Disciplina costituzionale del processo penale

AutoreStefano Ambrogio
Pagine25-38

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@1 La funzione giurisdizionale nella Costituzione

La funzione giurisdizionale è la potestà dello Stato volta a garantire l’applicazione al caso concreto delle norme giuridiche. Nell’ordinamento giuridico italiano il potere giurisdizionale è attribuito esclusivamente ai giudici, che lo esercitano in nome del popolo e nel rispetto della legge. Trattandosi di uno dei tre poteri dello Stato (insieme al potere legislativo ed esecutivo), la Costituzione dedica l’intero Titolo V della Parte I alla magistratura.

Va evidenziato che la Costituzione usa il generico termine di magistrato per indicare sia il giudice, ovvero colui che decide, sia il pubblico ministero, ovvero colui che, nel processo penale, dirige le indagini ed esercita l’azione penale.

La funzione giurisdizionale si caratterizza per alcuni elementi tipici:

esistenza di una controversia (cd. lite) tra due o più soggetti (chiamati parti), determinata da un’incertezza circa l’applicazione del diritto o dalla violazione da parte di uno dei soggetti di una o più norme giuridiche. La controversia può sorgere tra privati (giurisdizione civile), tra privati e Pubblica amministrazione (giurisdizione amministrativa) o tra un soggetto accusato di aver commesso un reato e lo Stato (giurisdizione penale);

In particolare, la giurisdizione penale ha ad oggetto una controversia tra un soggetto e lo Stato, conseguente alla commissione di un reato. La commissione di un reato è considerata comportamento particolarmente grave per l’ordinamento giuridico, in quanto lesivo non solo dei diritti dei singoli individui che ne sono stati vittima ma di un interesse generale dell’intera collettività e al quale la legge collega l’applicazione di sanzioni particolarmente severe (pene pecuniarie e detentive).

La funzione giurisdizionale è destinata ad accertare la violazione delle norme penali e a individuare e punire i soggetti responsabili.

- attribuzione della soluzione di tale controversia ad un soggetto imparziale, il giudice, che si trova in una posizione di terzietà rispetto alle parti del processo ed all’oggetto dello stesso;

-subordinazione del giudice, solo ed esclusivamente, alla legge sulla base della quale egli deve decidere la controversia. Egli, cioè, non può

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decidere il caso sulla base della propria personale visione della giustizia, ma deve svolgere una rigorosa attività di interpretazione ed applicazione di quanto espressamente prescrive la legge.

@2 L’indipendenza della magistratura

L’art. 101, che apre il Titolo IV della Parte I della Costituzione stabilisce che la giustizia è amministrata in nome del popolo italiano (1° comma): ne discende che i giudici sono soggetti soltanto alla legge (2° comma): la legge è, infatti, espressione della volontà popolare espressa dai rappresentanti eletti al Parlamento.

I giudici perciò non sono subordinati ad altre disposizioni provenienti da altri organi amministrativi, né esiste una struttura gerarchica all’interno della magistratura, come è ribadito dalla norma costituzionale secondo la quale i magistrati si distinguono tra loro solo per diversità di funzioni (art. 107, 3° comma, Cost).

Tutte le norme della Costituzione tendono ad affermare il medesimo principio dell’autonomia dell’ordine dei magistrati e dell’indipendenza dagli altri poteri, stabilendo criteri precisi per l’accesso alla magistratura (art. 106 Cost.), per il trattamento (artt. 105 e 107 Cost.), per l’organizzazione del lavoro (art. 108 Cost.).

La specifica funzione del giudice trova le sue regole fondamentali nell’art. 111 Cost., secondo il quale colui che decide deve essere terzo (distinto dalle altri parti) e imparziale (al di sopra delle parti in contrasto tra loro); egli, cioè, deve farsi garante del contraddittorio in condizioni di parità tra pubblico ministero (parte pubblica) e parti private (imputato e persona offesa), garantendo alla persona accusata la possibilità di approntare un’adeguata difesa e di partecipare attivamente all’acquisizione delle prove.

Inoltre, il giudice deve dare conto dei motivi delle sue decisioni e deve illustrare, con adeguata motivazione, i provvedimenti attraverso i quali amministra la giustizia.

La lettura delle norme costituzionali fa comunque chiaramente intendere che con i termini autonomia e indipendenza non deve intendersi impunità del magistrato per i suoi errori: difatti, al Consiglio superiore della magistratura (organo di autogoverno dei magistrati presieduto dal Presidente della Repubblica e composto da magistrati eletti dai colleghi e da esperti di diritto nominati dal Parlamento), è affidato il compito di decidere sulla responsabilità disciplinare del singolo magistrato. Quest’ultimo, d’altra parte, è tenuto al rispetto non solo della legge da applicare al caso concreto

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nell’esercizio delle sue funzioni, ma anche alle norme dell’ordinamento giudiziario (R.D. 30 gennaio 1941, n. 12) che fissano i criteri per l’organizzazione degli uffici; tali norme, di rango legislativo, trovano attuazione in ragione delle esigenze concrete nei decreti del Ministro della giustizia (art. 110 Cost.), al quale non a caso è riservata la facoltà di promuovere l’azione disciplinare (art. 107, 2° comma, Cost.).

Per ordinamento giudiziario s’intende, quindi, il complesso di norme legislative che definiscono gli organi cui è affidata l’amministrazione della giustizia e dettano le regole per la formazione e la organizzazione dei singoli uffici.

Il Ministro della giustizia ha il compito di emanare i decreti relativi alla nomina dei magistrati e alla distribuzione interna agli uffici degli stessi.

@3 Giudici ordinari e speciali

Ai sensi dell’art. 102 Cost. la funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari, cioè da giudici istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario. Tale disposizione sancisce il principio di unicità della giurisdizione, in base al quale esiste un unico corpo di magistrati soggetto alla medesima organizzazione e che esercita l’intero potere giurisdizionale.

I giudici ordinari sono disciplinati dalle norme dell’ordinamento giudiziario (R.D. n.12/1941, D.Lgs. n.51/1998) ed esercitano il potere giurisdizionale in materia civile e penale.

Alcuni di tali giudici svolgono le loro funzioni in composizione monocratica (giudice di pace, tribunale), altri in composizione collegiale (tribunale, Corte d’appello, Corte di cassazione).

I giudici che fanno parte degli organi giurisdizionali sono normalmente dipendenti pubblici. In base al rapporto che lega il magistrato allo Stato si distinguono giudici:

-togati, quando sono nominati mediante concorso pubblico ai sensi dell’art. 106 Cost. e che come tali sono legati allo Stato da un rapporto di pubblico impiego;

-onorari, quando non sono legati allo Stato da un rapporto di impiego, ma vengono dallo stesso chiamati, senza concorso, a svolgere le funzioni giurisdizionali con un incarico temporaneo (es. il giudice di pace);

-popolari, privati cittadini chiamati ad integrare alcuni organi giurisdizionali collegiali, al fine di assicurare la partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia (es. i sei giudici popolari delle Corti di assise).

A conferma del principio di unicità della giurisdizione l’art. 102 Cost. prosegue stabilendo che non possono essere istituiti giudici straordinari, vale a dire giudici nominati per specifici casi concreti in situazioni di emergenza, né giudici...

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