Antenne negli edifici condominiali. La dialettica degli opposti e la promozione dell'innovazione tecnologica (tutela del diritto alla salute del cittadino e libertà di iniziativa economica dell'impresa. Le innovazioni necessarie, di cui all'art. 2 bis, comma 13, l. 20 Marzo 2001, n. 66)

AutoreRoberto Viganò
Pagine145-147

    Testo della comunicazione presentata all'11° Convegno del Coordinamento legali della Confedilizia (Piacenza, 8 settembre 2001).


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  1. - Gli ultimi anni del secolo scorso (grosso modo gli ultimi quindici/venti anni) sono stati influenzati dall'esplosione della tecnologia, soprattutto della tecnologia innovativa e partecipata, laddove per tecnologia innovativa intendo l'applicazione a scopo utilitaristico di scoperte scientifiche diverse da quelle conosciute e diffuse nel passato, anche recente,; e per tecnologia partecipata voglio evidenziare la più ampia messa a disposizione dei consociati degli strumenti che tale tecnologia in concreto applicano. Il personal computer sul quale vado componendo queste mie note è lo strumento che, rendendomi partecipe della innovazione tecnologica consistente nelle realizzazioni della c.d. high tecnology, mette a profitto i risultati innovativi realizzati da quella scienza moderna che prende il nome generalizzato di informatica.

    Sono perfettamente al corrente che la definizione sopra proposta è del tutto empirica, e come tutte le definizioni porta in sé i suoi limiti. Ho sempre sostenuto che il definire costituisce un'attività intellettuale imperfetta ed aprioristica, consistente nel tracciare dei limiti (latinamente fines) entro i quali sono compresi alcuni concetti, e al di là dei quali altri concetti sono esclusi, il tutto è aggravato dal fatto che la definizione si pone quasi sempre nell'ottica di chi la propone, ed è, nonostante ogni parvenza di presunta obiettività, un'operazione pur sempre personale e viziata da relativismo 1. Detto ciò, mi auguro di ottenere comprensione, se non addirittura l'assoluzione intellettuale, anche se mi preme rilevare sin da questo momento che l'innovazione tecnologica, considerata nella prospettiva della scienza, mi sembra cosa assai diversa dal concetto di innovazione quale considerata nell'esperienza giuridica, soprattutto con riferimento all'art. 1120 c.c. Questa mia osservazione può parere talmente ovvia da rasentare la banalità: tuttavia, a ben considerare, essa nasce in modo del tutto spontaneo dalla lettura di una norma di legge, ma di ciò infra.

  2. - È dato acquisito, ancorché empirico, che l'attenzione dell'opinione pubblica si sia focalizzata, a livello generalizzato, sulla pericolosità (effettiva, o solo temuta) delle innovazioni scientifiche e tecnologiche, anche per quell'atavica propensione dell'essere umano a diffidare di tutto ciò che è poco e male conosciuto, e dunque non controllato né controllabile direttamente, e che sembra essere retaggio ereditario di quello strano bipede che cominciò, milioni di anni fa, ad abitare le caverne, a costruire le prime rudimentali armi, a difendere l'imboccatura della caverna nella quale abitava con altri suoi simili con il fuoco acceso dallo scoccare di una scintilla silicea e faticosamente mantenuto, ad elaborare un rudimentale linguaggio, dapprima vocale, poi graffito in immagini.

    Mentre un tempo le dannose e dolorose vicissitudini che colpivano più o meno larghi strati di popolazione venivano inconsciamente considerate come iatture, eventi inevitabili, in certi casi come punizioni celesti per la malvagità del genere umano (chi non ricorda, in epoche non lontane nel tempo, le processioni del simulacro del Santo locale, per scongiurare le carestie, le pestilenze, le guerre, e - notizia fresca fresca - le ire del vulcano), oggi - con sempre maggior senso di attenzione antropocentrica - viene individuata nella tecnologia (o, meglio, nell'uso distorto o eccessivo o scriteriato della tecnologia) la ragione principale dell'alterazione dell'equilibrio naturale e dell'accadere delle catastrofi, più o meno annunciate, che accompagnano il nostro vivere quotidiano: inquinamento, alluvioni, effetto serra, buco nell'ozono, modificazione genetica degli alimenti, uranio impoverito, elettrosmog, mucca pazza, e così via. Un cartello esposto in un allevamento di bovini sottolineava, non so con quanto volontario umorismo, che non le mucche sono pazze, ma che lo è l'uomo, che cerca di modificare la natura attraverso la tecnologia, senza avere preventivamente sperimentato le conseguenze: e ci si dimentica che la sperimentazione necessita di tempi lunghi, se non lunghissimi, e che la scienza applicata e la tecnologia sono mezzi che possono modificare la natura più velocemente di quanto l'uomo non sia in grado di esercitare il controllo sulle conseguenze della modificazione.

    Un pizzico di pragmatismo esigerebbe che, almeno, Frankenstein non distruggesse il laboratorio nel quale venne creato, dopo avere ucciso il suo creatore.

  3. - Il dibattito di fondo sul controllo della scienza e della tecnologia da parte dell'uomo è assai vivace e diffuso negli ambienti scientifici e filosofici; talvolta assume le linee della protesta, più o meno irrazionale, più o meno violenta; talvolta è gestito dalla politica, spesso con caratteristiche improntate alla miopia delle prospettive; talvolta si misura con l'attenzione del giurista e le formule del legislatore.

    La dialettica tra gli opposti evidenzia di massima il contrasto - che è ammantato di ideologia, ma che soprattutto appare economicistico - fra le ragioni dell'utilizzatore di beni e servizi (il così chiamato consumatore) e chi i beni e i servizi li produce, cioé l'impresa. Non voglio demonizzare l'impresa, in quanto essa è chiamata a svolgere con...

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