Estorsione negoziale e rapporto di lavoro

AutoreIgnazio Augusto Santangelo
Pagine131-134
131
Rivista penale 2/2013
Dottrina
ESTORSIONE NEGOZIALE
E RAPPORTO DI LAVORO
di Ignazio Augusto Santangelo
1. La cornice di riferimento tematico interessa la c.d.
estorsione negoziale tentata o consumata nel rapporto di
lavoro. In essa va data risposta, ai f‌ini dell’individuazione
del reato di cui all’art. 629 c.p., sulla rilevanza penale della
condotta del datore di lavoro qualora nel rapporto subor-
dinato con il dipendente si vengano ad inserire delle pat-
tuizioni retributive deteriori e normative in peius a fronte
della fonte legale e collettiva di settore – e ciò può essere
intravisto anche in caso che sia intervenuto un accordo
inter partes preventivo – poiché uno strumento contrat-
tuale di per sé lecito assumerebbe i caratteri dell’ingiusta
minaccia ed, in quanto impone condizioni contra legem,
verrebbe a collocarsi nell’area dell’illecito.
È costante orientamento – in dottrina e nell’ermeneuti-
ca – che la minaccia, come postulata in linea generale nel-
la fattispecie dell’estorsione, attenga ad una prospettazio-
ne pregiudizievole su beni inerenti l’altrui sfera giuridica
ed abbia l’idoneità, sia in senso oggettivo che soggettivo, a
realizzare mediante l’azione o l’omissione voluta dall’agen-
te uno status subiectionis tale da far propendere per un
danno inferiore rispetto a quanto si verrebbe a subire con
il rif‌iuto (v. Cass. 14 dicembre 2000, n. 13043).
Il percorso esegetico sull’attenzionata fattispecie muo-
ve dall’aderenza f‌igurale alla c.d. estorsione ambientale.
Questa è stata individuata – riportando la casistica –
sia nella richiesta di contributi per l’erigenda sede locale
di un partito politico avanzata nei confronti di un impren-
ditore in precedenza agevolato in incarichi professionali
(1), sia attuata nella pretesa di una tangente a fronte
dell’eventualità di non ottenere un f‌inanziamento (2),
in tali casi si è considerata la prospettazione di un male
futuro inserendola nel sistema dei rapporti esistenti tra
le due parti e di fatto collegando la condotta al contesto
relazionale.
In tale solco è stata ravvisata la condotta estortiva
anche dalla prospettazione di un male legalmente giu-
stif‌icato, quale una azione giudiziaria, e ciò è signif‌icato
dal rilievo che l’agente non si proponga tanto l’esercizio di
un diritto, bensì la soddisfazione di scopi personali ed egli
attingere a risultati ad esso non conformi mediante mezzi
giuridici diversi da quelli apprestati dalla legge (3).
Ha ritenuto la giurisprudenza quanto alla minaccia,
quale elemento costitutivo del reato di estorsione, che
essa non s’identif‌ica indefettibilmente con una coartazio-
ne mediante la rappresentazione di un danno ineludibile
e tale da eliminare radicalmente nel soggetto passivo la
libertà di scelta, ma che fosse suff‌iciente quella prospet-
tazione pregiudizievole la quale, in relazione al circuito
circostanziale che vi s’assommava, suscitasse nella vittima
il timore di un pregiudizio concreto, donde l’alternativa
e con margine di opzione, tra il rif‌iuto o le conseguenze
dannose (4).
Ai f‌ini della coazione necessita, dunque, che la determi-
nazione del soggetto passivo, sebbene coartato vi ac metu,
vi residui volontaria e tale si presenti pur nell’esiguità
della propria autonomia, poiché in caso di vis absoluta
verrebbe ad essere posto in essere il reato di cui all’art.
628 c.p. (5).
2. In tema di estorsione, ed ai f‌ini della conf‌igurazio-
ne della ipotesi di reato, vi restano indifferenziate tanto
la forma, quanto la modalità della minaccia (v. Cass. 23
settembre 2004, n. 37528; Cass. 19 maggio 2001, n. 20382;
Cass. 12 marzo 1999, n. 3298). Essa, infatti, potrà essere
manifesta od implicita, palese o larvata, orale o scritta, de-
terminata od indeterminata, purché sia comunque idonea
in relazione alle circostanze concrete ad incutere il metus
e condizionare la volontà del soggetto passivo (6).
È in ordine all’intrinsecità del requisito della minaccia
che va, poi, annotata l’irrilevanza del fatto che il soggetto
passivo non rimanga intimidito, l’inconsistenza dell’entità
del proposito delittuoso dell’agente riguardo alla concreta
realizzazione del danno o dell’effettiva possibilità della
sua attuazione, essendo necessario che la minaccia pre-
senti certezza rappresentativa, ivi includendo il pericolo
immaginario ma percepito come reale (7). Occorre, piut-
tosto, che l’intimidazione sia recepita dal soggetto passivo
(8), pure se non sia quello designato a subirne le conse-
guenze in ipotesi della c.d. estorsione mediata, in quanto
essa opera psicologicamente sulla determinazione della
volontà di altri in particolare relazione con la vittima.
È stato anche conf‌igurato – pur non pacif‌icamente in
dottrina – che la condotta estortiva nell’evento dannoso
possa conseguire da un comportamento omissivo, preci-
sandosi che deve trattarsi della prospettazione di un male
di cui si ha l’obbligo giuridico d’impedire (9).

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