Le eccezioni alle quattro obiezioni giurisprudenziali al danno esistenziale

AutoreGiuseppe Cassano
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Dopo l'intervento della Corte di Cassazione 7713/2000 e a fronte di un dibattito dottrinale che ha coinvolto le Riviste di settore e non solo, la giurisprudenza, in alcuni casi, non solo ha sentito la necessità di partecipare al dibattito, con sentenze che pur hanno accolto la tesi del danno esistenziale (alcune volte hanno confuso la neo-categoria), ma conscia dell'esistenza di una nuova categoria risarcitoria, ne ha indicato i possibili limiti e verificato la compatibilità con il sistema della responsabilità civile (le sentenze superano sicuramente il centinaio; cfr. CASSANO, La giurisprudenza del danno esistenziale, II ed., Ed. La Tribuna Piacenza 2002, 1-1014).

In quest'ultimo senso deve segnalarsi la sentenza Trib. Roma 7 marzo 2002 (in Resp. civ. e prev., 2002, 793), che in maniera netta sembra aver chiuso ogni prospettiva al danno esistenziale, criticando gli orientamenti giurisprudenziali sulla base di un quadruplice ordine di motivazioni. Coeva alla pronuncia del giudice romano è la sentenza Trib. Torre Annunziata 25 marzo 2002 (in Fam. e diritto 2002, 509), chiamato a decidere se liquidare o meno un danno esistenziale richiesto da due coniugi per l'interruzione forzata della gravidanza a seguito di investimento stradale, e che ne accoglie la richiesta partendo dalla considerazione della incapienza concettuale del danno biologico e del danno morale rispetto alla fattispecie e agli strascichi soggettivi di una coppia di coniugi che aveva subito la perdita del feto per effetto dell'azione illecita del terzo.

Nella maggior parte delle decisioni che hanno ritenuto esistente tale tipo di danno - a dire del Tribunale capitolino - il fondamento normativo viene solitamente ravvisato in una norma composita, ricavata in via interpretativa dal combinato disposto dell'art. 2043 c.c. (sanzione) e di una norma costituzionale (precetto), secondo lo «schema» adottato da Corte costituzionale 184/86 per sostenere la risarcibilità ex art. 2043 c.c. del danno biologico.

A tale orientamento vengono mossi quattro ordini di obiezioni.

In primo luogo, si sostiene che questo orientamento giurisprudenziale favorevole si richiama ad un orientamento, o meglio, ad una (sola) pronuncia della Corte costituzionale, il cui fondamento argomentativo è stato successivamente abbandonato dalla stessa Consulta. Infatti, con la sentenza 372/94 (in Giust. civ., 1994, I, 3029) il Giudice delle leggi avrebbe chiaramente ritenuto non condivisibile il principio secondo cui la lesione di un diritto costituzionalmente protetto fosse risarcibile di per sè, a prescindere dalle conseguenze che tale lesione abbia cagionato; chiaramente affermando che il risarcimento presuppone sempre una «perdita di tipo patrimoniale o personale».

In merito a questo punto, però, certamente può affermarsi che l'evoluzione giurisprudenziale ha seguito una vita diversa. La lesione in sè indica che un bene posto ai massimi vertici della Costituzione riceve tutela per la sua importanza, e la sua lesione ne comporta con sè il danno; nel momento in cui vengono in campo valori che ledono le attività realizzatrici della persona, senza una lesione diretta ed immediata, di beni costituzionali, risulta opportuno verificare quali effettivamente siano tali conseguenze non patrimoniali (risultando così non incompatibili le letture delle due sentenze).

Altra obiezione, da verificare, sostenuta dal magistrato - noto per la particolare attenzione ed il contributo culturale e dottrinale al tema di...

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