Riflessioni generali sul valore probatorio dei verbali di accertamento elevati dai pubblici ufficiali e spunti specifici sulle relative principali problematiche in tema di accertamento tramite autovelox

AutoreAldo Carrato
Pagine895-898

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Il processo verbale di accertamento redatto da apposito pubblico ufficiale legittimato ad elevarlo si distingue sotto il profilo contenutistico - secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente - con riguardo a tre tipi di connotazione.

In linea di principio, quando il verbale è stato legittimamente predisposto da un pubblico ufficiale a ciò abilitato, ad esso viene riconosciuto il valore di piena prova, in conformità del disposto dell'art. 2700 c.c., nel senso che lo stesso fa fede, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dall'agente accertatore, come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza, oltre che, naturalmente, in relazione alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale e alle dichiarazioni delle parti rese e raccolte all'atto della contestazione, salva la prova contraria della veridicità sostanziale delle dichiarazioni medesime 1.

Agli altri fatti emergenti dal verbale - ma che il pubblico ufficiale non attesta essersi verificati alla sua presenza o come da lui compiuti - è riconducibile, lungi dall'essere rivestiti dell'anzidetta valenza di prova privilegiata, una limitata efficacia probatoria. La stessa giurisprudenza ha, peraltro, chiarito sul punto che, in relazione a tutte le altre circostanze non accertate in modo diretto dal verbalizzante, ma essenzialmente verificate mediante operazioni tecniche enunciate nel verbale, quest'ultimo diviene «liberamente apprezzabile» da parte del giudice in sede di opposizione, onde non si può escludere che gli stessi fatti possano essere posti anche a fondamento della decisione del giudice stesso - possedendo, in senso generale, un indubbio grado di attendibilità - qualora non siano infirmati da una specifica prova contraria 2.

Ad un terzo livello si colloca il contenuto dei verbali relativamente alle eventuali valutazioni di carattere giuridico o di mero ordine soggettivo operate dal pubblico ufficiale: esse, secondo l'orientamento giurisprudenziale assolutamente predominante 3, non ricoprono alcuna rilevanza ai fini della risoluzione della controversia da parte del giudice civile nel processo di opposizione in argomento, non essendo equiparabili ad alcuno dei fatti rappresentati innanzi e ricompresi nelle due esposte categorie 4.

Questo complessivo inquadramento è stato riconfermato nella sua essenzialità dall'orientamento manifestato dalla stessa Corte di legittimità nella sua massima espressione nomofilattica, con l'indicazione di ulteriori puntualizzazioni che, considerate globalmente, hanno rinforzato la fondatezza delle ragioni sostenute dalla giurisprudenza pregressa già ampiamente maggioritaria, indirizzando il percorso di quella successivamente sviluppatasi 5.

In estrema sintesi la Cassazione, nella sua composizione a sezioni unite, con la sent. n. 12545/1992 ha inteso vigorosamente puntualizzare nuovamente che il processo verbale di accertamento di una violazione amministrativa formato da un pubblico ufficiale rappresenta l'espressione di uno specifico potere di documentazione con effetti costitutivi sostanziali: pertanto ad esso è ascrivibile la natura di prova legale propriamente incasellabile nell'art. 2700 c.c., che si correla alla connotazione strettamente processual-civilistica del giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione così come invero strutturato ai sensi dell'art. 23 della L. n. 689/81 e, quindi - non sussistendo alcuna disposizione o principio che consente di derogare a questa regola tipica del processo civile 6 - il verbale di accertamento fa piena prova fino a querela di falso intorno ai fatti innanzi elencati, ferma rimanendo la possibilità di addurre la prova contraria sulla veridicità sostanziale o contenutistica delle dichiarazioni.

E non può dirsi che il concetto appena enunciato possa ritenersi scalfito dalla riflessione in virtù della quale - partendosi dal presupposto che la sanzione amministrativa costituisce manifestazione di autotutela per essere l'ente pubblico portatore di un proprio interesse all'osservanza delle norme, distinto e separato, oltre che differente da quello collettivo - si verrebbe ad essere portati a pervenire al conferimento della legittimazione alla singola amministrazione, titolare della potestà sanzionatoria, di un potere di precostituzione di una prova privilegiata, con conseguente disparità delle posizioni processuali delle parti 7.

Infatti, a confutazione di quanto appena riferito e posto in chiave problematica, si è rilevato che la considerazione compiuta non tiene conto della circostanza che l'obbligazione di corrispondere una somma di denaro a titolo di sanzione amministrativa nasce con la violazione (legittimamente accertata), mentre all'autorità competente per l'emanazione dell'ordinanza-ingiunzione è attribuita soltanto la funzione di indurre il trasgressore al pagamento, rendendo liquido ed esigibile il credito (attraverso la formazione di un titolo esecutivo stragiudiziale).

Inoltre si deve aggiungere che la pubblica amministrazione convenuta in giudizio, con l'emissione del provvedimento sanzionatorio adempie al dovere di procedere alla riscossione del credito riconducibile alla violazione, in via di autotutela meramente esecutiva, ed il giudice, in sede oppositiva, è tenuto a controllare non solo la validità formale del predetto provvedimento, ma deve estendere il suo sindacato anche sul piano della validità sostanziale, ovvero procedere alla verifica della sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto concorrenti alla configurazione della violazione. In tal senso viene a determinarsi un giudizio sul rapporto il quale, pur atteggiandosi formalmente come impugnazione dell'atto amministrativo, costituisce il motivo per accedere alla fase di tutela giurisdizionale, con la conseguenza che la materia del contendere (ad eccezione dell'ipotesi in cui non si versi nell'eventualità dell'inesistenza radicale dell'ordinanza-ingiunzione opposta) è delimitata dall'atto di opposizione e dalle successive possibili modificazioni consentitePage 896 nei limiti stabiliti dalle relative disposizioni del codice di rito.

Né - si è posto in evidenza - sussiste un pregiudizio in assoluto del diritto di difesa, dal momento che, in relazione alle circostanze assistite dall'efficacia privilegiata codificata nell'art. 2700 c.c., è garantita dall'ordinamento la facoltà di esperire la querela di falso 8. In tal senso si è pronunciata pure la Corte costituzionale che, rigettando la relativa questione di legittimità, ha rimarcato la rispondenza ai principi ispiratori del sistema giuridico della ragione giustificatrice dell'efficacia probatoria privilegiata in discorso, essendo essa individuabile nella tutela del superiore interesse alla certezza giuridica dell'attività svolta dai pubblici ufficiali (che sovrintende anche all'altro principio della presunzione di legittimità dell'attività amministrativa), e quindi anche nell'esigenza di assicurare il buon andamento della pubblica amministrazione 9. Sulla scorta di questi valori il Giudice delle leggi, operando un bilanciamento degli interessi, ha ritenuto congruo il maggior onere a cui si espone il cittadino in sede processuale nella difesa dei suoi interessi, che, in ogni caso, è appunto garantita dalla possibilità di ricorrere allo strumento della querela di falso 10.

Al di là delle riportate circostanze è, comunque, da escludere - come anticipato - l'indispensabilità di azionare il rimedio della querela di falso quando l'opponente vuole contestare la rispondenza alla realtà delle valutazioni compiute dal pubblico ufficiale. Ciò sta a significare che la richiamata fede privilegiata non può essere attribuita né ai giudizi valutativi né alla menzione di quelle circostanze inerenti a fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale e che, però, si risolvono in suoi apprezzamenti personali. A quest'ultimo proposito si è fatto notare che la Cassazione, nell'arresto a sezioni unite del 1992, ha, però, in sostanza, introdotto «un criterio empirico, concernente il grado oggettivo di attendibilità dell'accertamento stesso, da desumersi in relazione alle circostanze nel corso delle quali il fatto è stato rilevato» 11, distinguendo tra percezione sensoriale organizzata o meno staticamente 12, rimanendo però problematico comprendere, sia sotto un profilo logico che dal punto di vista dell'attuazione concreta, «se sia sempre possibile una distinzione tra il momento conoscitivo e il momento...

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