Osservazioni in tema di elusione fiscale alla luce delle conclusioni di un recente arresto della giurisprudenza di merito
Autore | Ardito Francesco |
Pagine | 99-104 |
99
giur
Rivista penale 1/2012
MERITO
OSSERVAZIONI IN TEMA
DI ELUSIONE FISCALE ALLA
LUCE DELLE CONCLUSIONI DI
UN RECENTE ARRESTO DELLA
GIURISPRUDENZA DI MERITO
di Francesco Ardito
SOMMARIO
1. Ricostruzione del fatto. 2. L’elusione fiscale: dalla sanzio-
nabilità amministrativa alla fattispecie penale. 3. La decisio-
ne del Tribunale di Milano. 4. L’ipotesi della truffa aggravata.
5. L’autonomia dei due procedimenti.
1. Ricostruzione del fatto
La questione affrontata dal Tribunale di Milano - Ufficio
del G.I.P., attiene al profilo più raffinato dei rapporti tra Am-
ministrazione finanziaria e contribuenti: la rincorsa fra pro-
duzione di norme antielusive e la capacità del contribuente
di individuare condotte per disattenderle, utilizzando stru-
mentalmente costruzioni economiche-giuridiche comples-
se ed articolate che, pur tutte di per sé lecite, consentono
di non realizzare la fattispecie imponibile o di realizzarne
una meno rigorosa per il contribuente (1). E la decisione in
commento, che si caratterizza per il rigore e la puntualità
dell’iter logico motivazionale, offre punti di riferimento si-
curi circa la problematica dell’eventuale rilevanza dell’elu-
sione fiscale quale condotta penalisticamente sanzionabile.
Appare necessario, anzi indispensabile, partire dalla ri-
costruzione del “fatto” così come si rileva dalla sentenza.
In particolare, sino al 2004 il controllo del Gruppo Alfa,
leader mondiale nel settore della moda, veniva esercitato
attraverso la società Holding Alfa s.r.l., interamente pos-
seduta con quote paritarie dai due stilisti D.D. e S.G.. La
Holding Alfa s.r.l. deteneva a sua volta il controllo diretto
per il 90% della Alfa s.r.l. e, attraverso quest’ultima, il con-
trollo (51%) della Alfa Industria s.p.a., secondo i seguenti
ruoli: la Alfa s.r.l. era licenziataria dei marchi con facoltà
di sub-licenza ai produttori; invece la Alfa Industria s.p.a.
era licenziataria dei marchi e unità produttiva principale.
La struttura societaria presentava un elemento di
debolezza, la circostanza cioè che la proprietà dei mar-
chi fosse esterna al gruppo e facesse capo ai due stilisti
personalmente, i quali come persone fisiche possedevano
i marchi in comunione tra loro al 50%, con la conseguenza
che eventuali dissidi fra i due soci avrebbero avuto effetti
diretti ed immediati sulla gestione del gruppo tanto che si
sarebbe potuti arrivare ad una situazione di blocco nell’as-
sunzione delle decisioni.
Pertanto, nel marzo del 2004 venivano costituite le so-
cietà lussemburghesi Alfa Luxembourg s.a.r.l. (2) e Beta
s.a.r.l., interamente partecipata dalla prima. Contestual-
mente, D.D. e S.G. cedevano la titolarità dei loro marchi
alla società lussemburghese Beta s.a.r.l. per il corrispetti-
vo pattuito di 360 milioni di euro, sulla base di una valuta-
zione effettuata da una primaria società di consulenza.
Con nuovi contratti i marchi venivano, poi, concessi in
licenza dalla nuova proprietaria licenziante Beta s.a.r.l. in
via esclusiva alla Alfa s.r.l., contro la previsione del paga-
mento di royalties da determinarsi percentualmente sul
fatturato nella misura compresa tra il 3 e l’8%, secondo
le linee di prodotto. In questo modo, le royalties venivano
percepite non più dagli stilisti personalmente, ma dalla
società Beta s.a.r.l., che secondo il diritto fiscale di quel
Paese aveva stipulato un accordo di negoziazione del livel-
lo impositivo (c.d. ruling), grazie al quale la misura delle
imposte sui redditi veniva stabilita in modo individuale e
fisso nella misura del 4% circa, con un vistoso vantaggio
fiscale.
Le ragioni della ristrutturazione erano, quindi, sostan-
zialmente due: collocare i marchi in un mercato di rilevan-
za internazionale nella prospettiva di una quotazione della
società che li detiene ed ottimizzare il posizionamento fi-
scale. Infatti, dal punto di vista fiscale gli utili derivanti
dalle royalties non sono più assoggettati alla tassazione
italiana dei redditi delle persone fisiche, ma sono sottopo-
sti solo al prelievo del 4% e, nello stesso tempo, le royalties
sono costi deducibili della società italiana del gruppo, ga-
rantendo così un ulteriore risparmio d’imposta.
Secondo l’Amministrazione finanziaria la comples-
sa operazione di ristrutturazione sarebbe stata realiz-
zata unicamente al fine di sottrarre ad imposizione le
royalties prodotte dai marchi che sarebbero stati ceduti
in maniera simulata ad un prezzo inferiore a quello che
fisiologicamente sarebbe stato stabilito in una situazione
di libero mercato (che l’Amministrazione quantifica in
euro 1.193.712.000) e, pertanto, considera sottratta al fi-
sco la reale plusvalenza, pari alla differenza tra quanto di-
chiarato, cioè euro 360.000.000 e quanto accertato, ovvia-
mente diviso fra i due stilisti. In sostanza, il presupposto
dichiarato dell’operazione da parte dell’Amministrazione
è che la stessa cessione del marchio integra la figura del
cosiddetto “abuso del diritto” in quanto si inquadrerebbe
nel fenomeno della esterovestizione delle società lussem-
burghesi (holding e acquirente/proprietaria dei marchi)
(3). Tale condotta viene, peraltro, considerata integrante
la fattispecie delittuosa di dichiarazione infedele di cui
all’art. 4 del D.L.vo n.74/2000.
Quanto alla complessa operazione di ristrutturazione,
si è imputato ai due stilisti, agli amministratori di fatto
della Beta s.a.r.l. ed al commercialista responsabile del-
l’operazione, il reato di truffa aggravata di cui all’art. 640,
comma 2, c.p..
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