Corte di cassazione civile sez. II, 4 dicembre 2013, n. 27233

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giur
Arch. loc. e cond. 2/2014
LEGITTIMITÀ
base della domanda di risarcimento rigettata dalla detta
Corte esaminando il quarto motivo di appello.
Detto fatto era rappresentato dalla deduzione che l’im-
mobile era stato rilasciato in una certa data, che il con-
tratto doveva durata f‌ino ad una certa data e che era stato
rilocato ad una certa data.
Tale deduzione era stata prospettata come fondamen-
to della debenza dei canoni f‌ino alla data della rilocazio-
ne nella mi sura indic ata dal P., siccome si rileva dalla
lettura del r icorso, presen te nei fascicoli di par ti delle
fasi di merito (p. 5.). Detta deduzione, peraltro, nem-
meno risulta esaminata d alla sente nza di primo grado,
che pur si rinvien e in essi: detta sentenza, infat ti, risulta
avere giustif‌icat o il riconoscimento della de benza dei
canoni per la mancata dimost razione che sarebbe stato
possibile rilocare l’immobil e in tempi più brevi di quelli
in cui venne rilocato.
In tale situazione, emerge che la detta prospetta-
zione avrebbe do vuto essere riproposta in app ello, in
quanto rimasta asso rbita in primo grado, mentre il P.
non ha indicato se e dove lo fu. Ne consegue che per
tale parte il m otivo d i rico rso ris ulta in ammissibile ai
sensi dell’art . 366 c.p.c ., n. 6, perchè non ha indicato
l’atto processuale che legittimerebbe il far valere detta
prospetta zione. La stes sa individuazio ne della parte del
ricorso introdutt ivo in cui quella prospetta zione era
stata fatta valere è mancata nel ricorso, atteso che nes-
suna indicazione specif‌ica del contenuto del medesimo
in parte qua è stata fat ta e neppure è stato detto se e
dove sarebbe stato es aminabile ove prod otto in questo
giudizio di legittimità.
Peraltro, ricercando il ricorso di iniziativa della Corte
esso si è rinvenuto nei fascicoli di parte dei gradi di merito,
ma in essa non si coglie nemmeno alcun passo che avesse
fondato la domanda di riconoscimento dei canoni dopo il
rilascio sulla indisponibilità dell’immobile per l’esecuzio-
ne dei lavori di ripristino che vennero poi effettivamente
eseguiti.
In particolare, detto passo non si coglie là dove nel
ricorso si chiesero le “spese sostenute dal ricorrente per
il reperimento di nuovo conduttore e per la stipulazione
di un nuovo contratto di locazione, nonchè per l’attività ed
il dispendio di tempo impiegati per curare il ripristino dei
locali oltre i relativi costi di assistenza tecnica” (pagina 6
del detto ricorso).
Non sussistono, dunque, ragioni per giustif‌icare una
cassazione con rinvio per l’accertamento della debenza
dei canoni f‌ino al momento in cui si conclusero i lavori
di ripristino, per la cui spesa è stata accolta la relativa
domanda da Tribunale, con conferma sul punto da parte
della Corte territoriale, e, dunque, il godimento del P. ven-
ne ripristinato come avrebbe dovuto esserlo.
p.4. Il ricorso è, conclusivamente rigettato.
p.5. La circostanza che la quaestio iuris è stata esa-
minata per la prima volta funditus in questa occasione,
integra giusti motivi per la compensazione delle spese del
giudizio di cassazione, secondo il regime dell’art. 92 c.p.c.,
applicabile in questo giudizio. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
SEZ. II, 4 DICEMBRE 2013, N. 27233
PRES. TRIOLA – EST. CARRATO – P.M. PATRONE (CONF.) – RIC. CANTARUTTI L. ED
ALTRI (AVV.TI MONAI E PRASTARO) C. VICARI C. ED ALTRO (AVV. BATOCLETTI)
Uso della cosa comune y Art. 1102 c.c. y Inderoga-
bilità y Esclusione y Previsione di limiti più rigorosi
y Ammissibilità y Condizioni.
Assemblea dei condomini y Deliberazioni y Spese
condominiali generali y Modif‌ica a maggioranza, e
non all’unanimità, dei criteri di riparto stabiliti ex
art. 1123 c.c. y In favore di una ripartizione secondo
criterio “capitario” y Conseguenze y Nullità della
delibera.
. L’art. 1102 c.c., nel prescrivere che ciascun parteci-
pante può servirsi della cosa comune purché non ne
alteri la destinazione e non impedisca agli altri par-
tecipanti di farne lo stesso uso secondo il loro diritto,
non pone una norma inderogabile, ragion per cui i suoi
limiti possono essere resi più rigorosi dal regolamento
condominiale o dalle apposite delibere assembleari
adottate con i “quorum” prescritti dalla legge. L’unico
limite della legittima “autodisciplina condominiale” è
rappresentato dalla previsione del divieto sostanziale
di utilizzazione generalizzata delle parti comuni; nel
caso in cui, invece, l’assemblea condominiale (con le
prescritte maggioranze) adotti una delibera che vieti
soltanto un uso specif‌ico (nella fattispecie, apertura di
nuovi accessi nel muro comune), la stessa deliberazio-
ne deve ritenersi legittima. (Mass. Redaz.) (c.c., art.
1102) (1)
. In mancanza di diversa convenzione adottata all’una-
nimità, espressione dell’autonomia contrattuale, la
ripartizione delle spese condominiali generali deve
necessariamente avvenire secondo i criteri di propor-
zionalità, f‌issati nell’art. 1123, primo comma, c.c., e
pertanto, non è consentito all’assemblea condominia-
le, deliberando a maggioranza, di ripartire con criterio
“capitario” le spese necessarie per la prestazione di
servizi nell’interesse comune. (Mass. Redaz.) (c.c., art.
1123; c.c., art. 1136) (2)
(1) Nel senso che l’art. 1102 c.c., non pone una norma inderogabi-
le i cui limiti non possano essere resi più severi da un predisposto
regolamento condominiale, successivamente recepito nel contratto
d’acquisto di beni compresi nel complesso condominiale, v. Cass. civ.,
sez. II, 24 aprile 1975, n. 1600, in Ius&Lex dvd 2/2014, ed. La Tribuna.
La presente decisione conserva la propria eff‌icacia anche dopo la
legge di riforma del condominio.
(2) Nel senso che le delibere assembleari aventi ad oggetto la ri-
partizione delle spese comuni, con le quali si deroghi “una tantum”
ai criteri legali di ripartizione delle spese medesime, ove adottate
senza il consenso unanime dei condomini, sono nulle, v. Cass.
civ., sez. II, 19 marzo 2010, n. 6714, in questa Rivista 2010, 257.
La presente decisione conserva la propria eff‌icacia anche dopo la
legge di riforma del condominio.

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