Un diverso paradigma di giustizia: le alternative dispute resolutions
Autore | Frosini T.E. |
Pagine | 1255-1264 |
1255
Tommaso Edoardo Frosini
UN DIVERSO PARADIGMA DI GIUSTIZIA:
LE ALTERNATIVE DISPUTE RESOLUTIONS
SOMMARIO: I. La conciliazione, una filosofia del diritto d’origine americana. - II. Le ADR in Italia, a partire
dalla sussidiarietà della giurisdizione. - III. Una panoramica sulle ADR in Italia. - IV. Focus: la conci-
liazione presso i Co.Re.Com..
I. La conciliazione, una filosofia del diritto d’origine americana
Comincio col dare una definizione della conciliazione nel diritto: una procedura
tramite la quale le parti richiedono l’assistenza di un terzo, o terzi, nel tentativo di rag-
giungere un accordo amichevole rispetto a una controversia derivante da o in relazione
a un rapporto contrattuale o un altro rapporto giuridico.
Conciliare è verbo che ha radici giuridiche antiche, che affondano nelle origini
contrattuali del processo romano, simbolizzate dalla litis contestatio, e percorrono circa
un millennio della storia della tradizione di civil law. Ne troviamo traccia scritta nel
primo codice di procedura civile dell’Italia unita (1865), che si apriva con la seguente
disposizione: «I conciliatori, quando ne siano richiesti, devono adoperarsi per compor-
re le controversie»1. Si era però dentro il processo, seppure in una fase preliminare, alla
ricerca di un risoluzione della lite in grado di sopirla accontentando le parti.
La fuga dal processo giurisdizionale verso metodi alternativi è storia più recente.
Nasce, si afferma e poi diventa modello da far circolare nei sistemi giuridici negli Stati
Uniti d’America, quale scelta di libertà dell’autonomia dei privati. Innanzitutto come
arbitrato, e risale addirittura al 1768 quando la Camera di commercio di New York isti-
tuì un tribunale arbitrale, riservato specialmente per la risoluzione delle controversie
mercantili, sulla spinta dei coloni olandesi che scelsero l’arbitrato come alternativa al
processo per la sua rapidità e il suo basso costo. Un rinnovato interesse per le formule
arbitrali per la risoluzione delle liti si ebbe agli inizi del XX secolo, a causa della ec-
cessiva durata dei processi e dei costi della giurisdizione ordinaria, che finivano con
l’esasperare l’accesso alla giustizia. Allora, il varo di una legge nello stato di New
York, che rendeva le clausole compromissorie vincolanti ed eseguibili dalle corti, e la
nascita, nel 1926, della American Arbitration Association, segnò la piena legittimazio-
ne del ricorso all’arbitrato (amministrato) quale risoluzione alternativa delle controver-
sie, sebbene in prevalenza per gli affari del commercio. Nel frattempo cresceva anche
l’interesse verso la conciliazione, che è cosa diversa dall’arbitrato, seppure venisse ini-
zialmente relegata alle questioni “bagatellari”.
La soluzione delle controversie fuori dalle corti ha caratterizzato significativamen-
te la storia e le vicende giurisdizionali americane, come racconta Jerold Auerbach nel
suo Justice Without Law2. Fino ad anni più recenti: basti pensare che agli inizi del
Duemila la American Arbitra tion Association aveva un carico di amministrazione di
arbitrati di oltre 230.000 istanze. A questo successo concorse un cambiamento di indi-
1 Vale però la pena ricordare quanto affermato dal Ministro Giuseppe Pisanelli nella sua Relazione al
Libro I del Codice di procedura civile del 1865: «la conciliazione delle parti è un’idea che ha molte attrattive,
ma conviene di non esagerarla, e molto più ancora di non forzarla: allora perde ogni pregio e si corre il pericolo
di riuscire ad un fine opposto. Quando lo sperimento della conciliazione si volle rendere obbligatorio, come
preliminare necessario del giudizio, non corrispose alle aspettative e degenerò in una vana formalità»
2 J.S. AUERBACH, Justice Without Law, New York and Oxford, 1983
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