La durata novennale per alberghi, teatri e attività assimilate ex art. 1786 C.c., ambito di applicazione con particolare riferimento alle locazioni per alberghi diffusi

AutoreGabriele Spremolla
Pagine34-35
30
dott
1/2019 Arch. loc. cond. e imm.
DOTTRINA
LA DURATA NOVENNALE
PER ALBERGHI, TEATRI
E ATTIVITÀ ASSIMILATE
EX ART. 1786 C.C., AMBITO
DI APPLICAZIONE
CON PARTICOLARE
RIFERIMENTO ALLE LOCAZIONI
PER ALBERGHI DIFFUSI (*)
di Gabriele Spremolla
L’“albergo diffuso” è stato def‌inito come l’albergo che si
sviluppa in orizzontale anziché in verticale, ma tale def‌ini-
zione non è esaustiva.
Infatti anche molti alberghi, come alcuni motel, si svi-
luppano in orizzontale con strutture aff‌iancate ad ingresso
autonomo.
La particolarità dell’” albergo diffuso “è data dall’utiliz-
zazione di strutture preesistenti, anziché di edif‌ici realiz-
zati per un uso esclusivamente alberghiero.
L’albergo diffuso, infatti, nasce dall’occasione di con-
vertire ad un uso alberghiero edif‌ici autonomi, tra loro
vicini, sorti per soddisfare f‌inalità abitative ordinarie non
più attuali.
Il fenomeno in Italia nasce negli anni 70, secondo il sito
“albergodiffuso.com”, in Carnia all’indomani del terremoto
del 1976 per favorire la ripresa economica mediante l’uti-
lizzazione, a f‌ini turistici, di case e borghi disabitati.
Per certo il primo riconoscimento normativo lo si trova
nella L.R. Sardegna 22/1984 – Norme per la classif‌icazione
delle aziende ricettive – che all’art. 3) precisa gli “esercizi
alberghieri possono svolgere la propria attività, oltreché
nella sede principale, o “casa – madre”, ove sono di regola
allogati i servizi di ricevimento e portineria e gli altri servizi
generali di cui si avvalgono gli ospiti, anche in dipendenze.
Le dipendenze possono essere ubicate in immobili di-
versi da quello ove è posta la sede principale, o anche in
una parte separata dello stesso immobile quando ad essa
si accede da un diverso ingresso.”.
Recentemente molte normative regionali, in forza alla
competenza esclusiva ad esse riconosciuta in materia di
turismo dal titolo V della Costituzione, hanno previsto e
regolamentato gli “alberghi diffusi”.
Comune a tutte le normative regionali, è, in ogni caso,
l’interesse allo sviluppo turistico di territori considerati
secondari, e alla riconversione e riutilizzazione di struttu-
re spesso destinate all’abbandono, così da recuperarle dal
punto di vista manutentivo e renderle produttive se non di
un reddito, quanto meno di un utile.
La soluzione dell’“albergo diffuso” se è capace di at-
tirare l’attenzione delle amministrazioni interessate al
recupero paesaggistico e allo sviluppo economico del
territorio, nondimeno può rappresentare un interessante
prospettiva di redditività per la proprietà immobiliare di
strutture da un lato cariche di storia, ma ormai inidonee a
soddisfare esigenze abitative moderne e quindi destinate
all’inutilizzazione e al degrado.
Infatti l’attività viene svolta in locali presi in locazione
all’interno di borghi o centri storici, tra loro vicini, alcuni
dei quali destinati a attività comuni (reception, sale risto-
razione, ritrovo..) altri invece, separati ma non distanti,
utilizzati come camere destinate agli ospiti.
La soluzione di concedere in locazione ad un esercizio
alberghiero la propria casetta nel borgo, anziché utiliz-
zarla in proprio per locazioni turistiche, porta un duplice
vantaggio.
Da un lato libera la proprietà dall’onere di pubbliciz-
zare l’immobile e ricercare ospiti che rimangono normal-
mente per periodi brevi e, quindi, con frequenti ricambi,
dall’onere di dovere attendere l’arrivo e presenziare alla
partenza, assistere l’ospite per tutte le necessità che possa
avere, preoccuparsi di fare pulire e ripristinare l’alloggio
tra una prenotazione e l’altra.
In secondo luogo libera il locatore dall’ambiguità di una
normativa dagli incerti conf‌ini tra l’attività di impresa e
quella non imprenditoriale, foriera di non poche sgradevoli
conseguenze in caso, tutt’altro che infrequente, di contesta-
zione di abusiva attività d’impresa turistica in violazione di
disposizione amministrative, tributarie ed addirittura penali.
Nel momento in cui la proprietà concede l’immobile ad
un albergatore conclude un unico contratto, durevole nel
tempo, di chiara natura locatizia e non soggetto a possibili
contestazioni.
Tuttavia detta soluzione prospetta altre possibili pro-
blematiche.
Si possono individuare due punti critici.
È, infatti, da considerare che gli immobili, così locati,
divengono beni strumentali di un’attività d’impresa e re-
alizzano una diversa destinazione d’uso rispetto a quella
originariamente abitativa.
In secondo luogo i contratti ad uso diverso, nella fat-
tispecie alberghiero, ai sensi dell’art. 27 L. 392/78, preve-
dono una durata minima novennale, peraltro facilmente
estensibile a diciotto anni al primo rinnovo, ed ancora sono
assoggettati alla disciplina dell’indennità di cui all’art. 34
della legge, ed a quella della prelazione e riscatto di cui
agli art. 38 e 39 della L. 398/78.
Per quanto riguarda il cambio di destinazione è da pre-
cisare che l’art. 23 ter del D.P.R. 380/2001 stabilisce che
costituisce cambiamento di destinazione d’uso urbanisti-
camente rilevante “ ogni forma d’ utilizzo dell’immobile o
della singola unità immobiliare diversa da quella origina-
ria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere
edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’im-

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