Corte di cassazione civile sez. II, 6 novembre 2013, n. 25019

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giur
Arch. loc. e cond. 1/2014
LEGITTIMITÀ
creto che autorizzava l’occupazione sia di quello che ne
pronunciava l’espropriazione, ai soli f‌ini della opponibilità
ai terzi, con la conseguenza che i diritti dei terzi sarebbero
rimasti salvi ove non fosse stata effettuata la trascrizione.
Inoltre, anche gli articoli sulla retrocessione del bene
agli espropriati si riferivano alla possibilità di riottenere
la titolarità del diritto di proprietà, qualora il bene non
fosse stato, in tutto o in parte, utilizzato, senza, però, che
fosse presente una precisa disposizione per l’eventuale
recupero del possesso.
In sintesi, dunque, deve ritenersi che il decreto di espro-
prio, non seguito da alcun atto della P.A. espropriante di
materiale di apprensione del bene costituentene l’oggetto,
non è idoneo, di per sé, a determinare l’estinzione delle
situazioni di fatto sul bene e, quindi, in caso di comprovato
possesso ultraventennale esercitato da un privato secondo
i requisiti oggettivi e soggettivi ricondotti univocamente
all’interpretazione dell’art. 1158 c.c., è possibile anche
l’acquisto in suo favore del corrispondente diritto reale
per usucapione.
Del resto, come osservato perspicacemente in dottrina,
se – ad avviso della concorde giurisprudenza (v., ad es.,
Cass. n. 3153 del 1998; Cass. n. 19294 del 2006 e Cass. n.
17570 del 2008) - si riconosce alla P.A. la possibilità di
usucapire la proprietà del bene occupato “sine titulo”,
realizzando sullo stesso l’opera pubblica, e si ritiene che
cessino, in suo favore, sia la tutela reale che risarcitoria
da parte del privato espropriato, per un’applicazione spe-
cularmente contrapposta dello stesso principio sarebbe
legittimo riconoscere al privato che continui a possedere
il bene, nell’inerzia totale della P.A. espropriante a seguito
dell’emissione del decreto di esproprio e nel concorso del-
le condizioni previste dall’art. 1158 c.c., usucapirlo, in tal
senso attuando la generale esigenza dell’ordinamento di
soddisfare l’interesse all’adeguamento della situazione di
fatto a quella di diritto (che viene soventemente invocata
proprio a vantaggio della P.A.).
10. In def‌initiva, alla stregua delle complessive ragioni
esposte ed in virtù dei presupposti di fatto accertati dalla
Corte di merito (relativamente alla mancata apprensione
del bene da parte del Comune di Roma a seguito dell’emis-
sione del decreto di espropriazione e fatta salva la valu-
tazione di tutte le condizioni stabilite dal citato art. 1158
c.c.), deve essere accolto il secondo motivo dedotto con il
ricorso principale, al quale consegue - previa declarato-
ria di assorbimento degli altri motivi dello stesso ricorso
nonché del motivo dedotto con il ricorso incidentale - la
cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della
causa ad altra Sezione della Corte di appello di Roma, che
si conformerà (con riferimento alla denunciata violazione
di legge) al seguente principio di diritto: “ai f‌ini della pos-
sibile conf‌igurazione di un possesso «ad usucapionem», il
trasferimento coattivo di un bene non integra necessaria-
mente, di per sé, gli estremi del «constitutum possesso-
rium», poiché - con particolare riguardo ai trasferimenti
coattivi conseguenti ad espropriazione per pubblica utilità
- il diritto di proprietà si trasferisce in capo all’ente espro-
priante contro la volontà dell’espropriato/possessore,
senza che nessun accordo intervenga fra questi e lo stesso
espropriante, né in relazione alla proprietà né in relazione
al possesso; ne consegue che il provvedimento ablativo
non determina, di per sé, un mutamento dell’«animus rem
sibi habendi» in «animus detinendi» in capo al soggetto
espropriato, il quale, pertanto, può del tutto legittima-
mente invocare, nel concorso delle condizioni di legge,
il compimento in suo favore dell’usucapione qualora alla
dichiarazione di pubblica utilità non siano seguiti né l’im-
missione in possesso, né l’attuazione del previsto interven-
to urbanistico da parte dell’espropriante, rimanendo del
tutto irrilevante, a tale scopo, l’acquisita consapevolezza
dell’esistenza dell’altrui diritto dominicale”.
Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese della
presente fase di legittimità. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
SEZ. II, 6 NOVEMBRE 2013, N. 25019
PRES. TRIOLA – EST. CARRATO – P.M. VELARDI (CONF.) – RIC. CONDOMINIO
IPPOLITO NIEVO 6 IN FALCONARA MARITTIMA (AVV.TI FREDDI E ALFIERI) C.
BURATTINI (AVV. CARUSO)
Proprietà y Limitazioni legali della proprietà y
Rapporti di vicinato y Immissioni sonore y Soglia di
tollerabilità y Parametro di riferimento y D.P.C.M.
1° marzo 1991 y Portata y Fattispecie in tema di ru-
morosità di ascensore condominiale.
. I criteri previsti dal D.P.C.M. 1° marzo 1991 per la
determinazione dei limiti massimi di esposizione al
rumore, ancorché dettati per la tutela generale del
territorio, possono essere utilizzati come parametro di
riferimento per stabilire l’intensità e – di rif‌lesso – la
soglia di tollerabilità delle immissioni rumorose nei
rapporti tra privati (nella specie inerenti l’ascensore
condominiale) purché, però, considerati come un limi-
te minimo e non massimo, dato che i suddetti parame-
tri sono meno rigorosi di quelli applicabili nei singoli
casi ai sensi dell’art. 844 c.c., con la conseguenza che,
in difetto di altri eventuali elementi, il loro superamen-
to è idoneo a determinare la violazione di tale norma.
(Mass. Redaz.) (c.c., art. 844; d.p.c.m. 1 marzo 1991
art. 4) (1)
(1) Si rinvia alla citata Cass. civ., sez. II, 25 agosto 2005, n. 17281,
in Ius&Lex dvd n. 6/2013, ed. La Tribuna, secondo cui i parametri
f‌issati dalle norme speciali a tutela dell’ambiente (dirette alla pro-
tezione di esigenze della collettività, di rilevanza pubblicistica), pur
potendo essere considerati come criteri minimali di partenza, al f‌ine
di stabilire l’intollerabilità delle emissioni che li eccedano, non sono
necessariamente vincolanti per il giudice civile che, nello stabilire la
tollerabilità o meno dei relativi effetti nell’ambito privatistico, può
anche discostarsene, pervenendo al giudizio di intollerabilità, ex
art. 844 c.c., delle emissioni, ancorché contenute in quei limiti, sulla
scorta di un prudente apprezzamento che consideri la particolarità
della situazione concreta e dei criteri f‌issati dalla norma civilistica
(invero posta preminentemente a tutela di situazioni soggettive pri-
vatistiche, segnatamente della proprietà).

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