Corte di cassazione penale sez. I, 29 agosto 2013, n. 35767 (c.c. 5 luglio 2013)

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Arch. nuova proc. pen. 6/2013
Legittimità
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. I, 29 AGOSTO 2013, N. 35767
(C.C. 5 LUGLIO 2013)
PRES. ZAMPETTI – EST. CAPOZZI – P.M. ANIELLO (PARZ. DIFF.) – RIC. BELLINI
Misure di prevenzione y Procedimento y Invito a
comparire y Assimilabilità al decreto di citazione y
Indicazione del tipo di misura adottata y E del tipo
di pericolosità del soggetto su cui si fonda la richie-
sta y Necessità.
. In tema di misure di prevenzione, la disciplina del
procedimento applicativo dettata dall’art. 7 del D.L.vo
6 settembre 2011 n. 159 si pone in linea di continuità
con quella dettata dall’abrogato art. 4 della legge n.
1423 del 1956, per cui rimane valido il principio, già
più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità
con riferimento a detta ultima disposizione normativa,
secondo cui l’invito a comparire indirizzato al soggetto
nei cui confronti è stata chiesta l’applicazione di una
misura di prevenzione dev’essere assimilato al decreto
di citazione a giudizio e deve quindi contenere, a pena
di nullità, l’indicazione non solo della misura proposta,
ma anche del tipo di pericolosità posta a fondamento
della richiesta. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 636; d.l.vo
6 settembre 2011, n. 159, art. 7; l. 27 dicembre 1956, n.
1423, art. 4) (1)
(1) Analogamente v. Cass. pen., sez. I, 22 dicembre 2004, Scutti, in
questa Rivista 2006, 338. In senso conforme alla pronuncia in com-
mento per quanto riguarda l’assimilazione dell’invito a comparire al
decreto di citazione, si veda Cass. pen, sez. I, 17 giugno 1993, P.G. in
proc. Trofa, in Riv. pen. 1994, 441.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.Con decreto del 25 settembre 2012 la Corte d’appello
di Brescia ha confermato il provvedimento del 12 giugno
2012, con il quale il Tribunale in sede ha applicato a Bellini
Luca la misura di prevenzione della sorveglianza speciale
di p.s. con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza
per la durata di anni 3.
2.Avverso detto decreto della Corte d’Appello di Bre-
scia ricorre personalmente innanzi a questa Corte Bellini
Luca, deducendo violazione di legge in quanto nel decreto
di f‌issazione dell’udienza camerale di primo grado non era
stata indicata la forma di pericolosità sociale attribuitagli;
e detta carenza era stata da lui contestata sia in primo
grado che in grado di appello, facendo presente che, nel
vigore della legge n. 1423 del 1956, l’invito a comparire,
indirizzato ex art. 4 della citata legge alla persona nei cui
confronti veniva chiesta l’applicazione di una misura di
prevenzione, doveva essere considerato come uno stru-
mento di contestazione che aveva ad oggetto la forma di
pericolosità che si intendeva porre a fondamento della
richiesta, si che la sua mancanza dava luogo ad una nul-
lità assoluta di ordine generale; e, passando dalla norma
sopra descritta a quella contenuta nell’art. 7 del d.l.vo n.
159 del 2011, il legislatore non aveva inteso disconoscere
le garanzie giurisdizionali stratif‌icatesi nel corso di una
pluriennale elaborazione giurisprudenziale a tutela del
diritto di difesa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Il ricorso proposto da Bellini Luca è fondato.
2.La giurisprudenza di questa Corte, nella vigenza
dell’art. 4 della legge n. 1423 del 1956, ha sempre concor-
demente ritenuto che l’invito a comparire indirizzato alla
persona nei cui confronti veniva chiesta l’applicazione di
una misura di prevenzione dovesse essere considerato, al
pari del decreto di citazione a giudizio, come uno strumen-
to di contestazione che doveva indicare la forma di perico-
losità che si intendeva porre a base della misura proposta e
gli elementi di fatto, dai quali si riteneva di poter evincere
la sussistenza di detta forma di pericolosità; era pertanto
richiesto che il decreto di citazione contenesse f‌in dal
primo grado, a pena di nullità, l’indicazione non solo della
misura di cui si chiedeva l’applicazione, ma anche del tipo
di pericolosità posta a fondamento della richiesta (cfr., in
termini, Cass. sez. I n. 49279 del 30 novembre 2004, Scutti,
Rv. 230769).
3.Non può invero ritenersi che con il passaggio dall’art.
4 commi sesto e seguenti della legge n. 1423 del 1956 al-
l’art. 7 del d.l.vo n. 159 del 2011 il legislatore abbia inteso
in qualche modo modif‌icare il procedimento applicativo
delle misure di prevenzione, si che la giurisprudenza di
legittimità sopra richiamata è da ritenere tuttora valida ed
attuale, nel senso che anche nel vigore della nuova norma-
tiva il proposto deve essere f‌in dall’inizio consapevole del
tipo di pericolosità di cui è ritenuto essere portatore, onde
consentirgli un adeguato diritto di difesa.
D’altra parte la continuità fra i due testi normativi in
questione si coglie anche rilevando come l’art. 4 comma
sesto della legge n. 1423 del 1956 fa riferimento agli artt.
636 e 637 del c.p.p. del 1930, ora riferibili all’art. 678 del-
l’attuale c.p.p., che regola il procedimento di sorveglianza
e che contiene un esplicito rinvio all’art. 666 c.p.p., con-
cernente il procedimento di esecuzione.
Ora, che l’art. 7 del d.l.vo n. 159 del 2011 non contenga
alcuna disposizione che possa far pensare ad una discon-

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