt. 479, 480, 481 c.p.).

@2. Distinzione tra falso ideologico e falso materiale.

La distinzione tra falso ideologico 7 e falso materiale costituisce sicuramente una delle problematiche più intrinseche e complesse riguardanti i reati di falso 8 ciò pertanto richiederebbe un approfondimento a causa del legame tra l'origine storica e lo sviluppo nella nostra come nelle altre legislazioni europee della materia del falso 9. Se è vero che il nucleo essenziale delle falsità documentali starebbe nella c.d. immutatio veri, e cioè «nella sostituzione del non vero al vero 10 allora - sostiene il CARRARA - la differenza tra falso materiale e falso ideologico non va ricercata nell'oggetto, ma negli effetti della falsificazione, ovvero nello specifico «non vero» da cui risulta affetto il documento a seguito dell'azione dell'agente. Pertanto si avrebbe falso materiale tutte le volte in cui, dall'attività del soggetto agente, risulti compromessa la verità del documento, cioè il suo essere venuto ad esistenza in quel modo e in quella circostanza; mentre si avrebbe falso ideologico allorché risulti alterata la sola veridicità dello stesso, cioè la corrispondenza tra fatti narrati dal documento alla realtà storica che con esso si voleva descrivere 11.

I tratti caratterizzanti la riflessione dottrinale e la prassi giurisprudenziale sul tema in esame sono i seguenti: da un lato, la definitiva affermazione della teoria incentrata sul binomio verità-veridicità; dall'altroPage 696 lato, l'emergere, in funzione antagonista, di teorie che si sforzano di ricostruire i tratti tipici del falso materiale e del falso ideologico attraverso un'attenta e rigorosa esegesi degli artt. 476 ss. c.p.

a) La teoria basata sul duplice carattere della genuinità-veridicità del documento.

Il binonio verità-veridicità si deve soprattutto all'opera di ANTOLISEI, il quale, riprendendo e sviluppando alcune fondamentali intuizioni del MANZINI 12 e del CARNELUTTI 13, si cimentò in una completa ed articolata ricostruzione della problematica in esame tanto da influenzare intere generazioni di giuristi. L'ANTOLISEI parte da una premessa implicita e cioè dall'esistenza, a suo tempo segnalata proprio dal CARNELUTTI, di un vero e proprio rapporto di specialità tra la condotta dell'art. 476 e quella descritta invece dall'art. 479 c.p.: poiché attestare il falso altro non rappresenta che una specificazione concettuale del formare il falso, quest'ultima «non può essere presa alla lettera, perché altrimenti [...] la fattispecie comprenderebbe anche la falsità ideologica di cui all'art. 479» 14. Da qui l'esigenza di selezionare, da un punto di vista logico, i possibili significati che l'espressione «formare il falso» può assumere, onde individuare un nucleo di casi che possa ricondursi con sicurezza alla tipologia delittuosa indicata dall'art. 476 c.p. e dagli articoli che, nell'estendere le ipotesi «previste anche alle falsità commesse da soggetti che non rivestono la qualifica di pubblici ufficiali, a quella tipologia si rifanno» 15. Ebbene, se è vero che per la effettiva esistenza del documento oggetto materiale della condotta di falsità documentale sono necessari forma, contenuto e autore; e se è vero che ciò su cui ricade la «falsa attestazione» (di cui all'art. 479) finisce con l'incidere sulla veridicità di quanto in quel documento affermato e dunque sul suo contenuto, ecco allora che per «formare il falso» altro non rimane che intendere quelle condotte che alterano gli estremi di provenienza del documento nella sua genuinità: l'autore, la data e il luogo di sua formazione. In base a tale teoria si riconduce la distinzione alla mancata genuinità e mancata veridicità del documento. Il documento è genuino se proviene da chi figura esserne l'autore e se dopo la sua definitiva affermazione non ha subito alterazioni; è veridico se, oltre ad essere genuino, attesta il vero 16. La non genuinità tipica del falso materiale può manifestarsi in forma di contraffazione o di alterazione; nelle ipotesi in cui il documento è genuino, ma contiene dichiarazioni menzognere, il falso punibile può configurarsi allora soltanto in forma di falsità ideologica 17.

b) La teoria incentrata sull'uso dei poteri documentali da parte del P.U.

In alternativa, si è tentato di elaborare un criterio diverso da quello incentrato sul binomio genuinità-veridicità. Tale approccio sposta l'indagine ricostruttiva delle scelte legislative su di un piano differente, che non concerne il profilo materiale (il tipo di interpolazione compiuta sul documento) ma quello relativo al tipo di condotta posta in essere dall'agente, e alla funzione esercitata dal pubblico ufficiale 18. In questa prospettiva, la falsità materiale consiste nella assenza delle condizioni che legittimano l'uso attuale dei poteri di certificazione; il falso ideologico si caratterizza non già per la mancanza di tale legittimazione, ma per l'abuso di quei poteri che il pubblico ufficiale è legittimato ad esercitare 19. Un simile atteggiamento di «infedeltà», proprio della condotta di falso ideologico da parte del pubblico ufficiale, è forse ravvisabile anche nelle falsità materiali, almeno là dove si richiede che il pubblico ufficiale abbia agito «nell'esercizio delle sue funzioni» e dunque violando anche in questo caso uno specifico dovere di attestazione del vero. In realtà, secondo l'indirizzo in questione, nella falsità materiale si realizza un dovere «presupposto», che però ha contenuto diverso da quello proprio (l'attestazione del vero) del falso ideologico. Puno di riferimento è l'art. 476 c.p.: quando utilizza l'espressione «nell'esercizio delle sue funzioni», il legislatore intende riferirsi a una situazione nella quale il pubblico ufficiale ha «manipolato» una certa realtà documentale attraverso l'esercizio dei poteri che, in quel momento, egli non era legittimato ad esercitare; e ciò senza che si renda necessaria la difformità dal vero di ciò che attesta, visto che «si ritengono falsità materiali anche le correzioni apportate «senza autorizzazione» ad un atto già formato per renderlo aderente al vero» 20. Si tratta sempre secondo questa impostazione, del motivo per cui l'ipotesi descritta dall'art. 478 c.p. viene definita, nella rubrica, «falsità materiale»: ciò che caratterizza simili ipotesi, infatti, è la circostanza che il pubblico ufficiale ha esercitato un potere documentale (il...

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