Disposizioni fiscali e finanziarie

AutoreAntonio Uricchio - Mario Aulenta
Pagine851-868
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Disposizioni fiscali e finanziarie
Antonio Uricchio e Mario Aulenta*
Norme commentate: art. 2, commi 47-50; art.
4, commi 69- 79, l. 28 giugno 2012, n. 92.
SOMMARIO: 1. Osservazioni generali. - 2. L’addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeg-
geri sulle aeromobili. - 3. Gli interventi sul Testo Unico delle Imposte sui Redditi. - 3.1
L’introduzione di una franchigia nella deduzione dei Contributi al Servizio Sanitario Nazio-
nale. - 4. La riduzione della deduzione sui canoni di locazione. - 5. La determinazione di un
maggior limite alla deduzione delle spese relative a mezzi di trasporto a motore. - 6. Ridu-
zione delle spese di funzionamento dell’INPS, INAL ed Amministrazione autonoma dei Mo-
nopoli di Stato. - 7. Conclusioni.
1. Come altre recenti riforme del mercato del lavoro (come ad esempio
la c.d. Legge Biagi), anche la l. n. 92 del 2012 non si sottrae alla tentazione
di trascurare i profili fiscali sia in senso impositivo che agevolativo. Pur av-
vertendo in qualche modo l’immanenza del fattore fiscale, il legislatore ri-
nuncia ad adottare un vero e proprio pacchetto “fiscale” del lavoro, compro-
mettendo in modo pressoché inevitabile gli ambiziosi obbiettivi dichiarati nel
titolo della legge (in primis “la prospettiva di crescita”) e ribaditi nel primo
articolo (realizzazione “di un mercato del lavoro inclusivo e dinamico, in
grado di contribuire alla creazione di occupazione”, alla “crescita sociale ed
economica e alla riduzione permanente del tasso di disoccupazione”: cfr.
GHERA, infra, cap. I). È di tutta evidenza che l’intento dichiarato dalla ri-
forma Fornero di assecondare le dinamiche riguardanti offerta e domanda
di lavoro contrastando la disoccupazione e facilitando la conversione dei
rapporti di lavoro da precari a stabili può essere più efficacemente perse-
guito soprattutto attraverso misure fiscali che abbattano il costo del lavo-
ro, assicurando maggiore competitività agli operatori economici nazionali
nel mercato globale.
Pur recando qualche disposizione finanziaria di accompagnamento (di
seguito commentata), la legge 92 difetta di una visione “sistematica” della
fiscalità del lavoro, ritenuta colpevolmente “estranea” o “indifferente” rispet-
to alle sorti della riforma del mercato del lavoro. Eppure è noto che le scelte
fiscali in materia di rapporti di lavoro dispiegano diversi ordini di effetti, sia
sotto il profilo del gettito che sono in grado di generare o di influenzare, sia
sul piano economico e delle politiche del lavoro, potendo stimolare o frenare
processi di sviluppo occupazionale. Non può, tuttavia, negarsi che la scelta di
* Il commento è frutto di una riflessione comune. Tuttavia, il § 1 è da a ttribui re a Antonio
Uricchio e i restanti a Mario Aulenta.
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non toccare i fili della fiscalità del lavoro dipenda dalla profonda crisi che af-
fligge il sistema finanziario pubblico1 e dalla preoccupazione di contrazione
del gettito fiscale in uno dei comparti più largamente esposti alla pressione
fiscale. Secondo una recente indagine condotta dall’osservatorio europeo
“Eurostat” “Taxation trend in the european union”, avente ad oggetto gli as-
setti dell’imposizione fiscale nei diversi Paesi europei, l’Italia si colloca al
primo posto, tra tutti i paesi dell’Unione, per livello di tassazione sul lavoro
dipendente (44%), seguita da Svezia (43,1%) e Belgio (42,3%). Il nostro
Paese conserva il primato anche per pressione fiscale effettiva, cioè quella
che mediamente sopportata da un euro di prodotto legalmente e totalmente
dichiarato (55%).
Come è noto, diversi possono essere gli strumenti attraverso cui ridurre
la pressione fiscale sia nei confronti di tutti i lavoratori dipendenti sia di de-
terminate categorie (evidentemente quelle più deboli come lavoratori precari,
giovani al primo impiego, donne, lavoratori delle regioni più depresse quali
quelle meridionali). A titolo esemplificativo, possono essere richiamati pre-
lievi sostitutivi di tipo proporzionale, esclusioni dalla base imponibile di taluni
compensi incentivanti o legati al merito, ripensamento delle regole di tassazione
del lavoro familiare (in qualche modo annunciate in occasione di tutte le fi-
nanziarie o inserite nei programmi elettorali e non ancora attuate), ecc.
Come già osservato, anche in questa occasione, il legislatore rinuncia a
rivedere i meccanismi impositivi, preoccupato dalle conseguenze di carattere
finanziario. La riforma resta così a costo “quasi zero”, visto che per le poche
misure incentivanti (si pensi a quelle per il sostegno alla genitorialità: cfr.
BALDUCCI, SERRANO, infra, cap. IV, sez. II) il legislatore chiarisce la necessi-
tà di farvi fronte senza ulteriore aggravio sui già disastrati conti pubblici, at-
traverso l’utilizzo dei fondi preesistenti, attraverso tagli di spesa futuri (si
pensi a quelli all’INPS o INAIL, stimati nella misura di 90 milioni di euro a
decorrere dall’anno 2013 o all’amministrazione autonoma dei Monopoli di
Stato pari a 10 milioni sempre a decorrere dall’esercizio del 2013). Va inoltre
evidenziato che i costi, invero non esorbitanti della riforma, saranno recupe-
rati attraverso misure fiscali riguardanti diversi ambiti normativi (indeducibi-
1 Le misure “anticrisi” adottate dal Governo Monti utilizzano largamente la leva fiscale sia
attraverso nuovi tributi (Imu, imposta sugli immobili posseduti all’estero, imposta sui capitali scu-
dati; ecc.), aumenti di aliquote (Iva dal 20 al 21 %, accise sui carburanti che ha superato il 70% del
prezzo del carburante, ecc.), sia attraverso l’inasprimento di strumenti di repressione e di contrasto
dell’evasione (accertamento esecutivo, acquisizione automatizzata delle risultanze dei conti banca-
ri, limitazioni all’uso del denaro contante, previsione di nuovi reati tributari). L’esigenza di affron-
tare la crisi attraverso nuovi modelli regolatori è largamente evidenziata nel volume a cura di
NAPOLITANO, 2012. Si veda, inoltre, TREMONTI, 2012; KRUGMAN, 2012, 31, secondo cui all’acuirsi
della crisi, la risposta dei governi è stata la c.d. “economia della disperazione” caratterizzata da
politiche di austerity, con un insieme di misure di tagli di spesa, spesso ciechi e orizzontali e au-
menti di tributi che hanno comportato amplificazione degli effetti recessivi e maggiore disoccupa-
zione soprattutto tra le fasce deboli (giovani e donne).

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