Esclusa la responsabilità per bancarotta fraudolenta se non vi è prova che il falso in bilancio abbia causato il dissesto Dell’impresa

AutoreFederica Galbiati
Pagine901-903

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@1. La vicenda

L’ordinanza in rassegna viene emessa all’esito del procedimento penale, aperto dalla Procura della Repubblica di Monza, nei confronti dei soci amministratori di una società di capitali che, dichiarata fallita qualche mese prima, aveva iscritto nei bilanci degli ultimi due anni, precedenti la dichiarazione di fallimento, false dichiarazioni e, in particolare, aveva esposto crediti inesistenti afferenti a non meglio identificate fatture da emettere, così esponendo un risultato di utile in luogo dell’effettiva perdita di esercizio.

Da qui l’imputazione per bancarotta fraudolenta commessa con le condotte di cui all’art. 2621 c.c. ovvero mediante la falsificazione del bilancio e delle altre scritture contabili.

Il difensore degli imputati chiedeva di definire il procedimento con il giudizio abbreviato, condizionato all’escussione del proprio consulente contabile al quale era stato conferito l’incarico di analizzare la contabilità della società nel periodo precedente la dichiarazione di fallimento e, in particolare, nei periodi antecedente e successivo le false appostazioni contabili.

Più specificamente veniva richiesto al consulente di verificare l’eventuale sussistenza di un nesso causale fra il falso in bilancio, non contestato dagli imputati, e la difficoltà della società di adempiere alle proprie obbligazione che aveva condotto al dissesto.

Il consulente degli imputati, analizzando la contabilità sociale, rilevava che la crisi della stessa fosse risalente di almeno due anni rispetto alla falsificazione.

Applicando, infatti, ai Conti sociali gli indici di liquidità corrente e di liquidità immediata (indici che se superiori all’unità permettono di evidenziare lo stato di salute dell’impresa e, qualora inferiori, la difficoltà di attendere alle proprie obbligazioni) si evidenziava come il dissesto dell’impresa fosse già latente da tempo e che, sulla determinazione dello stesso, alcuna influenza aveva avuto la falsa appostazione contabile.

Quest’ultima, infatti, si collocava temporalmente, allorché il dissesto della società era già in atto e, di fatto, non aveva condotto ad alcun aggravamento dello stesso.

Evidenziava, a tale proposito, il consulente che la dichiarazione di fallimento avrebbe potuto giungere anche tempo prima della falsa appostazione contabile e che il ritardo era stato determinato, esclusivamente, dalla tipologia dei principali creditori sociali.

Altro aspetto interessante che emergeva dall’esame del consulente di parte, infatti, era la tipologia dei principali creditori dell’impresa fallita.

Il debito della società, infatti, era rappresentato in larga misura da debiti erariali e gli unici creditori sociali erano l’Inps e l’Esatri, enti che si caratterizzano, da un lato, dalla lentezza con la quale procedono al recupero dei loro crediti e, dall’altro, per il fatto di non essere creditori, quali banche e fornitori, portati all’analisi dei bilanci delle società al fine di concedere ulteriore credito.

Questo dato è ulteriormente importante al fine di valutare l’incidenza della falsa appostazione contabile nella vicenda in esame, e per comprendere la...

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