Esperienze di amministrazione digitale. La firma digitale

AutoreLucio Maggio/Ignazio Zangara
CaricaRicercatore confermato/Assegnista di ricerca presso la stessa facoltà.
Pagine331-346

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L'intervento di questa mattina1 - a chiusura delle tre giornate didattico- formative per i responsabili della gestione delle strutture universitarie - è volto ad illustrare talune problematiche giuridiche ed applicative collegate all'adozione di procedure informatizzate nell'ambito dell'amministrazione pubblica.

La relazione presenta due ordini di contenuti: innanzitutto, verranno analizzati, ancorché in maniera sintetica, i testi normativi che si sono susseguiti da un quindicennio a questa parte per consentire e legittimare l'utilizzo delle tecnologie informatiche e telematiche nella gestione della cosa pubblica, con l'introduzione del concetto di sottoscrizione elettronica; di seguito, saranno illustrati i profili applicativi legati alla firma digitale, in un'ottica di paperless2, come è quella di recente adottata dall'amministrazione dell'Università di Catania.

Data l'esiguità del tempo a disposizione, è bene entrare immediatamente nel vivo dei temi da trattare.

  1. Stando ai provvedimenti normativi e regolamentari, ripetuti e sempre più dettagliati, assunti dal nostro legislatore, appare evidente come il trend verso il quale è diretta la pubblica amministrazione italiana sia quello di una informatizzazione "spinta" che si concretizza, da un canto, in una serie di iniziative volte a rendere più agevole le attività routinarie del personale e, dall'altro, nella progettazione, nella realizzazione e nell'adozione di strumenti informatici e telematici avanzati per la formazione degli atti e per uno scambio di informazioni e di comunicazioni, rapi- Page 332 do ed efficace, fra tutti gli operatori impegnati in attività amministrative, tanto di back office quanto di front office3 (nell'Università - ad esempio, ed è il caso specifico che ha fornito lo spunto per questa relazione - tra gli uffici dell'amministrazione centrale, e tra questi e i dipartimenti, le facoltà ed i centri di ricerca e di servizio, nonché tra tutti questi ed i privati, come gli studenti e le imprese).

    Tale percorso di automazione e di snellimento delle procedure risulta oggi ampiamente praticabile, come appena accennato, grazie all'emanazione di alcune puntuali disposizioni normative che costituiscono il necessario presupposto affinché i sistemi informatizzati possano essere adoperati, possano raggiungere il massimo grado di penetrazione e, di conseguenza, possano diventare strumento per aumentare concretamente la produttività nella pubblica amministrazione (a differenza dei privati e delle aziende, lo Stato manifesta le sue intenzioni ed assume le sue decisioni - anche di tipo logistico-organizzativo - attraverso le leggi, vere e proprie "lettere di intenti" che lo Stato invia a se stesso).

    Il legislatore italiano, tra i primi in Europa e con buona intuizione sistematico-giuridica, ha iniziato ad esprimersi effettivamente in termini di amministrazione digitale già nei primi anni '90, agli albori dell'era telematica, quanto meno con riferimento al Vecchio Continente4.

    Il primo segnale di apertura da parte del nostro ordinamento nei confronti dei sistemi informatici e telematici si colloca, appunto, nel 1993 e coincide, più precisamente, con il d.lgs. 12 febbraio 1993, n. 395, intitolato Page 333

    "Norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche, a norma dell'art. 2, co. 1, lett. mm), della l. 23 ottobre 1992, n. 421". L'art. 3, co. 1, di questo decreto dispone, infatti, che "Gli atti amministrativi adottati da tutte le pubbliche amministrazioni sono di norma predisposti tramite i sistemi informativi automatizzati".

    Il tenore della disposizione in esame è tale da sovvertire il normale ordine delle cose: il legislatore utilizza la formula "sono di norma predisposti" per significare che, a partire dall'entrata in vigore della norma, le amministrazioni pubbliche soltanto in via del tutto eccezionale avrebbero potuto predisporre i loro atti tramite lo strumento cartaceo.

    Se è vero che, purtroppo, i tempi non erano ancora maturi perché la norma potesse trovare uniforme ed immediata attuazione, soprattutto in Italia, dove il tasso di "analfabetismo telematico" era (e continua ad essere ancor oggi) molto elevato6, è altrettanto vero che la norma del 1993 ha dato origine a tutta una serie di conseguenze nel contesto della pubblica amministrazione digitale.

    Non potendo affrontare, tuttavia, nel corso di un singolo incontro, le ampie tematiche che scaturiscono da queste considerazioni introduttive, col seminario odierno ci limiteremo ad analizzare l'aspetto tecnologico, di progresso e di semplificazione, che costituisce uno dei presupposti fondamentali (o, se si vuole, l'elemento "chiave") nel processo di informatizzazione della P.A.; tale strumento è la firma digitale, ossia il meccanismo di sottoscrizione che permette di riconoscere l'autenticità di un documento7 in forma elettronica. Page 334

    È bene, dunque, procedere per gradi e andare a vedere quali sono state le pietre miliari, sotto il profilo normativo, che hanno segnato il passo e che ci permettono adesso di poter adottare avanzate procedure di teleamministrazione, in piena conformità con il nostro ordinamento giuridico.

    Trascorsi quattro anni dal decreto n. 39/93, ricordato poc'anzi, il legislatore ha rinforzato quella disposizione con la legge per la semplificazione amministrativa del 15 marzo 1997, n. 59 (cosiddetta Bassanini 1), al cui art. 15, co. 2, ha previsto che "Gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge. I criteri e le modalità di applicazione del presente comma sono stabiliti, per la pubblica amministrazione e per i privati, con specifici regolamenti da emanare ...". Tale enunciato costituisce la vera innovazione, non solo, per quel che concerne la forma scritta degli atti, ma anche per quanto riguarda la loro archiviazione8 e la loro trasmissione; viene, infatti, attribuita agli atti, ai dati e ai documenti, da chiunque formati con strumenti informatici, piena validità e rilevanza giuridica, purché nel rispetto dei parametri regolamentari che sarebbero stati definiti di lì a breve.

    È stato il D.P.R. del 10 novembre 1997, n. 513 - intitolato "Regolamento recante criteri e modalità per la formazione, l'archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici, a norma dell'articolo 15, comma 2, della L. 15 marzo 1997, n. 59" - ad introdurre le prime regole tec- niche volute dalla Bassanini 1. In particolare, detto regolamento, all'art. 4, rubricato "Forma scritta", prevede che "Il documento informatico munito dei requisiti previsti dal presente regolamento soddisfa il requisito legale della forma scritta". Ed ancora, all'art. 19, rubricato "Sottoscrizione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni", stabilisce, al co. 1, che "In tutti i documenti informatici delle pubbliche amministrazioni la firma autografa, o la sottoscrizione comunque prevista, è sostituita dalla firma digitale ..." e, al co. 2, che "L'uso della firma digitale integra e sostituisce ad ogni fine di legge l'apposizione di sigilli, punzoni, timbri, contrassegni e marchi comunque previsti"9. Page 335

    In quel preciso momento storico il nostro ordinamento giuridico posse- deva già, con la pubblicazione dei due provvedimenti normativi or ora citati, la disciplina completa e dettagliata che spalancava le porte all'uso della firma digitale da parte dei privati e della pubblica amministrazione. E ciò, al punto che il Governo, poco dopo, quasi a voler consolidare quello status quo, ha riunito in un 'unico testo' normativo la serie di norme dedicata all'informatizzazione con riferimento alla documentazione pubblica, emanando il D.P.R. del 28 dicembre 2000, n. 445, intitolato "Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa", pubblicato nella G.U. del 20 febbraio 2001, n. 42, S.O.10

    Con buona tecnica legistica, nel primo articolo del testo unico sono stati definiti i concetti relativi ai termini tecnici utilizzati dal legislatore nel corpo della norma; in particolare, la lettera n) spiega che per "firma digitale" si intende "il risultato della procedura informatica (validazione) basata su un sistema di chiavi asimmetriche a coppia, una pubblica e una privata, che consente al sottoscrittore tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l'integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici".

    Complessivamente, il quadro normativo in materia di firma digitale risulta - nel 2000 - assai chiaro e preciso; tuttavia, nonostante l'affidabi- Page 336 lità delle tecnologie e la completezza delle norme, le applicazioni concrete di sottoscrizione elettronica degli atti (salvo isolati e ristretti casi, per lo più, a titolo sperimentale), purtroppo, si sono fatte attendere, complice la scarsa confidenza con gli strumenti informatici da parte di coloro (i funzionari pubblici, dietro la spinta, che è mancata, della classe politica) che avrebbero dovuto trainare verso un utilizzo diffuso e condiviso la nuova modalità di perfezionamento degli atti informatici e delle procedure per la teleamministrazione.

    E il legislatore, questa volta, non è venuto in soccorso. Anzi, poco tempo dopo il D.P.R. n. 445/2000, anche il quadro normativo ha iniziato a farsi più torbido, a causa di tutta una serie di provvedimenti in materia di firma digitale, talvolta superflui e spesso generatori di caos. In particolare, ciò è accaduto il 23 gennaio 2002, allorquando, in attuazione della direttiva 1999/93/CE, relativa ad un quadro comunitario per le firme elettroniche, è stato emanato il d.lgs. n. 10, a cui si devono (art. 2) sia la "firma...

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