Considerazioni sull'ente ecclesiastico civilmente riconosciuto

AutoreDalla Torre G.
Pagine711-720
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Giuseppe Dalla Torre
CONSIDERAZIONI SULL’ENTE ECCLESIASTICO
CIVILMENTE RICONOSCIUTO
SOMMARIO: I. Annotazioni preliminari. - II. Le norme costituzionali e la loro incidenza sulla materia degli
enti ecclesiastici. - III. L’ente ecclesiastico nella legge n. 222 del 1985. - IV. Considerazioni conclusive. -
VI. Cenni di bibliografia.
I. Annotazioni preliminari
È noto che il Concordato del 1929, se venne ad innovare profondamente in diversi
ambiti come quello matrimoniale la precedente disciplina, per quanto riguarda la
complessa materia degli enti ecclesiastici si limitò sostanzialmente ad apportare degli
aggiustamenti alla disciplina giuridica ereditata dalletà liberale. Viceversa lAccordo
di Villa Madama del 1984, che mentre nella generalità delle materie già oggetto di di-
sciplina concordataria si limitò in sostanza ad una mera armonizzazione costituzionale
si pensi, ancora, in materia matrimoniale, o di insegnamento della religione nelle
scuole pubbliche , per quanto riguarda gli enti, pose le basi per un definitivo supera-
mento della situazione ereditata dalletà risorgimentale e post-risorgimentale. Su tali
basi poi, la Commissione paritetica istituita grazie allart. 7 comma 6 dellAccordo di
revisione venne ad elaborare una normativa dettagliata ed assai innovativa, tradotta poi
nella legge 20 maggio 1985, n. 222, recante «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici
in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi».
Dunque solo con questa legge si raggiunse un obbiettivo invano perseguito dalla
Legge delle Guarentigie (art. 18), dalla Commissione Mattei-Gentili del 1925, dallo
stesso Concordato fascista che se da un lato tendeva a congelare la normativa vigente,
dallaltro lato apriva prospettive di riforme da perseguire attraverso nuovi accordi, co-
me nel caso del sistema dei supplementi di congrua (art. 30, terzo comma).
Al fine di poter percepire con nettezza i caratteri innovativi della legge n. 222 del
1985, giova richiamare, seppure brevemente, il quadro storico che la precedette.
Storicamente la categoria degli enti ecclesiastici, come la intendiamo oggi, viene
fatta tradizionalmente risalire alle disposizioni del Concordato del 1929.
In realtà il Concordato costituì una tappa importante ma non definitiva di questo
percorso: come sè detto, esso guardava prevalentemente al passato con lintento di sa-
nare una situazione di conflitto tra lo Stato e la Chiesa cattolica.
Nella legislazione di epoca liberale quelli che noi denominiamo «enti ecclesiasti-
ci» erano qualificati come «istituti pubblici ecclesiastici», assimilati agli altri «corpi
morali legalmente riconosciuti», e come tali soggetti alle «leggi e gli usi osservati co-
me diritto pubblico» (art. 2, cod. civ. del 1865). Non costituivano pertanto unauto-
noma categoria di enti contraddistinta da un regime peculiare ed unitario, ma risultava-
no sottoposti, come le altre persone morali, ad esclusione delle società commerciali,
alle norme di diritto pubblico specificamente previste per ciascuna di esse, tra cui quel-
le risalenti agli ordinamenti degli Stati preunitari, purché non abrogate o divenute in-
compatibili con la nuova legislazione.
Era emblematico in tal senso il testo dellart. 433 del codice civile del 1865: «I
beni degli istituti civili od ecclesiastici e degli altri corpi morali appartengono ai mede-
simi, in quanto le leggi del regno riconoscano in essi la capacità di acquistare o di pos-
sedere», ove era evidente lintento del legislatore civile di conformare la capacità pa-

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