Il demanio idrico nella normazione sul federalismo demaniale - 1. Acque pubbliche e definizioni. - 2. L'acqua come bene comune. - 3. Uso delle acque pubbliche. - 4. La pubblicizzazione integrale dell'ambiente acquifero. - 5. Il demanio idrico nel codice dell'ambiente. Cenni. - 6. Demanio idrico e federalismo demaniale. - 7. Il demanio idrico pugliese. - 8. Demanio acquedottistico. - 9. Bibliografia.

AutoreM. T. Paola Caputi Jambrenghi
Pagine149-170
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IV
IL DEMANIO IDRICO NELLA NORMAZIONE
SUL FEDERALISMO DEMANIALE
M. T. Paola Caputi Jambrenghi
S: 1. Acque pubbliche e definizioni.–2. L’acqua come bene comune.–3. Uso
delle acque pubbliche.–4. La pubblicizzazione integrale dell’ambiente acquife-
ro.–5. Il demanio idrico nel codice dell’ambiente. Cenni–6. Demanio idrico e fe-
deralismo demaniale. -7. Il demanio idrico pugliese.–8. Demanio acquedottisti-
co.–9. Bibliografia.
1. Acque pubbliche e definizioni
Una partizione assai rilevante del demanio necessario, prevalente-
mente caratterizzata da beni non costruiti dall’uomo (demanio natura-
le), è quella del demanio idrico.
Ma c’è subito da osservare che, al di là di ogni classicazione, in
realtà l’acqua è il bene comune primario per la sopravvivenza delle per-
sone e, su altro piano, dell’agricoltura, dunque del nutrimento per la
persona, la fauna e la ora.
Or, che il libro terzo del codice civile, intitolato alla proprietà, faccia
precedere il demanio marittimo a quello idrico nell’elencazione dell’art.
822, co. 1, può trovare ragione unicamente nella considerazione quan-
titativa delle coste marine italiane, che fanno del demanio marittimo,
insieme a quello stradale, il complesso dei beni che presenta quantità e
correlativi obblighi pubblici di conservazione e garanzia di apertura alla
fruizione collettiva ben maggiori di ogni altro tipo di bene demaniale;
ma la funzione dell’acqua, quella potabile, quella industriale e quella
irrigua, è -com’è ben noto- essenziale per la sopravvivenza della specie
umana nel pianeta.
Le altre funzioni sono di gran rilievo ma ben lontane dall’essenzia-
lità per la sopravvivenza: bere l’acqua potabile e nutrirsi dei prodotti
dell’agricoltura sviluppati mediante l’irrigazione non può considerarsi
circostanza di rilievo relativo, paragonabile all’uso concesso per la pro-
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duzione idroelettrica e industriale, per l’igiene pubblica e privata e per
la pesca e la navigazione quando sono regolamentate.
La distinzione tradizionale tra acque superciali e sotterranee deve
probabilmente considerarsi quella da prendere in esame per prima.
Le acque sotterranee, tanto freatiche, cioè di falda, che circolanti
negli strati più profondi, «quando siano portate alla supercie ... an-
che se provenienti da falde acquifere freatiche o artesiane (salienti) non
diventano superciali, in quanto estratte articialmente mediante l’e-
scavazione di pozzi; e rimangono di regola distinte dalle acque delle
sorgenti naturali, che, pur derivando anch’esse da acque sotterranee,
sono considerate superciali, perché scaturiscono spontaneamente, per
naturale aforamento: ... aqua viva o perenne, che scaturisce da un fons
o da altro caput aquae ... e aqua prouens, che uisce o scorre, per gra-
vità, entro un alveo naturale o articiale»1.
La normativa sulle acque pubbliche e sui loro usi può denirsi ster-
minata: il testo unico delle disposizioni di legge sulle acque pubbliche
e gli impianti elettrici del 19332 presenta, in realtà, caratteri di legge
1 Cfr. G. ASTUTI, Acque. Introduzione storica generale, voce dell’Enc. dir., V, Milano,
1958, 346.
2 Si tratta del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, recante una normativa di base a lungo vigente
in gran parte fino al 2006 per la tutela delle acque ed i limiti del loro sfruttamento. In disparte
alcuni aggiustamenti tecnici successivi, il t.u. è stato modificato con d.lgs. 1993, n. 275 per il
necessario «riordino in materia di concessione di acque pubbliche», nonché dalla l. 21 ottobre
1994 recante misure urgenti in materia di dighe e dal d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79, «Attuazione
della direttiva 96/92/CE, recante norme comuni per il mercato interno all’energia elettrica».
Il t.u. aveva anzitutto raccolto le norme del r.d. 25 luglio 1904, n. 523, definito t.u. delle dis-
posizioni di legge sulle opere idrauliche, ed anche quelle delle sue modificazioni, ad es. la l. 13
luglio 1911, n. 774.
È da notare che il r.d. 1904, oltre ad affidare la «suprema tutela delle acque pubbliche e
l’ispezione sui relativi lavori» al governo del regno, riassume la posizione dello Stato sulle
frequenti “battaglie” giudiziarie in ordine alla pubblicità dell’acqua e la necessità del rispetto
del regime dell’acqua: «Spetta esclusivamente all’autorità amministrativa lo statuire e prov-
vedere, anche in caso di contestazione, sulle opere di qualunque natura, e in generale sugli usi,
atti o fatti, anche consuetudinari, che possono aver relazione col buon regime delle acque pub-
bliche, con la difesa e conservazione, con quello delle derivazioni legalmente stabilite, e con
l’animazione dei molini ed opifici sovra le dette acque esistenti; e così pure sulle condizioni di
regolarità dei ripari ed argini od altra opera qualunque fatta entro gli alvei e contro le sponde.
Quando dette opere, usi, atti, fatti siano riconosciuti dall’autorità amministrativa dannosi al
regime delle acque pubbliche, essa sola sarà competente per ordinarne la modificazione, la
cessazione, la distruzione. Tutte le contestazioni saranno regolate dall’autorità amministrativa,
salvo il disposto dell’art. 25, n. 7, della L. 2 giugno 1889, n. 6166» (art. 1, co. 1-2).
Il problema grave è posto dai commi 3-5 dell’art. 2: «Spetta pure all’autorità amministrativa,
escluso qualsiasi intervento dell’autorità giudiziaria, riconoscere, anche in caso di contestazi-
one, se i lavori rispondano allo scopo cui debbono servire ed alle buone regole d’arte.
Tuttavolta che vi sia inoltre ragione a risarcimento di danni, la relativa azione sarà pro-
mossa dinanzi ai giudici ordinari, i quali non potranno discutere le questioni già risolute in via
amministrativa.

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