Considerazioni estemporanee sul profilo istituzionale e funzionale del pubblico ministero

AutoreFederico Bellini

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L’all. E alla L. 20 marzo 1865 n. 2248, abolendo il contenzioso amministrativo, ha rimesso al Giudice Ordinario anche le vicende inerenti i rapporti (patologici) del cittadino con la P.A.

Fu, questa, la conseguenza razionale del principio di matrice illuministica (e quindi, secondo taluno, di valenza giusnaturalistica) della dignità del concetto di diritto soggettivo che si estrinseca erga omnes, coerentemente adottato dal legislatore dello Stato liberale.

Peraltro, allo scopo di rispettare un ulteriore principio fondamentale, quello della separazione dei poteri, venne posto un controlimite alla funzione magistratuale: il giudice ordinario può disapplicare l’atto amministrativo viziato, ma non può annullarlo, atteso che ciò rappresenterebbe un’invasione di campo del potere giurisdizionale nell’ambito di quello esecutivo.

Il bilanciamento dei principi era così coerentemente attuato.

Da questa premessa emerge quindi la riaffermazione di un principio di valore generale che deve sempre reggere i rapporti fra i tre poteri canonici dello Stato1: la loro assoluta separazione.

Ma ad infrangere, quantomeno in apparenza, questo canone lavorano gli artt. 69 e 83 del R.D. 30 gennaio 1941 n. 12 nel testo vigente, portante norme sull’ordinamento giudiziario.

Come arcinoto, la prima delle due disposizioni sottopone il Pubblico Ministero alla sorveglianza del Ministro per la Giustizia, e la seconda gli attribuisce la “disponibilità” diretta della polizia giudiziaria.

Da questa commistione deriva un’ennesima prova che il Magistrato requirente non è in effetti un appartenente de facto, ossia sul piano funzionale, all’ordine giudiziario (pur appartenendovi sul piano istituzionale), rappresentando ciò che era all’origine della sua creazione: il braccio dell’esecutivo con funzioni di criminal detector e di conseguente segnalazione dei reati al Magistrato giudicante.

D’altronde la genesi dal potere esecutivo della figura del Requirente trova conferma nell’alone di politicità che lo contorna sin dall’origine.2

Qualunque livellamento o parificazione del Magistrato Requirente con i difensori e con la parte civile, di contro, appare improprio quando non assurdo.

Lasciamo parlare su ciò uno che di queste cose se ne intende.

Durante la celebrazione di un processo penale, essen- do il Dott. Davigo tutt’ora assiso sul tradizionale scranno un tempo riservato all’accusa, il difensore sollevò un incidente procedurale, chiedendo al Presidente della Corte di disporre affinchè il Pubblico Ministero, in ossequio alla nouvelle vogue codicistica, scendesse nell’emiciclo, assestandosi sul medesimo livello della pars privata.

La risposta del Magistrato Requirente fu sostanzialmente la seguente: “personalmente non ho difficoltà ad aderire alla richiesta della difesa ma, anche così, rimane il dato che le due situazioni sono assolutamente antitetiche ed un esempio può chiarire la differenza fra le posizioni di accusa e difesa nel nostro ordinamento: il magistrato del pubblico ministero che chiedesse la condanna di un imputato che sa essere innocente, commetterebbe il...

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