Gli effetti del fallimento e l'azione revocatoria fallimentare
Autore | Stefania Biscione - Roberta Pessetti |
Pagine | 75-113 |
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GLI EFFETTI DEL FALLIMENTO
E L’AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE
1
Effetti del fallimento nei confronti del fallito
La sentenza dichiarativa di fallimento produce effetti di varia na-
tura - personale, patrimoniale, processuale, penale - che vanno ad
incidere nella sfera giuridica del fallito, dei creditori e dei terzi.
Passiamo ora ad esaminare, nel dettaglio, gli effetti di natura perso-
nale e patrimoniale nei confronti del fallito.
a) Effetti di natura patrimoniale: privazione dell’amministra-
zione e della disponibilità dei beni (cd. spossessamento)
Secondo il disposto dell’art. 42 L.F., dalla data della sentenza di-
chiarativa di fallimento il fallito è privato dell’amministrazione e
della disponibilità dei suoi beni (cd. spossessamento), esistenti a
quella data, che vengono amministrati dal curatore fallimentare (art.
31 L.F.).
Non occorre che si tratti di beni di cui il fallito è titolare, poiché
cadono nel fallimento tutti i beni di cui il fallito ha la disponibilità
materiale o giuridica alla data della sentenza dichiarativa di falli-
mento: i terzi pregiudicati dallo spossessamento potranno far valere
i propri diritti sui beni attraverso le domande di rivendicazione e di
restituzione in sede di verifica dello stato passivo (artt. 93 e ss. e 103
L.F.).
I beni coinvolti nello spossessamento sono i beni mobili e immobili,
i diritti, i crediti, le azioni di impugnativa e risoluzione, la facoltà di
acquistare beni o diritti (ad esempio, accettazione di eredità, legati e
donazioni) nonché le azioni di danno ex artt. 2393 e 2394 c.c..
Vengono acquisiti al fallimento anche i beni che pervengono al
fallito a qualsiasi titolo durante il fallimento (art. 42, 2° comma,
L.F.), al netto delle spese sostenute per l’acquisto e la conservazione
dei beni medesimi.
Lo spossessamento non comporta la perdita, da parte del fallito,
della titolarità dei propri beni, ma consiste, più semplicemente, nella
destinazione del suo patrimonio al soddisfacimento dei creditori.
Sposses-
samento
Parte I | Il fallimento
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La riforma ha aggiunto all’art. 42 L.F. un nuovo comma con il quale è stata introdotta la
possibilità per il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, di rinunciare ad
acquisire i beni che pervengono al fallito durante la procedura fallimentare qualora i costi
da sostenere per l’acquisto e la conservazione risultin o superiori al presumibile valore di
realizzo dei beni stessi.
In conseguenza della previsione di cui all’art. 42 L.F., sono ineffica-
ci, nei confronti dei creditori, tutti gli atti compiuti dal fallito
e i pagamenti dallo stesso eseguiti dopo la dichiarazione di fal-
limento.
Sono, altresì, inefficaci i pagamenti ricevuti dal fallito dopo la sen-
tenza dichiarativa di fallimento (art. 44 L.F.).
Tutte le utilità che il fallito consegue nel corso della procedura per
effetto degli atti inefficaci di cui al 1° e 2° comma dell’art. 44 L.F.
sono acquisite al fallimento (art. 44, 3° comma, L.F.).
L’inefficacia opera di diritto ed è imprescrittibile; essa è una
diretta conseguenza dell’impossibilità, per il fallito, di disporre, in
costanza di fallimento, del proprio patrimonio e, pertanto, opera a
prescindere dalla revoca del negozio cui l’atto inefficace si riferisce,
dall’idoneità di tale atto ad arrecare pregiudizio ai creditori e dalla
conoscenza da parte del contraente dello stato del fallito.
L’inefficacia opera per gli atti compiuti a far data dalla pubblica-
zione della sentenza di fallimento.
La Corte costituzionale, con sentenza 6-6-1995, n. 228, ha dichiarato infondata la que-
stione di legittimità costituzionale degli art. 17, 42 e 44 L.F. per contrasto con l’art. 24 Cost.
(diritto di difesa), nella parte in cui considerano gli effetti della sent enza dichiarativa di
fallimento opponibili anc he al terzo in buona fede che abbia contratto con o per il fallito
dopo il fallimento, ma prima della affissione della sentenza, recepend o l’orientamento
della Cassazione secondo la quale il decorrere degli effetti de lla sentenza di fallimento
dalla data di deposito e l’irrilevanza della concreta conoscenza della stessa da par te dei
destinatari degli atti compiuti dal fallito non contrasta con l’art. 24 Cost..
Le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se
compiute dopo la dichiarazione di fallimento, sono prive di effetti ri-
spetto ai creditori (art. 45 L.F.), e tanto al fine di tutelare il fallimento
da manovre fraudolente poste in essere dal fallito e dai terzi. Pertan-
to, a titolo di esempio, sono inefficaci rispetto ai creditori concorsuali
gli atti aventi ad oggetto gli acquisti di immobili, se l’acquisto è tra-
scritto successivamente alla dichiarazione di fallimento, e così per
tutti gli atti per i quali sono previste particolari formalità.
Inefficac ia
degli atti
Capitolo 5 |
Gli effetti del fallimento e l’azione revocatoria fallimentare
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b) Segue: beni sottratti alla procedura fallimentare
L’art. 46 L.F. elenca i beni che non possono essere acquisiti dal falli-
mento, e precisamente:
1) i beni ed i diritti di natura strettamente personale(ad esempio beni
che servono ad integrare la persona fisica, quali gli occhiali o le protesi; i
diritti all’immagine e al nome; il diritto di uso e abitazione; le somme spet-
tanti o liquidate a titolo di risarcimento del danno biologico o morale);
2) gli assegni aventi carattere alimentare, stipendi, pensioni,
salari e tutto ciò che il fallito guadagna con la propria attività, entro
i limiti di quanto occorre per il mantenimento proprio e della
famiglia; tali limiti vengono fissati dal Giudice delegato tenendo
conto, secondo la norma novellata, della condizione personale del
fallito e di quella della sua famiglia;
3) i frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli, i beni
costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto dispo-
sto dall’art. 170 c.c.;
4) le cose impignorabili per disposizione di legge (art. 514 c.p.c.:
ad esempio, cose sacre, anelli nuziali, biancheria, utensili di casa,
letti necessari alla famiglia).
Se al fallito vengano a mancare i mezzi di sussistenza il giudice delegato,
sentiti il curatore ed il comitato dei creditori, può concedergli un sussidio
a titolo di alimenti per se stesso e la propria famiglia (art. 47 L.F.).
La casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui è necessaria all’abitazione sua e della sua fami-
glia, non può essere distratta da tale uso fino alla liquidazione delle attività (secondo la Cas-
sazione si tratta di un vero e proprio diritto soggettivo del fallito: cfr. Cass. n. 2487/1967).
Per quanto riguarda la casa che il fallito ha in locaz ione, il curatore non può recedere da
tale contratto, che ha natura strettamente personale ed è finalizzato a soddisfare esigenze
primarie del fallito.
c) Segue: mutui e ristoro del danno in favore delle vittime del-
l’usura
Una importante novità è stata di recente introdotta dalla Legge
27-1-2012, n. 3 (in vigore dal 1-3-2012), che ha modificato la leg-
ge 7.3.1996, n. 108 in materia di usura ed estorsione, prevedendo
l’erogazione di mutui da parte del Fondo di solidarietà per le vittime
dell’usura (istituito presso l’ufficio del Commissario straordinario del
Governo per il coordinamento iniziative antiracket) anche in favore
dell’imprenditore dichiarato fallito, previo parere favorevole del giu-
Sussidio
Mutui in fa-
vore del fal-
lito vitti ma
dell’usura
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