Rifiuti destinati al recupero. I Parametri elaborati dalla giurisprudenza ed I criteri fissati nel d.m. 5 Febbraio 1998, recante «individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli artt. 31 E 33 del d.l.vo 5 febbraio 1997 n. 22»

AutoreSerenella Beltrame
Pagine376-377

Page 376

La sentenza che si annota offre lo spunto per alcune considerazioni in tema di rifiuti destinati al recupero e, in particolare, in ordine all'applicabilità dei criteri elaborati dalla Suprema Corte in materia di residui riutilizzabili - secondo la disciplina introdotta con i decreti leggi più volte reiterati in passato ed i cui effetti sono stati consolidati con la legge di sanatoria n. 575/1996 - in riferimento alle recenti norme tecniche di cui al D.M. 5 febbraio 1998 1, emanate in attuazione degli artt. 31 e 33, del D.L.vo 5 febbraio 1997, n. 22.

Com'è noto, quest'ultime disposizioni introducono una procedura amministrativa più snella sotto il profilo burocratico, ovvero il regime della «comunicazione», per determinate categorie di rifiuti destinati al recupero, in deroga a quella ordinaria dell'«autorizzazione», di cui agli artt. 27 e 28 D.L.vo n. 22.

Va evidenziato che le norme tecniche relative al recupero dei rifiuti pericolosi non sono state ancora emanate e che il termine di cui gli artt. 33, comma 6, e 57, comma 6, D.L.vo n. 22/97, relativo all'operatività dei vecchi decreti ministeriali (D.M. 5 settembre 1994 e D.M. 16 gennaio 1995) durante il periodo transitorio, cioè in attesa dell'entrata in vigore delle predette, è scaduto il 3 marzo 1998 2.

La legislazione dell'emergenza è contrassegnata da un incessante mutamento della terminologia con la quale vengono contrassegnati i «residui»(ora «rifiuti» a tutti gli effetti, secondo il D.L.vo n. 22/97), diversa pure nell'ambito dello stesso decreto legge: dai «residui destinati al riutilizzo» si passa ai «residui individuati», per poi arrivare, negli ultimi due decreti legge, ai «rifiuti individuati come residui» che, nonostante la qualifica nominale di «rifiuto», rimangono comunque esclusi dall'ambito operativo della normativa del D.P.R. n. 915.

Rispetto alle prescrizioni indicate nel D.M. 5 settembre 1994 è stato sottolineato 3 che le stesse non sempre contengono per ciascuna tipologia di residuo gli elementi fissati nell'art. 5, comma 1, del D.L. 8 luglio 1994, n. 159 4, che costituiscono i requisiti specifici posti dal legislatore al fine di garantire la salvaguardia della salute e dell'ambiente ed ai quali le regole di fonte secondaria dovrebbero corrispondere; ne consegue che, nel caso in cui la prescrizione ministeriale risulti carente sotto il profilo anzi menzionato, il residuo non può ritenersi «individuato» - secondo i parametri indicati dal decreto legge - proprio perché difettano nella norma tecnica i presupposti che rendono operativa la disciplina agevolata e, quindi, il materiale rimane assoggettato alle regole generali sui rifiuti.

In linea con questa interpretazione, la giurisprudenza ha precisato che «la decretazione d'urgenza di modifica al D.P.R. 915/82 in materia di rifiuti, nel creare la categoria dei residui e dei materiali quotati in borsa presuppone implicitamente la necessità di una garanzia non puramente nominalistica del riutilizzo dei materiali nel senso che deve documentarsi la effettiva e inequivoca destinazione al riutilizzo il quale non può essere supposto e teorico, né ritenuto in re ipsa per il solo fatto del cenno al tipo di materiale nel sistema degli elenchi creati dalla decretazione d'urgenza in questione. La fase successiva del riutilizzo deve essere dunque provata in via pregiudiziale e ciò presuppone la verifica che il materiale sia quotato in borsa o che il residuo («individuato» ai sensi del D.M. 5 settembre 1995) risponda per provenienza e destinazione al decreto ministeriale. Nel contempo si deve verificare l'osservanza degli adempimenti previsti dal decreto legge vigente. In caso contrario, e cioè quando questa effettiva destinazione non risulta provata, in sede dibattimentale si devono applicare i principi base originari del D.P.R. 915/82 perché il materiale resta un rifiuto e quindi non è assoggettato alla "disciplina agevolata" prevista dai decreti legge» 5.

Sul piano processuale, come nella fattispecie considerata dalla sentenza di cui in massima, a fronte della contestazione di attività di smaltimento di rifiuti prodotti da terzi, in carenza di autorizzazione, ex...

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