Evasione fiscale e rilevanza dei dati omi

AutoreAntonio Nucera
Pagine353-355
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giur
Arch. loc. e cond. 3/2014
LEGITTIMITÀ
al di sotto del valore normale, secondo i criteri di mercato
liberamente apprezzabili dal giudice penale; e) tale circo-
stanza risulta confermata dal fatto che per alcuni degli
immobili erano stati stipulati mutui per un valore assai
superiore a quello dichiarato, in relazione ai quali era in-
verosimile che le banche concedenti avessero accettato in
garanzia immobili che non avessero un valore quantomeno
corrispondente; f) quanto ai costi in nero, questi erano di
entità modesta e, dunque, irrilevante ai f‌ini della ritenuta
responsabilità penale, perchè l’accertamento ha avuto per
oggetto essenzialmente l’occultamento di una parte del
corrispettivo percepito per la vendita degli immobili e non
la costruzione e vendita di immobili interamente in nero.
3.3. - A fronte di una siffatta motivazione, le censure del
ricorrente relative alla ricostruzione e all’interpretazione
della contabilità proposte con i motivi di impugnazione
principale e ulteriormente precisate con i motivi aggiunti
si risolvono - come anticipato - nella richiesta di una rein-
terpretazione del quadro probatorio, che si concretizza
in un riesame del merito del provvedimento impugnato,
precluso in sede di legittimità. Deve, infatti, farsi richiamo
alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo
cui il controllo sulla motivazione demandato al giudice di
legittimità resta circoscritto, in ragione della espressa pre-
visione normativa dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), al
solo accertamento sulla congruità e coerenza dell’apparato
argomentativo, con riferimento a tutti gli elementi acquisi-
ti nel corso del processo, e non può risolversi in una diversa
lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della de-
cisione o dell’autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di
giudizio in ordine alla ricostruzione e valutazione dei fatti
(ex plurimis, tra le pronunce successive alle modif‌iche
apportate all’art. 606 c.p.p. dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46:
sez. VI, 29 marzo 2006, n. 10951; sez. VI, 20 aprile 2006, n.
14054; sez. III, 19 marzo 2009, n. 12110; sez. I, 24 novembre
2010, n. 45578; sez. III, 9 febbraio 2011, n. 8096).
4. - Nè può essere in questa sede dichiarata la prescri-
zione del reato. In presenza di un ricorso inammissibile,
quale quello in esame, trova infatti applicazione il princi-
pio, costantemente enunciato dalla giurisprudenza di que-
sta Corte, secondo cui la possibilità di rilevare e dichiarare
le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p., ivi
compresa la prescrizione, è preclusa dall’inammissibilità
del ricorso per cassazione, anche dovuta alla genericità o
alla manifesta infondatezza dei motivi, che non consente il
formarsi di un valido rapporto di impugnazione (ex multis,
sez. III, 8 ottobre 2009, n. 42839; sez. I, 4 giugno 2008, n.
24688; sez. un., 22 marzo 2005, n. 4).
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186,
della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie,
non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determi-
nazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria
dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art.
616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè
quello del versamento della somma, in favore della Cassa
delle ammende, equitativamente f‌issata in Euro 1.000,00.
(Omissis)
EVASIONE FISCALE
E RILEVANZA DEI DATI OMI
di Antonio Nucera
La sentenza in commento si segnala all’attenzione degli
interpreti perchè, confermando la pronuncia di merito, fa
assurgere i dati dell’Osservatorio del mercato immobiliare
(Omi), curato dall’Agenzia delle entrate (ex territorio), ad
elementi idonei – ove sussistano altri (“decisivi, univoci e
concordanti”) indizi – a provare il reato di dichiarazione
infedele di cui all’art. 4. D.L.vo n. 74 del 10 marzo 2000.
Nella specie, a un imprenditore operante nel settore
immobiliare era stato notif‌icato, dall’amministrazione f‌i-
nanziaria, un avviso di accertamento per omessa dichiara-
zione in materia di Irpef ed Iva. Successivamente, in sede
penale il contribuente veniva condannato dal tribunale
per il reato di dichiarazione infedele, in quanto, al f‌ine di
evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, aveva
indicato nella dichiarazione annuale “elementi attivi per
un ammontare inferiore a quello effettivo”. Condanna, che
veniva confermata anche in appello.
La lite arrivava, così, in Cassazione. Nel ricorso propo-
sto dinanzi ai giudici di legittimità l’imputato deduceva
l’erronea applicazione della disposizione incriminatrice
sul presupposto, in particolare, che i giudici d’appello
avevano ritenuto provato il fatto evasivo, con riguardo
segnatamente ad immobili compravenduti dall’impresa
del ricorrente, basandosi su una semplice presunzione: lo
scostamento tra i dati Omi e i prezzi di vendita di detti im-
mobili, come risultante dall’accertamento tributario. Più
in dettaglio, il ricorrente lamentava il fatto che l’accerta-
mento in questione fosse stato eseguito in via induttiva ex
art. 39, secondo comma, lett. d), D.P.R. n. 600 del 29 set-
tembre 1973, con il ricorso, cioè, a presunzioni (semplici)
non dotate degli ordinari requisiti di gravità, precisione e
concordanza richiesti in via ordinaria dal primo comma del
medesimo art. 39. E ciò, senza che in concreto ne ricorres-
sero i presupposti. In più, contestava, nella specie, l’utiliz-
zabilità dei dati Omi, giacchè la rilevanza dell’infedeltà dei
dichiarati ricavi desunta sulla base del valore normale dei
beni immobili ceduti era stata introdotta solo nel 2006, dal
D.L. n. 223 (cosiddetto “decreto Visco-Bersani”) converti-
to in legge n. 248 del 4 agosto 2006, mentre l’accertamento
atteneva alla dichiarazione del 2004.

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