Principio di offensività, concezione realistica del reato e reati di pericolo

AutoreMassimiliano di Pirro
Pagine29-44

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@Profili generali del principio di offensività

Nel Capitolo precedente abbiamo visto che il reato consiste in un fatto illecito, punito con sanzioni penali, lesivo di beni riconosciuti e tutelati dalla Costituzione o, comunque, non incompatibili con essa.

Da tale definizione si ricava, pertanto, che, affinché possa configurarsi un reato, occorrono due requisiti:

- un comportamento corrispondente alla fattispecie di reato così come descritta dalla norma penale di parte speciale;

- l’offesa, ossia la lesione (o l’esposizione a pericolo) di un bene costituzionalmente significativo (Bricola) o, comunque, non incompatibile con la Costituzione (Mantovani).

Quest’ultimo requisito impedisce di sottoporre a sanzione penale la semplice inosservanza di una norma giuridica, qualora la stessa non si traduca nella lesione (o nell’esposizione a pericolo) di un interesse giuridicamente rilevante. Se così non fosse, saremmo in presenza di un sistema penale meramente preventivo, tipico dei sistemi totalitari, nei quali è reato la semplice violazione del dovere di fedeltà all’ordinamento che lo Stato si attende dai cittadini.

Il principio di offensività, pertanto:

- impone di considerare reato solamente l’offesa ad un bene giuridico costituzionalmente rilevante, in conformità al brocardo latino nullum crimen sine iniuria;

- presuppone il principio di materialità del fatto, in virtù del quale possono essere sanzionate penalmente soltanto le condotte che si manifestino nel mondo esterno, pregiudicando un interesse individuale o collettivo giuridicamente rilevante (Fiorella). In tal modo, è esclusa la possibilità di punire gli atteggiamenti interni che non si concretizzano in condotte esteriori. Questo principio si ricava dai principi costituzionali, in particolare dal principio di laicità dello Stato, che impone di valutare diversamente il reato dal peccato: ad esempio, se si punisse colui che desidera la donna

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d’altri (l’esempio è di CadoppiVeneziani), sarebbe violato il principio di materialità, poiché il pensiero riguarda la coscienza del soggetto e non si traduce in un comportamento esteriore; tale comportamento è considerato come peccato, e tuttavia non assume rilevanza penale. Nel nostro ordinamento, perciò, occorre tenere distinti i due poli del reato e del peccato, della materialità della condotta (ossia, il suo manifestarsi all’esterno) e della soggettività o interiorità, che non può essere sottoposta ad alcun controllo penale.

Il bene giuridico tutelato dalle norme penali - che vietano e puniscono determinati comportamenti - è detto oggetto giuridico del reato. Può trattarsi di un bene materiale (es.: integrità fisica) o immateriale (es.: onore).

L’oggetto giuridico va tenuto distinto dall’oggetto materiale del reato, ossia dall’entità fisica o non fisica sulla quale cade la condotta (ad esempio, nell’omicidio l’oggetto materiale è il corpo umano, mentre l’oggetto giuridico è la vita).

Se, normalmente, si parla di "bene giuridico", talvolta si utilizza anche l’espressione "beneinteresse" per sottolineare che la tutela penale riguarda sia il bene in sé, sia la relazione, giuridicamente rilevante, tra il bene ed il soggetto.

L’offesa può consistere, come accennato, nella lesione o nella messa in pericolo del bene giuridico protetto dalla norma penale.

La lesione è un danno effettivo, consistente nella distruzione (è il caso, ad esempio, della "vita" nell’omicidio), nella diminuzione (ad esempio, dell’integrità fisica nella lesione personale) o nella perdita del bene (si pensi alla perdita della cosa nel furto).

La messa in pericolo, invece, consiste in un danno potenziale del bene, che viene soltanto minacciato (ad esempio, l’incolumità pubblica nel reato di incendio) (Mantovani).

@Fondamento costituzionale

Il principio di offensività del reato poggia le basi su una serie di norme costituzionali, e in particolare (MarinucciDolcini, Mantovani):, secondo il quale "La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge". Da tale norma si ricava il diritto supremo della libertà personale, che non può subire sacrifici ad opera della sanzione penale se non quando ciò sia imposto dall’esigenza di tutelare un interesse di rilevanza costituzionale, in base al

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principio secondo cui ogni diritto costituzionalmente garantito non può subire limitazioni se non per la tutela di un altro interesse di pari rango;, per il quale "Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso"; questa norma, laddove utilizza il termine "fatto", intende riferirsi ad un "fatto offensivo", lesivo di un bene giuridico;, nella parte in cui afferma che "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato"; risulta evidente che, se si punisse un soggetto per aver commesso un fatto inoffensivo (ossia, non lesivo di alcun bene giuridicamente tutelato), si finirebbe col punirlo soltanto per aver disubbidito ad una norma, e ciò contrasterebbe con la finalità rieducativa della pena, in quanto il soggetto non sarebbe in grado di comprendere il "perché" della punizione a lui inflitta e, quindi, di correggere il proprio comportamento eliminando un’antisocialità che, di fatto, non è mai esistita (si pensi, ad esempio, al furto di un chicco d’uva: in tal caso, non vi è nessun soggetto da rieducare, in quanto tale comportamento è del tutto inoffensivo). Nessuna esigenza rieducativa potrebbe mai essere soddisfatta se l’individuo non venisse punito e rieducato per un fatto concretamente offensivo.

[VEDI TABELLA IN PDF ALLEGATO]

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@I risvolti "operativi" del principio di offensività

Se, come sopra rilevato, il principio di offensività è un principio riconosciuto a livello costituzionale, le conseguenze che ne derivano sono:

- da un lato, l’obbligo, per l’interprete (il giudice), di applicare le norme penali di parte speciale seguendo, come criterio direttivo, il modello di reato inteso come offesa ad un bene giuridico;

- dall’altro, l’obbligo, per il legislatore (Parlamento), di rispettare tale principio sia al momento della creazione di nuove ipotesi di reato, sia quando deve decidere se...

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