Estorsione

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine323-334

    Le precedenti Rassegne di giurisprudenza pubblicate in questa Rivista hanno riguardato, rispettivamente, Abuso dei mezzi di correzione e di disciplina (1996, 669); Bellezze naturali (vincolo paesaggistico-ambientale) (1997, 113); Delitti contro l'assistenza familiare (1996, 1283); Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (1999, 407); False informazioni al pubblico ministero (1996, 141); I delitti contro la personalità interna dello Stato (1996, 811); I reati di assenza dal servizio alle armi (1996, 407); Il dolo nella ricettazione (1997, 779); Il furto (1999, 791); Incompatibilità, astensione, ricusazione del giudice e rimessione del processo (1996, 255); L'abuso di ufficio (1996, 917); La diffamazione commessa col mezzo della stampa (1997, 971); La nuova disciplina della caccia (1996, 537); La nuova gestione dei rifiuti (1999, 1047); La tutela degli alimenti nel codice penale (1998, 211); Le interferenze illecite nella vita privata (1997, 253); L'obiezione di coscienza al servizio militare (1997, 537); Sulla protezione del diritto d'autore: l'art. 171 della L. n. 633/41 (1996, 1033); Sulle nuove norme in tema di violenza sessuale (1998, 637); Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (2000, 755); Favoreggiamento personale (2000, 953); Truffa (2001, 99).


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@a) Generalità

In tema di estorsione, il delitto deve considerarsi consumato e non solo tentato allorché la cosa estorta venga consegnata dal soggetto passivo all'estorsore, e ciò anche nelle ipotesi in cui sia predisposto l'intervento della polizia giudiziaria che provveda immediatamente all'arresto del reo ed alla restituzione del bene all'avente diritto.

    Cass. pen., Sezioni Unite, 14 dicembre 1999, n. 19 (ud. 27 ottobre 1999), P.M. in proc. Campanella.


Non è configurabile il reato di estorsione e neppure quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni nel comportamento del datore di lavoro il quale, a fronte dell'accertata, oggettiva esistenza di un fatto ascrivibile al dipendente che, di per sè, consentirebbe il licenziamento di quest'ultimo per giusta causa (nella specie, trattavasi di un furto in danno dello stesso datore di lavoro), induca il detto dipendente a rassegnare le dimissioni sotto minaccia, altrimenti, di presentare a suo carico denuncia penale.

    Cass. pen., sez. VI, 2 febbraio 2000, n. 1281 (ud. 12 aprile 1999), Platania.


Ai fini della sussistenza del delitto di estorsione, è irrilevante l'individuazione del momento in cui si è avuto il pregiudizio patrimoniale del soggetto passivo a seguito della condotta impostagli, una volta che sia rimasto accertato il rapporto di causa ad effetto tra la violenza o minaccia posta in essere dagli estortori e la consegna della somma da parte della vittima del ricatto.

    Cass. pen., sez. II, 23 febbraio 1988, n. 2416 (ud. 28 settembre 1987), Masella.


Ricorre il delitto di estorsione quando la consegna della cosa possa correlarsi ad un atto di volontà della vittima, nel senso, cioè, che sia possibile una scelta tra il danno minacciato e la consegna della cosa stessa.

    Cass. pen., sez. I, 10 giugno 1978, n. 7471 (ud. 19 aprile 1978), Bocangel.


Il profitto, ai fini del delitto di estorsione, può consistere in qualsiasi utilità ed è ingiusto se l'utilità che l'agente si propone di conseguire non è dovuta ma è la conseguenza della violenza o della minaccia usata dall'agente medesimo per costringere il soggetto passivo a dare, fare od omettere qualche cosa.

    Cass. pen., sez. II, 11 aprile 1973, n. 739, Petrovich.


In tema di estorsione, il profitto deve ritenersi ingiusto allorché sia fondato su una pretesa non tutelata dall'ordinamento giuridico né in via diretta - quando, cioè, si riconosce al suo titolare il potere di farla valere in giudizio - né in via indiretta - quando, pur negandosi il potere di agire, si accordi il diritto di ritenere quanto spontaneamente sia stato adempiuto, come nel caso delle obbligazioni naturali menzionate nell'art. 2034 c.c. Ne consegue, pertanto, che, essendo il contratto di cessione di droga nullo per illiceità della causa e non potendo sorgere dalla sua stipulazione alcuna pretesa tutelata dall'ordinamento, nessun dubbio può esservi sul carattere ingiusto del profitto perseguito da chi, con minacce e percosse, costringa un'altra persona a farsi consegnare una certa somma quale prezzo della droga consegnatale, e quindi sulla piena sussistenza di questo elemento costitutivo del delitto di cui all'art. 629 c. p., non potendosi, peraltro, invocare la tutela indiretta predisposta dall'art. 2035 c.c., con il riconoscimento della soluti redentio, trattandosi di norma che fa riferimento ad un atto contrario al buon costume, e non, come nel caso di specie, ad un atto contrario a norme imperative, secondo la distinzione contenuta nell'art. 1343 c.c.

    Cass. pen., sez. VI, 23 febbraio 1991, n. 2460 (ud. 16 ottobre 1990), Rasi.


Per la sussistenza del delitto di estorsione, il profitto deve considerarsi ingiusto quando la pretesa perseguita non sia tutelata in modo diretto o indiretto dall'ordinamento, concentrandosi in un vantaggio che non possa ritenersi giuridicamente dovuto all'agente; mentre il danno deve consistere in una diminuzione patrimoniale subita dall'offeso. (Nella specie si è ritenuto che per tale motivo correttamente fosse stato chiamato a rispondere di estorsione e non di violenza privata il giocatore di carte vittorioso che aveva realizzato con violenza la pretesa - non tutelata dall'ordinamento neanche con l'eccezione della soluti retentis in caso di adempimento coatto - di ottenere dai giocatori perdenti il pagamento del debito di gioco).

    Cass. pen., sez. V, 11 febbraio 1988, n. 1733 (ud. 21 ottobre 1987), Petrelli.


Ai fini del delitto di estorsione la legge non richiede la immediatezza del profitto, essendo solo sufficiente che la consegna della cosa o del denaro possa ricollegarsi ad un atto di volontà del soggetto passivo, per la scelta che, pure in condizioni di libertà psichica grandemente menomata, gli è possibile fare tra il danno minacciato e la consegna stessa.

    Cass. pen., sez. II, 23 ottobre 1972, n. 1425, Iudica.


Ai fini della consumazione del reato di estorsione, non è necessario che il profitto sia stato materialmente realizzato, essendo sufficiente la mera disponibilità del bene acquisito attraverso la violenza o la minaccia.

    Cass. pen., sez. VI, 16 ottobre 1987, n. 10877 (ud. 2 maggio 1987), Casadei.


In tema di estorsione, va ritenuta la consumazione del reato allorché l'estortore, nonostante il servizio di appostamento predisposto dalla polizia, sia riuscito ad impossessarsi, anche per un breve lasso di tempo, della somma di danaro messa a sua disposizione dal soggetto passivo della violenza o della minaccia.

    Cass. pen., sez. II, 7 maggio 1988, n. 5646 (ud. 7 gennaio 1988), La Rocca.


In tema di estorsione, non esclude la consumazione del reato il fatto che la consegna del denaro da parte della vittima all'estorsore sia avvenuta sotto gli occhi delle forze dell'ordine preventivamente allertate ed appostate, le quali peraltro non l'abbiano impedita, ma siano intervenute soltanto dopo il conseguimento del possesso, ancorché temporaneo, della somma da parte dell'estorsore. Il reato di estorsione si consuma, infatti, nel momento e nel luogo in cui si verificano l'ingiusto profitto e il danno patrimoniale.

    Cass. pen., sez. II, 15 ottobre 1996, n. 9115 (ud. 20 febbraio 1996), Palermo ed altro.


Il delitto di estorsione, previsto e punito dall'art. 629 cod. pen., si realizza in tutti i suoi elementi costitutivi nel momento e nelPage 324 luogo in cui si verificano l'ingiusto profitto e il danno patrimoniale. Ne consegue che, nel caso in cui l'agente, nonostante l'intervento della polizia, concordando con la vittima, sia riuscito, anche per alcuni attimi, ad impossessarsi della cosa o del danaro, il delitto deve ritenersi consumato.

    Cass. pen., sez. II, 15 gennaio 1990, n. 273 (ud. 18 settembre 1989), Benigno.


In tema di estorsione, l'impossessamento e il correlato spossessamento sono eventi svincolati da qualsiasi criterio spazio-temporale, essendo sufficiente che l'imputato abbia acquisito, sia pure per breve tempo, la disponibilità della cosa indebitamente ottenuta. (Fattispecie in cui il ricorrente assumeva che, essendo intervenuta immediatamente la polizia, non v'era stato spossessamento della somma di denaro consegnata dalla parte lesa).

    Cass. pen., sez. II, 5 aprile 1991 (ud. 25 maggio 1990, n. 3772), Berton.


Ai fini della consumazione del delitto di estorsione sono sufficienti, da un lato, il conseguimento del possesso della cosa o del denaro o del titolo, in cui si sostanzia il profitto ingiusto realizzato mediante violenza o minaccia e, dall'altro, il danno patrimoniale arrecato alla parte lesa, essendosi, con il verificarsi di tali elementi costitutivi della fattispecie penale, il fatto illecito interamente esplicato. Ne consegue che, qualora venga estorto un assegno bancario, non rilevano al riguardo né la successiva lacerazione di esso da parte degli estortori, né la posdatazione, né la omessa indicazione del beneficiario e né, infine, la insufficiente provvista.

    Cass. pen., sez. II, 26 ottobre 1989, n. 14401 (ud. 29 maggio 1989), Iannelli.


Qualora il profitto dell'estorsione sia costituito da effetti cambiari il reato si perfeziona con il conseguimento del possesso dei titoli da parte degli autori del delitto, a nulla rilevando che questi ultimi abbiano successivamente lacerato le cambiali.

    Cass. pen., sez. II, 13 gennaio 1982, n. 213 (ud. 25 maggio 1981), Campese.


Il delitto di estorsione deve ritenersi consumato anche nel caso in cui il soggetto passivo abbia rilasciato un assegno di conto corrente privo di copertura. In tal caso, invero - conservando l'assegno il carattere formale di titolo di credito destinato, per sua natura alla circolazione senza che le parti vi...

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