Pluralità delle fonti ed unitarietà dell'ordinamento

AutoreErnesto Lupo
Pagine3-41
ERNESTO LUPO
PLURALITÀ DELLE FONTI
ED UNITARIETÀ DELL’ORDINAMENTO*
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. I raccordi tra ordinamento interno e quello dell’Unione euro-
pea. – 2.1. La supremazia del diritto dell’Unione. – 2.2. Gli effetti delle direttive dell’U-
nione e delle sentenze della Corte di Giustizia. – 2.3. L’obbligo del giudice nazionale di
interpretazione conforme. – 2.4. Possibilità dell’insorgenza di una questione di costitu-
zionalità. – 2.5. Il Trattato di Lisbona. – 3. I raccordi tra ordinamento interno e CEDU.
– 3.1. La “svolta” operata dalle sentenze della Corte cost. n. 348 e n. 349 del 2007. – 3.2.
Il Trattato di Lisbona e la CEDU. – 4. Gli effetti degli ordinamenti sovranazionale ed
internazionale sul giudicato interno. – 4.1. Giudicato nazionale e Corte di giustizia. – 4.2.
Giudicato nazionale e Corte di Strasburgo. – 5. Aspetti (recenti) di criticità nel dialogo
tra giudici nazionali e Corte di Strasburgo. – 5.1. La singolarità del caso “Šneersone e
Kampanella”. – 5.2. I casi “Maggio” e “Agrati” (personale ATA). – 5.3. La recente sen-
tenza della Corte di giustizia sul personale ATA. – 6. Qualche osservazione conclusiva.
1. Premessa
La pluralità delle fonti di produzione del diritto all’interno di un ordinamento
dato costituisce un fattore indubbiamente normale nella storia della civiltà giuri-
dica. È lo stesso concetto di ordinamento che postula una molteplicità di fonti,
dal cui congiunto operare esso stesso promana e si alimenta.
Tuttavia, il fenomeno della pluralità delle fonti che si ordina in sistema viene
ad atteggiarsi in modo differente nel tempo, influenzato, com’è, dal relativo con-
testo storico. Se si volge lo sguardo all’epoca, neppure troppo lontana, che pre-
cede di poco l’avvento della Costituzione repubblicana, è possibile affermare che,
in astratto, la ricognizione ed il governo delle fonti dell’ordinamento nazionale
non presentava una complessità altamente problematica, nel senso che, al di là
delle difficoltà insite in ogni operazione ermeneutica, gli ambiti di riferimento
erano circoscritti e, soprattutto, poteva farsi agio su meccanismi sufficientemente
sperimentati di superamento delle possibili antinomie tra le norme prodotte (crite-
rio cronologico, di specialità e segnatamente quello gerarchico). Era, quella, l’e-
poca in cui, non essendo ancora tramontato il mito ottocentesco della “sovranità
* Alla stesura del testo ha collaborato il Cons. Enzo Vincenti.
4 Ernesto Lupo
parlamentare”1, la legge statale si poneva come punto più alto della struttura pira-
midale dell’ordinamento, recando in sé, in quanto fonte normativa per eccellenza,
sovraordinata a tutte le altre, il criterio risolutore principe dei conflitti internorma-
tivi, che, per l’appunto, risiedeva nel criterio di gerarchia.
La Costituzione del 1948 ha eliso, però, non soltanto il carattere della prima-
zia gerarchica, ma anche quelli dell’“unitarietà” e dell’“esclusività” della fonte:
la legge, come sino ad allora intesa, si colloca ora in posizione subordinata alla
Carta costituzionale (le cui norme fungono da parametri di validità della prima)
e si accompagna ad altre fonti di pari rango che non sono diretta espressione del
Parlamento (decreto-legge, decreto legislativo, referendum abrogativo, etc.).
Ma, ancor più, il senso della “frantumazione”2 dell’anzidetta unitarietà si co-
glie nella nuova dimensione spaziale e politica dell’ordinamento giuridico. Ad
esso, il dettato costituzionale, attraverso una complicata trama normativa, ha
somministrato una linfa formidabile anzitutto sul versante “interno”, essendo
stata affidata alle Regioni, nel rinnovato disegno autonomistico della Repubblica
(art. 5 Cost.), la stessa funzione legislativa (implementata con la riforma recata
dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, investente il Titolo V della Parte II della
Costituzione), in materie definite e, naturalmente, con efficacia territoriale corri-
spondente a quella propria dell’ente infrastatuale. Ciò ha comportato, almeno in
specifici ambiti materiali (attualmente, quelli enumerati dal terzo comma dell’art.
117 Cost.), un problema di concorrenza tra la fonte statale e quella regionale, alle
quali, però, non può che assegnarsi pari rango formale; di qui, la necessità di far
ricorso a criteri diversi da quello gerarchico (come, in particolare, quello della
“competenza”) al fine di risolvere i conflitti insorgenti3. È evidente che, per l’in-
terprete e l’operatore giuridico in genere, la difficoltà del compito di governare
la complessità del sistema delle fonti, alimentato dal “pluricentrismo interno”4,
aumenta sensibilmente rispetto al passato.
1 R. BIN, G. PITRUZZELLA, Le fonti del diritto, Torino, 2009, p. 10.
2 R. BIN, G. PITRUZZELLA, op. cit., p.13.
3 Pur esulando il tema specifico dalla presente trattazione, occorre segnalare, brevemente,
che il criterio della “competenza” tra fonte legislativa statale e regionale si snoda, peraltro, se-
condo percorsi non proprio agevoli, là dove si pone il problema di individuare esattamente la
materia che seleziona la fonte, ben potendosi presentare, anche frequentemente, casi in cui essa
rechi con sé un intreccio o un concorso di competenze, sia statali che regionali. In siffatte eve-
nienze, la giurisprudenza costituzionale ha fatto ricorso a vari criteri sussidiari per risolvere il
problema della concorrenza delle fonti. Nondimeno, la complessità del sistema si implementa con
il ricorso alla c.d. “chiamata in sussidiarietà”, in base all’interpretazione dell’art. 118 Cost. fornita
dalla giurisprudenza costituzionale, a partire dalla nota sentenza n. 303 del 2003. In sintesi, si in-
cide su una data allocazione delle funzioni amministrative, attraendole verso l’ente che è in grado
di meglio gestirle e ciò in ragione di superiori esigenze di unitarietà della relativa disciplina e
svolgimento; operazione che richiede necessariamente un intervento della legge, in funzione re-
golativa procedimentale, sicché, ove sia lo Stato ad attrarre a sé funzioni appartenenti alla compe-
tenza regionale, il provvedimento legislativo verrà a derogare al riparto di competenze costituzio-
nalmente stabilito in astratto.
4 R. BIN, G. PITRUZZELLA, op. cit., p.13.
Pluralità delle fonti ed unitarietà dell’ordinamento 5
Ma particolarmente evidenti sono anche i riflessi prodotti dal versante “esterno”
sul sistema ordinamentale nel suo complesso. Anzitutto, il sorgere della Comunità
europea (oggi, Unione europea) ed il suo progressivo espandersi e conformarsi5,
secondo rinnovati contenuti, ha determinato una “pressione”6 delle fonti di cui essa
è dotata sull’ordinamento nazionale; analoga pressione, sebbene con forme di-
verse, quest’ultimo subisce, del resto, da parte di altre fonti internazionali e, segna-
tamente, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Si tratta dell’in-
cidenza del c.d. “pluricentrismo esterno”, che plasma una dimensione diversa da
quella tradizionale, ridefinendo lo stesso concetto di “spazio” in senso giuridico.
Prendendo a riferimento proprio il fenomeno unionista, detto concetto si correla,
infatti, a quelli di “sicurezza, libertà e giustizia” – come emerge sin dal Trattato di
Amsterdam (approvato nel 1997), per essere poi ribadito anche in quello di Li-
sbona (entrato in vigore il 1° dicembre 2009) – sicché il processo di integrazione
europea, percepito sin dagli esordi come “consolidamento di una comunità di di-
ritto (Rechtsgemeinschaft)”, ha finito per incrinare quel «rapporto biunivoco rite-
nuto fondamentale dalla scienza giuridica moderna, e cioè quello tra Stato e diritto,
emblema della sovranità statale»7.
Si assiste, dunque, ad una “metamorfosi dei confini” ed allo “sconfinamento”
del diritto, alla sua globalizzazione, all’inverarsi di diritti non più soltanto gene-
rati e tutelati nell’ambito territoriale dello Stato, ma frutto di fonti diversificate e
risiedenti “oltre lo Stato”, che originano una c.d. “tutela multilivello”8, a maggior
garanzia delle posizioni soggettive, ma non per questo sempre agevole da far
funzionare. In fin dei conti, è lo stesso concetto di sovranità statuale ad essere
messo in crisi9.
Di qui l’interrogativo, di grande impegno, che la stessa comunità degli stu-
diosi si è posto spontaneamente, in ordine alla possibilità, o meno, di delineare al
giorno d’oggi, in modo sufficientemente esaustivo e definito, un sistema delle
fonti10. Difatti, da parte di chi mostra una certa diffidenza per la scelta preferen-
5 Secondo B. MARKESINIS, in Comparative Law in the Courtroom and Classroom, 2003,
L’influenza del diritto europeo in ogni area del diritto interno differenzia la nostra epoca dalla
precedente generazione”.
6 R. BIN, G. PITRUZZELLA, op. cit., p. 19.
7 A. DI MARTINO, Il territorio: dallo Stato-Nazione alla globalizzazione (sfide e prospettive
dello Stato costituzionale aperto), Milano, 2010, p. 4.
8 A. RUGGERI, Riconoscimento e tutela “multilivello”dei diritti fondamentali, attraverso le
esperienze di formazione e dal punto di vista della teoria della Costituzione, relazione dell’11
maggio 2007, in www.associazionedeicostituzionalisti.it.
9 Nella c.d. global age si esclude ormai l’esistenza di una sovranità assoluta e – come rimarca
M. RAVERAIRA, Sovranazionalità vs. Sovranità (e viceversa), in www.federalismi.it, n. 11/2011 –
risulta pertanto felice l’affermazione di L. FERRAJOLI (in La sovranità nel mondo moderno, Mi-
lano, 1995, p. 48) per cui lo Stato nazionale sarebbe “ormai troppo grande per le cose piccole e
troppo piccolo per le cose grandi”.
10 A. PIZZORUSSO, È possibile parlare ancora di un sistema delle fonti?, in Foro it., 2009, V,
c. 215 ss.; ancora A. PIZZORUSSO, Disposizioni sulla legge in generale. Delle fonti del diritto. Art.
1-9, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, II ed., Bologna-Roma, 2011, p. 67 ss.

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT