Concorso di reato dell'amministratore non delegato in organizzazioni complesse societarie

AutoreDomenico Giannelli
Pagine1081-1082
1081
Rivista penale 10/2013
Varie
CONCORSO DI REATO
DELL’AMMINISTRATORE NON
DELEGATO IN ORGANIZZAZIONI
COMPLESSE SOCIETARIE
di Domenico Giannelli
Un’importante questione oggetto di una diatriba dot-
trinal giurisprudenziale è costituita dalla responsabilità
dell’amministratore senza deleghe per il reato commesso
dal delegato.
Giova all’uopo ricostruire la disciplina codicistica in
merito antecedente e susseguente la riforma del diritto
societario avvenuta col D.L.vo 6/2003.
Prima del D.L.vo 6/2003 si era soliti richiamare l’art.
2392 c.c. dettato in tema di responsabilità degli ammini-
stratori verso la società.
Nella formulazione antecedente al 2003 la summenzio-
nata disposizione codicistica prevedeva che “gli ammini-
stratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla
legge e dall’atto costitutivo con la diligenza del mandata-
rio, e sono solidalmente responsabili verso la società dei
danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri, a meno
che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo
o di uno o più amministratori.
In ogni caso gli amministratori sono solidalmente re-
sponsabili se non hanno vigilato sul generale andamento
della gestione o se, essendo a conoscenza di atti pregiudi-
zievoli non hanno fatto quanto potevano per impedire il
compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze.
Si faceva inoltre riferimento all’art. 2394 c.c. che in
tema di responsabilità verso i creditori sociali così dispone
“ gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per
l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione
del patrimonio sociale”.
Dal combinato disposto delle due norme parte auto-
revole della dottrina e una certa giurisprudenza (ex plu-
rimis Cass., sez. V, 24 maggio 2006, n. 36764) ritenevano
di poter inferire la sussistenza di un obbligo di vigilanza
sull’andamento della gestione incombente su tutti gli
amministratori societari: si argomentava pertanto che
fosse responsabile l’amministratore delegante che avesse
omesso colpevolmente di vigilanza sull’attività del delega-
to consentendogli di commettere fatti-reato.
Sulla portata della delega e sulla sua eff‌i cacia ai f‌i ni
della liberazione da responsabilità per fatti illeciti, erano
emerse nel panorama dottrinario e giurisprudenziale due
opzioni ermeneutiche di segno contrastante.
Secondo una parte autorevole della dottrina (Cfr.
PADOVANI, Diritto penale del lavoro. Prof‌i li generali ,
Milano 1983) per evitare il rischio di uno slittamento delle
responsabilità, bisognava che il titolare originario della
posizione di garanzia mantenesse quantomeno un obbligo
di vigilanza sull’attività espletata dal delegato preposto.
Con la conseguenza che in caso d’inadempimento del
soggetto delegato, il delegante continuerebbe rispondere
dei fatti illeciti, eventualmente il concorso, sotto forma di
mancato impedimento di reato ex art. 40 c.p.v. beninteso
purché l’obbligo di vigilanza risulti completamente esigi-
bile alla stregua dei criteri che presiedono all’imputazione
a titolo di colpa (cfr. FIANDACA-MUSCO, Manuale di
diritto penale parte generale, ed. 1997, pag. 144).
Altra tesi anch’essa espressa autorevolmente (FIOREL-
LA, Il trasferimento di funzioni nel diritto penale dell’im-
presa , Firenze 1984 riteneva che a seguito della delega si
assisterebbe a un mutamento del soggetto attivo del reato
che non sarebbe da ricercare nell’originario destinatario
del precetto penale bensì nel solo delegato salva l’ipotesi
in cui il delegante non intervenga di fronte a violazione
di cui comunque sia venuto a conoscenza, realizzandosi
in tal caso un concorso dell’intraneus delegante con l’ex-
traneus delegato (CONTI, Diritto penale , p. 107).
La giurisprudenza dal suo canto, con un approccio di
tipo funzionalistico, riconosceva eff‌i cacia esimente alla
delega in presenza di alcune condizioni: 1) grandi dimen-
sioni dell’impresa; 2) comprovata competenza tecnica dei
delegati; 3) esistenza dei mezzi necessari per l’assolvi-
mento della funzione ad essi demandata (ex plurimis in
tal senso Cass., sez. IV, 1° aprile 2004).
Intervenuto il D.L.vo 6/2003 ci si è chiesti in dottrina e
giurisprudenza, se siano o meno sostenibili le tesi dianzi
citate.
Interessante è l’eliminazione dal testo dell’art. 2392 c.c.
di ogni riferimento alla necessaria vigilanza sul generale
andamento della gestione sostituito dall’onere di agire
informati di cui all’art. 2381 c.c.
Detta disposizione recita ora “gli amministratori sono
tenuti ad agire in modo informato; ciascun amministrato-

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