L’inammissibilità del ricorso diretto della persona offesa dichiarata in dibattimento

AutoreStefano Fratucello
Pagine471-474

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@1. Premessa

Con l’ordinanza in commento il Giudice di Pace di Montagnana, in apertura del dibattimento, a seguito di ricorso immediato della persona offesa dichiarava l’inammissibilità dello stesso per difetto di specifica indicazione delle altre persone offese dal reato, così come previsto dall’art. 21, commi 2, lett. d) e 24 lett. c) D.L.vo 274/2000.

Rilevava il giudice adito come dallo stesso atto introduttivo emergesse l’esistenza di più persone offese, giacchè il fatto storico contestato riguardava il reato di ingiuria nei confronti di più persone presenti, ma, nel ricorso, queste non erano state individuate come tali né venivano indicate le loro generalità, pur facilmente conoscibili dal ricorrente (in particolare, la vittima pretermessa era la madre della ricorrente).

Tale vizio era sfuggito al primo vaglio d’ufficio necessario alla presentazione del ricorso (art. 26, comma 2, D.L.vo cit.), così, a fronte dell’eccezione di parte sollevata in apertura del dibattimento, se ne era imposta la rivalutazione.

Due profili della decisione appaiono meritevoli di approfondimento. Il primo attiene alla sussistenza o meno di una causa d’inammissibilità del ricorso diretto nel caso manchi l’“indicazione delle altre persone offese dal medesimo reato delle quali il ricorrente conosca l’identità”, come sembra imporre l’art. 21 lett. d) D.L.vo cit.; il secondo profilo – ancor più interessante – attiene al tipo di provvedimento (sentenza, ordinanza o decreto) che deve emettere il giudice del dibattimento in caso di dichiarazione di inammissibilità, di fronte al silenzio del legislatore in proposito.

@2. La mancata indicazione delle altre persone offese quale causa di inammissibilità del ricorso

La prima questione d’interesse è – come abbiamo detto – quella relativa alle conseguenze del mancato rispetto dell’onere di allegazione a carico del ricorrente, che ometta di indicare le eventuali ulteriori persone offese dal reato.

La giurisprudenza di legittimità pare orientata a ritenere che la mancata individuazione di altre persone offese non abbia conseguenze processuali, “in quanto tale indicazione è preordinata soltanto a consentire la produzione degli effetti di cui all’art. 28, comma terzo, D.L.vo 274/2000”1.

Secondo questo orientamento, insomma, l’indicazione delle altre persone offese sarebbe solo prodromica alla loro convocazione in giudizio (art. 27 comma 4) al fine di emettere un’eventuale sentenza di non doversi procedere in caso di mancata partecipazione, equivalente a rinuncia o remissione della querela per facta concludentia (art. 27 comma 3).

Di avviso diametralmente opposto è, invece, la dottrina che, muovendo anch’essa dalla lettura dell’art. 28, sostiene come “tra le cause di inammissibilità risulta compresa anche l’omessa indicazione delle altre persone offese dal medesimo reato delle quali il ricorrente conosca l’identità [...], requisito funzionale ad assicurare il rispetto del principio di economia processuale [...]2.

In tale ottica, l’esatta individuazione delle altre persone offese dal reato sarebbe finalizzata, secondo le evidenti intenzioni del legislatore, alla notifica nei loro confronti del decreto ex art. 28, in modo da evitare il proliferare di singole ed autonome iniziative che frusterebbero le esigenze di economia processuale3. Ed in effetti, il man-Page 472cato intervento delle “altre” persone offese nel processo instaurato con il ricorso immediato e di cui esse abbiano ricevuto rituale notizia è ritenuto dal legislatore un comportamento concludente che equivale a rinuncia al diritto di querela, ovvero a remissione tacita della stessa, se già presentata.

Ovviamente, anche in tal caso, la remissione va accettata dal querelato e l’effetto estintivo del reato conseguirà solo a fronte della remissione di tutte le vittime (art. 154 comma 1 c.p.).

Il legislatore, pur nel silenzio della Relazione Governativa e dei lavori preparatori4, con la perentorietà delle previsioni contenute nell’art. 24 sembra proprio aver voluto porre dei limiti rigorosi all’ammissibilità (qualunque ne sia la causa) del ricorso diretto, onde evitare il proliferare di azioni azzardate o pretestuose e, soprattutto, il potenziale contrasto di giudicati conseguenti a procedimenti separati.

Basta leggere le ipotesi di inammissibilità previste dall’art. 24 (cui si aggiunge l’ipotesi di declaratoria di manifesta infondatezza ex art. 26 comma 2), per capire che il controllo demandato al giudice deve essere tutt’altro che formale. Del resto l’art. 14 del regolamento attuativo (d.m. 6 aprile 2001 n. 204) prevede l’incompatibilità del giudice che abbia dichiarato l’inammissibilità “per manifesta infondatezza del ricorso”, ai sensi dell’art. 26 comma 2.; ciò a significare che il legislatore ha ritenuto la delibazione sull’ammissibilità, in quest’ultima ipotesi, corrispondente ad un vero giudizio di merito, nel senso ormai accolto dalla stessa giurisprudenza costituzionale5.

E ancora: l’art. 4 comma 2 lett. d) del regolamento prevede anche che il fascicolo d’ufficio contenga obbligatoriamente il decreto di convocazione delle parti con le notificazioni alle persone offese non ricorrenti.

Tale controllo non può essere, dunque, meno stringente di quello demandato al giudice ordinario nel valutare la completezza dell’atto di citazione a giudizio formulato dal pubblico ministero a norma dell’art. 552 lett. b) c.p.p., che impone anche “l’identificazione della persona offesa, qualora risulti identificata”, a pena di nullità (intermedia) ex art. 178 lett. c) c.p.p.6. A fronte della domanda proposta dal privato, il legislatore non poteva trarre le stesse conseguenze (la nullità) e, quindi, ne ha previsto l’inammissibilità, sanzione che pare meglio rispondere alla peculiarità del ricorso immediato della persona offesa.

Sotto un profilo più generale, d’altronde, l’inammissibilità è la specie di invalidità che si attaglia alla mancanza dei presupposti del rito prescelto7.

Pur se questa sanzione non trova nel codice una disciplina organica, come quella relativa alle nullità8, la dottrina ne ha...

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