Differenziazione di diritto e omologazione di fatto nella legislazione elettorale regionale

AutoreGrosso E.
Pagine433-446
433
Enrico Grosso
DIFFERENZIAZIONE DI DIRITTO E OMOLOGAZIONE DI FATTO
NELLA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE
SOMMARIO: I. Esiste un diritto elettorale regionale? - II. Principi comuni in materia di elettorato: estensione
della partecipazione e pari opportunità. - III. Vincoli costituzionali e vincoli statutari alla legislazione
elettorale regionale. - IV. L’at tuale disciplina: a) le Regioni speciali. - V. L’attuale disciplina: b) le
Regioni ordinarie. - VI. Osservazioni conclusive.
I. Esiste un diritto elettorale r egionale?
Fino a 15 anni or sono era privo di senso chiedersi se esistesse un diritto elettorale
regionale. La legislazione elettorale concernente le assemblee rappresentative regionali
in Italia è stata infatti, fino agli anni 90, una materia di scarsissimo interesse per gli
studiosi di diritto costituzionale. La Costituzione (art. 122, nel testo precedente alla ri-
forma del 2001) affidava alla legge della Repubblica il compito di disciplinare, in
maniera uniforme, il sistema di elezione, il numero e i casi di ineleggibilità e incompa-
tibilità dei consiglieri regionali. Ciò corrispondeva a una precisa concezione dei rap-
porti istituzionali tra Stato e Regioni, secondo cui il sistema elettorale, strettamente
connesso alla forma di governo e unitamente ad essa, doveva rappresentare un elemen-
to unificante, che non ammetteva deroghe tra Regioni e Regioni. Esso doveva quindi
essere disciplinato dalla legislazione nazionale in modo da assicurare la conformità di
tutte le assemblee rappresentative delle Regioni al medesimo modello. Lunica (teori-
ca) eccezione era costituita dalle cinque Regioni a Statuto speciale, le quali per ra-
gioni storico-concrete sin dalla loro istituzione hanno avuto la possibilità, in realtà
come si vedrà non sfruttata fino in fondo, di disciplinare autonomamente i sistemi di
elezione delle relative assemblee.
A ciò si aggiunga che, nellimpostazione tradizionale che ha resistito fino ai refe-
rendum elettorali dei primi anni 90, la modellistica elettorale presentava omogeneità
di fondo a tutti i livelli rappresentativi (Enti locali, Regioni, Stato, rappresentanza ita-
liana al Parlamento europeo), pur con marginali diversificazioni. In sostanza, costituiva
un dato caratterizzante le legislazioni elettorali a tutti i livelli la scelta per sistemi di ti-
po proporzionale, scarsamente selettivi (ossia scarsamente distorsivi in uscita rispetto
alla distribuzione dei voti in entrata), funzionali a una forma di governo di tipo par-
lamentare a multipartitismo estremo (secondo la nota classificazione di Leopoldo E-
lia1), senza cioè lelezione diretta dei vertici degli esecutivi. Tali sistemi, a tutti i livelli
di governo, rispecchiavano il sistema dei partiti concretamente affermatosi nel dopo-
guerra, ed erano inoltre incentrati (con la sola eccezione del Senato e dei consigli pro-
vinciali) sulla selezione degli eletti in base al voto di preferenza multiplo.
A partire dagli anni 90, come si diceva, la prospettiva è nettamente mutata. Ab-
bandonato il tabù della necessaria omogeneità, in funzione della tutela di esigenze uni-
tarie, le disposizioni (costituzionali e, successivamente, sub costituzionali) in materia di
elezioni dei consigli regionali hanno subito radicali modifiche. Oltre alla revisione del-
la disciplina costituzionale della materia elettorale concernente le Regioni a Statuto or-
dinario (l. cost. n. 1/1999, che introduce in materia una competenza legislativa concor-
rente e attribuisce agli Statuti la determinazione della forma di governo delle Regioni),
si è assistito alla sistematica modifica delle norme contenute negli Statuti speciali dedi-
1 Cfr. L. ELIA, Governo (forme di), in Enc. Dir., vol. XIX, Milano, 1970, 634 ss.

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