Il punto normativo e giurisprudenziale sul c.d. Elettrosmog da radiotrasmissione e telefonia cellulare

AutoreStefano Maglia
Pagine231-233

Page 231

    Relazione svolta al Convegno «Campi elettromagnetici generati da sistemi fissi per telecomunicazioni e radiotelevisivi», tenutosi a Bologna il 29 gennaio 1999.

L'inquinamento elettromagnetico è probabilmente una delle forme di danno alla salute ed all'ambiente potenzialmente più pericolose; tanto più pericolosa e subdola proprio perché ancora poco conosciuta e poco studiata.

Potenziale aumento della leucemia infantile; potenziale pericolosità di cellulari, televisori e phon; potenziale incremento di rischi tumorali per chi abita vicino ad elettrodotti. Tutto potenziale o, tuttalpiù, possibile quando non probabile.

Il rischio di finire come con l'amianto è elevatissimo. Un prodotto usato persino come coibentante per le scuole si è rivelato (dopo quanti anni?) una pericolosissima sostanza per l'organismo umano.

Gli interessi in gioco sono enormi. Si pensi solo al settore delle telecomunicazioni, probabilmente quello di maggior impatto economico-politico mondiale.

Fatto sta che la legislazione italiana (pur essendo tra le più avanzate in Europa) si è occupata molto limitatamente di questo tema e, fino a poco tempo fa, solo con riferimento alle basse frequenze (elettrodotti) o alla salute dei lavoratori.

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 257 del 3 novembre scorso è stato infine pubblicato il decreto del Ministero dell'ambiente (d'intesa con quelli delle sanità e delle comunicazioni) 10 settembre 1998, n. 381, regolamento recante norme per le determinazioni dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana, decreto entrato in vigore il 2 gennaio scorso.

Finalmente, pur con certi evidenti limiti, anche le emissioni da campi elettromagnetici in alta frequenza iniziano ad avere una loro regolamentazione.

Non è certo né mio compito né mia intenzione addentrarmi nelle diatribe squisitamente tecniche relative alla qualità dei limiti fissati e - più in generale - alla discussione scientifica attorno ai reali effetti delle radiazioni elettromagnetiche sulla salute, ma certamente - perlomeno da utente - non posso fare a meno di sollevare alcune perplessità sullo stato del dibattito in corso su quest'ultimo aspetto, se non altro con riferimento ai documenti che ho avuto modo di consultare nella preparazione a questo incontro ed all'esame della pur scarsa giurisprudenza sinora espressasi su questo tema.

A Bologna nel 1996 la Giunta comunale istituì una commissione tecnico-scientifica al fine di approfondire la tematica, commissione che formulò una proposta conclusiva nella quale si suggerivano «i limiti di campo per le frequenze estremamente basse (50 Hr.) e per le alte frequenze e quindi per le linee elettriche e per i campi elettromagnetici generati da antenne per telefoni cellulari e televisivi».

Sempre in tale proposta conclusiva si legge: «Le evidenze di cancerogenicità dei campi elettromagnetici (CEM), ancora non del tutto convincenti, sono così riassumibili:

a) gli studi epidemiologici suggeriscono che i campi elettrici e magnetici a bassa frequenza (50/60 Hz) vadano classificati come "probabili cancerogeni" anche se la positiva associazione tra esposizione a tali campi e alcuni tipi di tumore, quali la leucemia infantile e, in alcuni studi, i tumori cerebrali e mammari nel maschio, appare di modesta entità e non è sufficiente a stabilire un nesso causale tra esposizione ed effetto patogeno;

b) l'esposizione ai campi ad alta frequenza (radiofrequenze, microonde) sembra rappresentare un possibile fattore cancerogeno per l'uomo, sia pure di modesta entità, con bersagli dell'azione oncogena simili a quelli citati per le ELF, anche se i dati disponibili sono assai più scarsi di quelli relativi alle basse frequenze».

Venivano poi suggerite norme di cautela personale relative all'uso di termocoperte, televisioni, phon, rasoi elettrici, apparecchi aerosol, radiosveglie, forni a microonde e telefoni cellulari.

In particolare si raccomandava - a chi deve prendere decisioni pubbliche - di «mantenere adeguata distanza dai ripetitori televisivi che in Italia sono molto numerosi e ad alta potenza; non installare antenne e stazioni radiobase per cellulari in prossimità di scuole, asili e altri luoghi per l'infanzia, senza una preventiva valutazione e successive misurazioni dei campi».

Il mio intervento è incentrato sull'analisi tecnico-giuridica del decreto in questione e sul punto della giurisprudenza italiana in materia di elettrosmog.

Ritengo innanzitutto opportuno e doveroso...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT