Il principio edonistico nel danno patrimoniale da uccisione, quale estensione del riconosciuto principio dei danni riflessi del congiunto del leso

AutoreGiovanni Benito Agrizzi
Pagine961-962

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Il vero danno da uccisione, quello sentito maggiormente dai congiunti, e al quale deve essere dato conseguentemente il più importante riconoscimento, anche sotto il profilo economico, come effettivo danno patrimoniale, è la perdita della presenza e del godimento della persona cara; cioè, la perdita dei concreti contenuti e diritti del rapporto parentale, di cui quotidianamente il congiunto aveva diritto di godere e dei quali è stato privato con la sua morte, rendendo la sua vita vuota di valori, di interessi e di scopi.

Questo risarcimento è fondato su una verità assoluta che nessuno può negare: infatti se si ritiene che possano essere risarciti ai superstiti solo il prezzo del dolore sofferto per la morte della persona cara e i denari perduti con la sua morte, perché egli non potrà più darli, rimane per loro non risarcito il danno più rilevante e più vero, che è la mancanza della persona cara; che era, appena ieri, per la moglie, per il marito, per il genitore, per il figlio, per il fratello, il punto di riferimento ed una porzione della sua vita, un suo patrimonio importante, che egli godeva, (perché come parente aveva il diritto di goderlo), e che oggi non esiste più, ed ogni godimento di esso è finito.

Quando muore la moglie, per il marito non muore solo la casalinga, che accudiva lui e i figli: se anche gli risarciscono il mancato lucro della casalinga o il danno per sostituirla con una cameriera, rimane per lui da risarcire il danno più rilevante, quello che rappresenta il contenuto vero dello status coniugale, cioè il sesso, la compagnia, l'affetto, il sostegno, l'aiuto morale, la costante presenza della compagna della sua vita. Nulla ha a che vedere tutto ciò col danno morale, con la sofferenza patita per la morte della moglie.

Questo danno ha un preciso valore patrimoniale, poiché ciascuno dei contenuti che costituiscono i diritti e i doveri di coniuge vengono a mancare al marito per sempre, alterando completamente la sua vita futura: queste mancanze costituiscono un gravissimo danno irreparabile che va risarcito adeguatamente al marito. Ed ugualmente avviene ovviamente per gli altri rapporti parentali: di figlio, di genitore e di fratello e di sorella.

È strano che si facciano tanti discorsi difficili per negare l'evidenza di questi pregiudizi per il caso di uccisione, quando essi sono riconosciuti ormai unanimamente nei casi di lesioni, con il risarcimento dei c.d. diritti riflessi dei congiunti del leso. Ad esempio di tale riconoscimento citiamo l'insegnamento della Suprema Corte, che tramite la sentenza della sez. III civile del 17 settembre 1996 n. 8305 (in questa Rivista, gennaio 1997, pag. 27) ribadisce il suo indirizzo ormai adulto: «nel caso di fatto illecito, che abbia colpito il congiunto, senza causarne la morte, è ammissibile la richiesta di risarcimento della lesione dei cosiddetti Diritti Riflessi di cui sono portatori...

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