Delle opere degli avvocati quanto ai tempi

AutoreVincenzio Moreno
Pagine101-116

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@Titolo I. Partizione

  1. M’avvedo di leggieri che se nel trattare degli ufizî dell’avvocato rispetto alle cose ed alle persone avessi allogato tutto ciò che era da dire, questa partizione degli uffizî rispetto ai tempi avrebbe potuto parere superflua; ma questo non era altrimenti da fare; perciocchè ci ha certi ufizi che riguardano ugualmente le persone e le cose, e noù diversificano se non rispetto ai tempi nei quali si compiono. Veramente quelli nel compiere i quali l’avvocato non ha altro testimone che sè medesimo, ovvero tutta quanta una moltitudine ignota [163] che dicesi pubblico o popolo; quelli che compionsi trattandosi ad un’ora cose e persone, perocchè non usandoli si reca eguale ingiuria alle une ed alle altre, o danno ad entrambe, dovevano essere il loro natura collocati qua secondo i tempi. Sotto il quale nome di tempivengono tutte le condizioni presenti, nelle quali l’avvocato s’incontra, quelle che diconsi propriamente circostanze nél linguaggio volgare. L’omnia tempus hubent è sanissimo adagio, che si accomoda ad ogni maniera di cose; ed è veracissimo, perocchè le cose mutano siffattamente secondo i tempi, che quel che è buono ed onesto nel tal luogo, e nel tal dì, altrove è malvagio ed iniquo. Pure non questa partizione ideale è serbata in questo capo; ma invece una altra materiale; chè qua non trattasi di ciò che debbesi altrove fare, ed altrovePage 102 schivare; ma solamente di ciò che suole quando schivarsi e quando farsi.

    E primamente qua voglio dire che nel foro ci ha due maniere di scuole, se si può dare questo nome ad ogni metodo; la scientifica e la materiale. L’una spiritualizza ed astrae le controversie, e tutto riduce a disputazione dottrinale; l’altra tenendo in non cale ogni teorica di diritto, schivando ogni interpetrazione, anche l’esegetica, non segue altre regole che quelle dell’esempio, e di una non so quale [164] logica, che molto concedono all’arbitrio del giudice; ed agli artifizi dell’avvocato. Così si dee fare perchè così si fece, dicono costoro: e gli altri dicono: così si dee fare perchè a questo intende la legge. E certo ognuno tiensi da uno de’ due lati; chè è raro trovare in ogni camino chi varchi il sentiero nel bel mezzo.

    @Titolo II. Dello studio camerale

  2. Dee dividersi le ore del giorno in guisa che molte sieno date allo studio riposato e tranquillo: questo studio dell’avvocato volge nella lettura dei documenti, nella composizione delle scritture forensi, e da ultimo nell’apprendere le nuove teoriche della scienza del diritto, la quale siccome ogni altra e migliora ed accresce di continuo il suo patrimonio. Non parlo delle lettere umane, e di ogni umana disciplina, perocchè non è uffizio proprio dell’avvocato versare in più branche di sapere. Certamente non uccide il suo tempo nè si fa reo quell’avvocato che forniti gli studi del suo mestiero volgesi ad altri studi. Certamente è goffa calunnia, è temerità d’ignorante, vituperare coloro che invece di spendere gli ozi loro in ciance e turpezze, o in sozza [165] pigrizia intendono a locupletare la mente loro propria, e quella d’altrui, ed allargano il demanio dell’umano sapere. L’età nostra non tassa d’infamia, ma onora quelli avvocati che non solamente non sono digiuni di scienze morali, politiche, o naturali, ma anzi fanno di sentirePage 103 innanzi in cotali discipline; e le età avvenire non disgraderanno l’operosità e la forza dell’intelletto di chi seppe fare più che il volgo non fa.

    Ho voluto dir queste cose perocchè rammento con grave dolore quel che la tradizione mi conta di Pietro Giannone uomo così solenne in Europa, e negletto ed obliato nel foro; perocchè ho udito sovente di certi barbassori ingiuriare alla dottrina di molti avvocati che illustrano l’età nostra congiungendo al sapere di molte discipline quel della legge e del modo di applicarle a’ casi: perocchè ho letto del dottissimo Du Moulin che fu detto esser lui versatissimo e sentire molto innanzi nella ragion civile e nella consuetudinaria, ma essere maladatto all’ufficio di avvocato30: e da ultimo perocchè ancora ci è di coloro che andando a ritroso del secolo vorrebbono che la beata ignoranza loro fosse conforto, e gloria degli altri. E costoro spregiano gli avvocati che [166] sappiano di scienza o di lettera. S’abbiano costoro l’ignoranza, e se ne piacciano.

    ” Non ti curar di lor, ma guarda, e passa.

    Non è perciò che tu debba o possa tralasciare lo studio delle faccende per imprender l’altro; nè far sosta dagli affari, nè anteporre le cose piacevoli alle utili e necessarie; ma puoi sollazzarti ricercando altro sapere.

  3. Potrebbesi notar solamente che per rinfrancare l’intelletto sia mestieri esercitare il corpo, affinchè le forze intellettuali appunto si confortino, e si apparecchino a nuove meditazioni: laonde allorchè in quella vece si trapassa d’uno in altro studio, quelle forze non si rinnovano ma s’infievoliscono, e quindi meno robusto è il nuovo meditare. Ma egli è da dire che non tutti coloro i quali non coltivano lettere e scienze esercitano il corpo: altri costringe anzi l’intelletto e la memoria a dure imprese per ottenere che un fante, o una dama al giuoco del Faraone vinca l’asso o il cinque; o dia scaccomatto al re oPage 104 alla regina nel giuoco degli scacchi: altri si sforza di piangeree addolorarsi alle avventure di un Calloandro, o di un Edipo sul paltò scenico: altri suda, e gela per vedere e udire un sospiro della sua Nice: le quali cose come conturbino la fantasia è da ideare agevolmente.

    Nè voglio trasandare il racconto di un fatto utile a questo proposito.

    [167] Il Conte di Maurepas ministro di Luigi XVI. soleva venir le sere nella sala festiva della Rédoute chinoíse in Parigi. Era suo segretario il Beaumarchais, che a quei giorni aveva scritto una comedia molto lodata. Gli disse il ministro la sua maraviglia, interrogandolo qual tempo avesse avuto da togliere agli affari per scrivere la sua favola - Qual tempo? egli rispose: quelle ore, che voi avete consumato nella Rédoute chinoíse - Alle quali parole il Maurepas soggiunse: se nella vostra favola ci ha molti motti di rimando come questo, io dò malleveria del suo merito31. Così potrebbono gli avvocati studiosi delle lettere rispondere a tutti coloro che malamente li tassano di poco amore del mestiero. Omai basti di ciò.

  4. I documenti, qualunque ei sieno, debbono assiduamente leggersi; e senza schivarne alcuna parte come soverchia, ed inutile sovente quel che fu inavvertito è gravissimo. Giova notare nei documenti i luoghi importanti con inchiostro di altro colore sì che al riprenderli tosto si avvisino quei luoghi: molta e buona economia di tempo è pur questa: perocchè chi non l’usa è sovente costretto a [168] rileggere quel che già lesse. Nel comporre i libelli, sieno di domanda o di difesa, rivolgi il codice e rileggi (non monta che tu li abbia a mente) gli articoli opportuni al caso tuo. Valga anche per ciò quel che è detto sopra al capo terzo.

  5. Le ore dello studio non si può assegnarle: chè ognuno ha le sue abitudini fisiche, secondo le quali ei le divide: ma questo è da dire che utili sono le ore dell’alba e del mattino, o quelle della sera; lePage 105 altre debbono essere consacrate a udire e a parlare. Molto appo noi si favella: ma sia vezzo dell’età o naturale desiderio di un popolo di fervidi spiriti, o agevolezza e fluidità d’idioma, o sia checchessia, questo non si può altrimenti evitare: pertanto le ore di studio riposato e pacifico, quale si domanda dalla mente che dee posare solo in un pensiero, sono malagevoli a trovare; ma è pur mestieri che trovinsi.

  6. Fa di tua mano quel che dicesi spoglio dei documenti che è il compendio e il sunto del caso disputabile; non confidare ad altri questo lavoro...

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