I doveri di comportamento dell?arbitro

AutoreFrancesco Benatti
Pagine29-40
29
rivista di diritto privato Saggi e pareri
4/2010
I doveri di comportamento dell’arbitro*
di Francesco Benatti
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. I doveri di comportamento dell’arbitro nella fase di
costituzione del collegio. – 3. Segue: durante lo svolgimento del processo. – 4. Segue:
dopo la pronuncia del lodo. – 5. Osservazioni conclusive.
1. L’accresciuta diusione dell’arbitrato nei tempi moderni dipende da una serie
di fattori tra i quali si possono qui ricordare: la crisi della giustizia civile per l’ecces-
siva durata dei processi anche in considerazione dell’aumento del contenzioso, la
non sempre adeguata preparazione dei giudici di fronte a problemi sempre più com-
plessi e ai continui mutamenti legislativi, spesso non procui e perciò con evidenti
dicoltà interpretative, la internazionalizzazione delle controversie. Soprattutto si
avverte nell’arbitrato uno strumento dell’autonomia privata volta a congurare un
processo “su misura”, perciò rispondente alle esigenze delle imprese di avere risposte
credibili, ecienti e autorevoli alla loro richiesta di giustizia. In questa ottica le par-
ti possono contribuire a dettare, nel rispetto dei principi fondamentali del processo,
il regolamento del procedimento con il singolare privilegio di partecipare alla com-
posizione del collegio arbitrale e così evitare l’incognita del giudice precostituito.
Quest’ultima è forse la ragione principale del successo dell’arbitrato e della sua pre-
ferenza rispetto alla giustizia ordinaria1.
Pur essendo un’emanazione della libertà negoziale, dell’arbitrato si è impossessa-
ta la dottrina processualistica che ha insistito e insiste sull’aspetto procedimentale,
mettendo un po’ in ombra quello sostanziale anche per la modesta attenzione dei
* Questo scritto riproduce, con l’aggiunta di alcune note, l’intervento al Convegno tenutosi a Camerino su
“L’arbitro nella moderna giustizia arbitrale” il 24 e 25 settembre 2010. Esso è dedicato agli Scritti in onore
di Giovanni Gabrielli.
1 Qualora l’intero collegio debba essere designato da un’istituzione, ritengo che il ricorso all’arbitrato sia
sconsigliato. Tutte le istituzioni sono, ad un tempo, realtà e astrazioni, e il loro prestigio dipende dai sogget-
ti che le compongono. Poiché dal momento della redazione della clausola compromissoria, nella quale viene
scelta l’istituzione designata a nominare il collegio, e l’inizio dell’arbitrato può trascorrere qualche tempo e
perciò possono mutare i membri dell’istituzione, non sussiste una suciente ragione (a meno che non vi
siano esigenze diverse per la natura internazionale dell’arbitrato) per convenire l’arbitrato in luogo del giu-
dice ordinario: si corre lo stesso “rischio” con l’avvertenza che nel giudizio ordinario esistono più gradi di
giudizio e più mezzi di impugnazione per ottenere la modica di una decisione sfavorevole. Le medesime
considerazioni valgono nel caso di arbitro unico, non essendo frequente l’ipotesi che le parti trovino un’in-
tesa su un nome di comune gradimento.

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