L'esclusione facoltativa del socio nella s.r.l.
Autore | Manlio Lubrano di Scorpaniello |
Pagine | 567-594 |
Manlio Lubrano di Scorpaniello
L’esclusione facoltativa del socio nella s.r.l.*
S: 1. L’istituto dell’esclusione e la sua ritenuta scarsa o nulla compatibilità con le società di capita-
li: le ragioni. – 2. L’art. 2473 bis, c.c., nel “modello” s.r.l. quale conseguenza dell’introduzione di ele-
menti di rilevanza personale del socio. – 3. Le fattispecie. I concetti di giusta causa e di analiticità
delle cause di esclusione.Conseguenze. – 4. Il procedimento decisionale: la competenza. – 4.1. segue:
Le ragioni fondanti dell’esclusione. – 4.2. segue: L’esclusione negli altri contratti associativi. – 4.3.
segue: Ulteriori possibili organi competenti. – 4.4. segue: La disciplina applicabile in ipotesi di previ-
sione di cause statutarie di esclusione ma non dell’organo competente. – 5. Informazione dei soci,
collegialità, regole per l’impugnazione. – 6. La liquidazione della quota. Cenni. – 7. Peculiarità in
presenza di nalità consortili.
1. Fino alla riforma del 2003 l’esclusione in senso proprio, intesa quale formale
evento risolutivo di singoli rapporti partecipativi, non era prevista nella disciplina delle
società di capitali, potendosi semmai discutere della sua ammissibilità o compatibilità
nelle società consortili, o di “tecniche” dal risultato nale analogo1.
Le ragioni vanno ricercate, essenzialmente, da un lato nel legame inscindibile tra
esclusione e “rilevanza” personale del titolare della partecipazione, elemento quasi per
denizione estraneo ai tipi capitalistici e con esso incompatibile; e, dall’altro, con la
preoccupazione di impedire diminuzioni della consistenza patrimoniale, lesive per i cre-
ditori e pericolose per la continuazione della stessa attività sociale, nascenti dall’obbligo
di liquidazione della quota al socio escluso.
Il tendenziale disfavore per uno strumento spesso ricollegato alla conittualità in-
terna è comprensibile in un ordinamento, come quello italiano, caratterizzato dalla re-
sponsabilità limitata di s.p.a. e s.r.l., e dalla persistenza di un apparato normativo a tute-
la dell’integrità del capitale sociale2, interesse ritenuto generale ed “esterno”, e dunque
preminente rispetto a quelli individualistici o “parziali ed interni” riessi nel recesso o
nell’esclusione; il logico corollario di una simile impostazione è il divieto, o almeno
l’approntamento di cautele, in ordine all’emersione di qualsiasi evento all’interno della
compagine dei soci, il cui esito nale comporti la diminuzione del patrimonio netto.
Se tuttavia una notevole inversione di prospettiva nella disciplina legale si è vericata
relazione all’altro evento produttivo di identici eetti, ossia il recesso3, tanto da potersi
* Il presente lavoro, con lievi modiche, relative soprattutto alla redazione delle note, è pubblicato anche
nella Rivista del diritto commerciale.
1 Secondo la fortunata espressione di P, Le tecniche di esclusione del socio dalla società, Milano 1997.
2 Sulla tutela del capitale sociale della s.r.l. v. ora Pt, Società a responsabilità limitata senza capitale
sociale e imprenditore individuale con “capitale destinato” (capitale sociale quo vadis?), in Riv. soc., 2010, 1237.
3 La letteratura in tema di recesso da s.p.a è vastissima, in continua crescita, e compatta nel sottolineare le
consistenti innovazioni apportate nel 2003. Senza pretese di completezza, e chiedendo venia per le inevita-
bili dimenticanze, si rinvia ai commenti agli artt. 2437-2437 bis -2437 ter di C, in Il nuovo diritto
societario, Commentario, diretto da Cottino, Bonfante, Cagnasso e Montalenti, Bologna-Roma,**, 2004,
1389; C, in La riforma delle società. Commentario del d.lgs 17 gennaio 2003, n.6, a cura di San-
dulli e Santoro, Torino 2003, 879; P, in Società di capitali. Commentario, diretto da Niccolini e
Stagno d’Alcontres, II, Napoli 2004, 1105; G, Il nuovo diritto delle società, diretto da Maei Alberti,
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aermare che, nell’ideale bilanciamento di interessi, si sia di molto ridotto il precedente
rigore legislativo a presidio dei creditori esterni, una più incisiva esigenza di tutela del
capitale è stata ritenuta ancora razionale quanto all’esclusione, ma con un signicativo
distinguo. Non è infatti un caso che l’istituto non trovi ingresso nella s.p.a. e nella s.a.p.a.,
unici modelli a poter essere deniti di capitali in senso stretto4, mentre nella s.r.l. l’esclu-
sione è oggi consentita, ma solo se espressamente inserita nello statuto e in presenza di
determinate condizioni.
La cautela verso questo rimedio5, benchè oggi in parte attenuata, ben si comprende
osservando alcuni proli strutturali e di funzionamento.
L’esclusione è il modo denitivo con cui le altri parti del contratto sociale (o gli
amministratori laddove sia consentito, come, ad esempio, nelle cooperative) recidono il
vincolo con un certo socio.
Un simile eetto ha di certo maggior signicato e ragion d’essere dove la partecipa-
zione abbia anche un rilievo qualitativo legato alla singola persona, a sue qualità o carat-
teristiche, e sussistano limiti più o meno stringenti allo scioglimento del rapporto me-
diante exit.
Meno intuitivo esso diventa, soprattutto in termini strettamente razionali, quan-
do il peso di ogni socio è puramente quantitativo, legato al numero di azioni possedu-
te, e, al contempo, i titoli di partecipazione sono circolabili, talchè è abbastanza age-
vole costruire percorsi di disinvestimento di reciproca utilità. L’esperienza concreta
suggerisce di non trarre però conclusioni assolute sull’ecienza del principio di circo-
labilità delle azioni in occasione di controversie tra soci: accade a volte che, persino in
compagini azionarie, gli interessi dei soci, o di taluni di loro, non si esauriscano nel
controvalore economico della partecipazione, o che certi conitti non possano trovare
facile soluzione nella cessione volontaria6.
II, Padova 2005, 1464; nonché ai lavori di D P, L’uscita volontaria del socio dalle società di capi-
tali, Milano 2005; R, Il recesso del socio di società di capitali: prime osservazioni dopo la riforma, in
Società, 2003, 923; S R jr, Diritto di recesso e autonomia statutaria, in Riv.dir.comm, 2004, I,
389; T, L’autonomia privata e i suoi limiti nel recesso convenzionale del socio di società di capitali,
ibidem, 347; C, Recesso ad nutum e recesso “per giusta causa” nella s.p.a. e nella s.r.l., ibidem, 497;
D, Il diritto al disinvestimento nelle società per azioni, ibidem, 41; P, Il diritto di recesso
nella s.p.a.: primi rilievi, ibidem, 417; D N, Il diritto di recesso del socio di società per azioni come opzione
di vendita, in Riv. dir. priv., 2004, 329; B, Proli del recesso ad nutum nella società per azioni, in
Contr.impr., 2004, 1125; C B, Il recesso del socio di società di capitali, in Giur.comm., 2005,
I 291; C, Il momento di operatività del recesso nelle società per azioni, ibidem, 317; V, I crite-
ri di valutazione delle azioni in caso di recesso del socio, in Riv.soc., 2005, 309; J, Il nuovo diritto di
recesso: aspetti valutativi, ibidem, 549; C, Nuova disciplina del recesso di società di capitali: proli
interpretativi e applicativi, ibidem, 487; P, Riessioni sulla nuova disciplina del recesso nelle società di
capitali, ibidem, 518; D C, Il recesso del socio di società per azioni, in Il nuovo diritto delle società, Liber
amicorum G.F.Campobasso, diretto da Portale e Abbadessa, 3, Torino, 2007, 219.
4 Ex multis, cfr. C, La società a responsabilità limitata, in Tratt. dir. comm. Cottino, V,1, Padova,
2007, 42, che icasticamente descrive la s.r.l. come di un “ibrido” o “tipo di frontiera” con le società di per-
sone; nello stesso ordine di idee Z, Introduzione alla nuova società a responsabilità limitata, in Riv.
soc., 2003, 58 ss.
5 Per una veloce sintesi storica, v. C, L’esclusione del socio nella società a responsabilità limitata, in Giur.
comm., 2009, I, 816, peraltro uscito mentre il presente lavoro era già avviato in stampa.
6 Talvolta i soci, in qualsiasi modello, portano il conitto (tra di loro o verso gli amministratori) in profon-
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