La disciplina della multiproprietà in relazione alle norme sul regolamento di condominio

AutoreMaurizio Voi
Pagine773-775

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  1. - L'espressione multiproprietà ha trovato una classificazione definitoria in «diritto di godimento a tempo parziale» con il D.L.vo 9 novembre 1998 n. 427 di attuazione della direttiva 94/47/CEE concernente: «la tutela dell'acquirente per taluni aspetti dei contratti relativi all'acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili» 1.

    Poiché nella nozione di contratto a tempo parziale rientrano gli schemi della multiproprietà immobiliare, della multiproprietà azionaria 2 e della multiproprietà alberghiera, in questa relazione mi occuperò solamente del primo in relazione alle norme sul regolamento di condominio.

    Il termine «multiproprietà» per espresso disposto dell'art. 4 del D.L.vo 427/98, si riferisce ad un diritto reale, anche se, come è stato osservato, l'art. 4 D.L.vo 427/98 non prende in considerazione il fatto che il diritto reale venga ricostruito come tipico o atipico, dando solo la possibilità al venditore di usare il «termine» per evidenziare che viene ceduto un bene con i relativi diritti e pretese 3.

    Il legislatore non ha così risolto il problema nel senso di rimandare allo schema legale del tipo proprietà (collegandolo all'istituto della comunione e/o condominio) per la disciplina del vivere in multiproprietà, al contrario lo ha complicato rimandando ad un complesso «documento informativo» la natura e le condizioni dell'esercizio del diritto (art. 2 lett a); le norme circa l'uso dei servizi comuni ai quali l'acquirente avrà accesso (art. 2 lett. e); le norme applicabili per la gestione e l'amministrazione (art. 2 lett. g); nonché le regole da osservare per l'uso e l'utilizzazione delle parti comuni (art. 2 lett. f).

    Il legislatore sembra così scavalcare de plano il dibattito dottrinario sul numerus clausus dei diritti reali e sul principio di tipicità 4 usando il termine «multiproprietà» solamente per richiamare i principi generali giuridici che si riferiscono all'istituto e cioè: il diritto del proprietario di acquisire direttamente il possesso, di esercitare su di esso eventuali azioni possessorie, la facoltà di disporre giuridicamente del suo bene, lasciando però nella disposizione contrattuale delle parti la caratterizzazione e gli eventuali limiti del diritto di godimento diretto ed esclusivo dell'immobile.

    Richiamato il diritto reale, sembra così essere consentito all'autonomia privata connotare il suo contenuto, in modo tale da consentire alle facoltà delle parti di allargarlo o restringerlo a loro piacimento.

    Il VIGANÒ 5 illustrando proprio in questa sede al VII Convegno Coordinamento Legali Confedilizia i problemi definitori del quasi condominio, ripercorrendo il dibattito sul dogma del numerus clausus dei diritti reali e sul principio di tipicità di tale categoria di diritti in relazione alle «situazioni immobiliari» affini al condominio, evidenzia come: «una strada, sicuramente piana, potrebbe rivelarsi percorribile, laddove venga affermata la complessità sistematica, al pari (ma non analogamente) del condominio, anche delle «situazioni immobiliari affini». In altri termini, abbattuto definitivamente il Muro di Berlino che separa, così tangibilmente, dal punto di vista dogmatico diritto reale e diritto di obbligazione, per quel che riguarda i nostri indefiniti istituti, non vi sarebbe altro ostacolo che, in concreto, verificare se debba prevalere il principio della tutela proprietaria, ovvero quello della tutela della convivenza. Il che, apparentemente, risulta essere un problema di policy, ma in realtà non è altro che dare apprezzamento allo strumento principe che si pone a base delle più complesse «situazioni immobiliari», vale a dire il «regolamento» che si pone non solo come «legge interna» regolatrice della convivenza e pattiziamente posta a salvaguardia dei diritti e dei doveri dei partecipanti, ma anche come strumento operativo «duttile» (perché modificativo, sia pure con certe avvertenze, delle regole inizialmente volute dai partecipanti)».

    Nella realtà, nei contratti di cessione di unità immobiliari in multiproprietà che ho esamianto e negli allegati regolamenti di comunione, scritte le prime clausole che trasferiscono il diritto, identificano il turno di godimento, la quota di partecipazione alla comunione, obbligano l'acquirente a non chiedere lo scioglimento della comunione in relazione al carattere turistico residenziale del bene, le successive norme regolano minuziosamente l'uso dell'immobile e del complesso turistico in cui esso è inserito al fine di non compromettere economicamente l'organizzazione amministrativa e gestionale che il gestore imposta, per così permettere un corretto e tranquillo svolgimento della vacanza che poi può ripercuotersi sugli obblighi patrimoniali dei comproprietari 6.

  2. - Nella disciplina della multiproprietà si rinvengono poi una complessità di questioni giuridiche in rapporto al fatto che l'unità immobiliare è quasi sempre inserita in un edificio in condominio il quale a sua volta è caratterizzato dall'essere una situazione immobiliare di tipo turistico residenziale e quindi dalla necessità di coordinare e far «convivere» patti contrattuali aventi diverse finalità.

    Lo strumento caratterizzante i diritti e gli obblighi e quindi del «vivere in multiproprietà», dei soggetti è il regolamento, che ai sensi dell'art. 2 D.L.vo 427/98 il venditore è obbligato a confezionare ed allegare...

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