Solidarietà, coesione, diritti fondamentali nel calvario istituzionale dell'Unione

AutoreGiuseppe Bronzini
Pagine129-145
GIUSEPPE BRONZINI
SOLIDARIETÀ, COESIONE,
DIRITTI FONDAMENTALI NEL CALVARIO
ISTITUZIONALE DELL’UNIONE
Or, une intégration politique appuyée sur le bien-etre social est nécessaraire pur que la
pluralité nazionale et la richesse culturelle du biotope de la “vielle Europe” puissent
être protégées du nivellement au sein d’une globalitation à progression tendue”
Le Monde 25 Ottobre 2011
Premessa
In un’appassionata difesa del ruolo svolto dai giudici Ue, anche sulla base
delle norme della Carta di Nizza, di approfondimento e rilancio costituzionale
del progetto europeo di alcuni anni orsono, in un momento di assoluta paralisi
istituzionale dopo il doppio no referendario del 2005 di Francia ed Olanda al
Trattato costituzionale, Stefano Rodotà scriveva “nel silenzio e nell’incompren-
sione della politica sono i giudici che fanno l’Europa e lo fanno proprio su quel
terreno dei diritti che il Consiglio di Colonia aveva indicato come costitutivo
della legittimità democratica dell’Unione. E indicano anche la via della rifles-
sione sui valori che hanno dato il titolo ai sei capitoli della Carta”1.
In queste note vorremmo cercare di attualizzare l’intuizione di Rodotà, che
certamente non mirava ad esaltare un improbabile “governo dei giudici europei”
ed a svalutare il ruolo della politica nelle faccende sovranazionali, ma al contra-
rio intendeva mostrare il baratro tra l’assunzione di responsabilità da parte degli
organi giudiziari, anche interni, in quanto istituzioni di base di un sistema ten-
dente all’osmosi ed alla fusione di orizzonti costituzionali (certamente favorita
dall’elaborazione di un Bill of rights continentale), ed il progressivo rinchiudersi
delle arene politiche in manovre “a veduta corta” e di piccolo cabotaggio eletto-
rale, entro cui la dimensione sovranazionale figura sistematicamente come subal-
terna ai meccanismi autoreferenziali dei partiti politici nazionali. Insomma men-
tre i primi (i giudici) sembravano, anche in rapporto ai forti imputs provenienti
1 S. RODOTÀ, Nel silenzio della politica i giudici fanno l’Europa, in G. BRONZINI, V. PICCONE
(a cura di), La Carta e le Corti. I diritti fondamentali nella giurisprudenza europea multilivello.
Taranto, 2007, p. 27.
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dalle Corti sovranazionali, sapersi autorevolmente collocare in un orizzonte di
cooperazione e dialogo multilivello, sostanzialmente di tipo federale, i secondi
(il ceto politico nel suo complesso) finivano per perdersi nel continuo tentativo
di ridurre, secondo una tipica metodologia “nazionalista”, per dirla con Ulrick
Beck2, problemi globali e/o continentali a questioni locali.
Certamente dal 2007 molte cose sono cambiate anche se la suggestione di Ro-
dotà rimane intatta nella contrapposizione tra un’attivismo ed un costruttivismo
giudiziale ancora molto vivo, capace di intessere un dialogo sempre più stretto con
circuiti sovranazionali e di contaminare la giurisprudenza di tutti i paesi membri
dell’Ue e della stesso Consiglio d’Europa e l’affanno delle élites, incapaci persino
di dividersi su proposte e disegni riguardanti le prospettive e gli obiettivi fonda-
mentali ed a medio termine dell’Unione, cioè di politicizzare l’agorà europea3.
Nel mezzo, tra messaggi giudiziari di notevole impatto (basterà pensare alla
decisione della Corte di giustizia del 28.4.2011 El Didri4), e il vacuum della diri-
genza delle istituzioni comunitarie (non solo gli organi di Bruxelles, ma anche i
governi dei paesi membri – fondatori e non), il Parlamento europeo certamente
non è riuscito a ritagliarsi uno spazio autonomo ed un ruolo progettuale di un
qualche significato, nonostante le speranze suscitate dalla formazione di un
Gruppo interparlamentare Spinelli, aperto anche ai contributi ed alla partecipa-
zione della società civile del vecchio continente5, che seppure ha nel tempo radi-
calizzato le proprie posizioni in senso apertamente federalista, non è riuscito in
alcun modo ad organizzare una mobilitazione all’altezza di tali premesse.
Il triangolo diritti, istituzioni, politica oggi si delinea su di uno sfondo che
vede due grandi novità che finiranno prima o poi per reagire tra di loro; da un lato
il deciso, ulteriore, rafforzamento che con l’entrata in vigore del Trattato di Li-
sbona ha conosciuto la semantica dei diritti fondamentali nell’ambito dell’ordi-
namento sovranazionale, attraverso la conferita obbligatorietà alla Carta di Nizza
e la connessa valorizzazione della giurisprudenza Cedu6, dall’altro il precipitare
della crisi economica in crisi dell’euro, con la destabilizzazione dell’istituzioni
dell’Unione, che pur il Trattato di Lisbona mirava a razionalizzare e a rendere più
idonee per affrontare una realtà a 27 paesi aderenti (in un futuro non lontano 30)7.
2 U. BECK, L’Europa cosmopolita, Società e politica nella seconda modernità. Roma, 2006.
3 Sul tema cfr. G. AZZARITI; Le garanzie del lavoro tra Corti nazionali, Carta dei diritti e
Corte di giustizia, e C. P INELLI, Il discorso dei diritti sociali tra Costituzione e diritto europeo,
entrambi in www.europeanrights.eu.
4 Su tale sentenza cfr. G. BRONZINI, La sentenza El Didri: La Corte di giustizia fissa i “pa-
letti” delle politiche europee sull’immigrazione, in La cittadinanza europea, n. 2/2011, p. 121 ss.
5 Si veda il sito del Gruppo: http://www.spinelligroup.eu/
6 Cui riferiamo all’art. 52 terzo comma della Carta ed al terzo comma dell’art. 6 Tue, certa-
mente non alla tesi dell’immediata applicabilità della giurisprudenza Cedu ritenuta da alcuni giu-
dici amministrativi, ma anche ordinari come ricordato da A. GUAZZAROTTI, I diritti fondamentali
dopo Lisbona e la confusione nel sistema delle fonti, in www.associazionedeicostituzionalisti.it.
7 Per un primo bilancio del Lisbon Treaty cfr. G. BRONZINI, F. GUARRIELLO, V. PICCONE, Le
scommesse dell’Europa. Istituzioni, diritti, politiche, Roma, 2009.

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