Decisioni della Corte Costituzionale

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine537-545

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@CORTE COSTITUZIONALE 25 febbraio 2002, n. 29 (ud. 4 dicembre 2001). Pres. Ruperto - Rel. Marini - Imp. X.

Mutuo - Contratto di mutuo - Interessi - Usurari - Per effetto della riduzione del c.d. tasso soglia - Introduzione del tasso di sostituzione - Decorrenza differita - Irragionevolezza e disparità di trattamento in danno dei mutuatari rispetto alle banche - Illegittimità costituzionale. Mutuo - Contratto di mutuo - Interessi - Usurari - Per effetto della riduzione del c.d. tasso soglia - Interpretazione autentica - Natura usuraria dei soli interessi originariamente convenuti - Lamentata sanatoria in favore delle banche - Fattispecie riguardante interessi originariamente usurari - Difetto di rilevanza - Questione inammissibile di legittimità costituzionale. Mutuo - Contratto di mutuo - Interessi - Usurari - Per effetto della riduzione del c.d. tasso soglia - Interpretazione autentica - Natura usuraria dei soli interessi originariamente convenuti - Lamentata sanatoria in favore delle banche - Irragionevolezza con incidenza sul diritto alla tutela giurisdizionale e sul principio di tutela dell'accesso al risparmio - Questione non fondata di legittimità costituzionale. Mutuo - Contratto di mutuo - Interessi - Usurari - Per effetto della riduzione del c.d. tasso soglia - Interpretazione autentica - Natura usuraria dei soli interessi originariamente convenuti - Lamentata sanatoria in favore delle banche - Denuncia dei vizi attinenti alla decretazione d'urgenza - Efficacia sanante della conversione in legge - Questione non fondata di legittimità costituzionale.

È costituzionalmente illegittimo in riferimento all'art. 3 Cost., l'art. 1, comma 2, D.L. 29 dicembre 2000, n. 394 (Interpretazione autentica della L. 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura), convertito, con modificazioni, in L. 28 febbraio 2001, n. 24, nella parte in cui dispone che la sostituzione prevista nello stesso comma si applica alle rate che scadono successivamente al 2 gennaio 2001 anziché a quelle che scadono dal giorno stesso dell'entrata in vigore del decreto-legge; dell'art. 1, comma 3, del D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, limitatamente alle parole «per le rate con scadenza a decorrere dal 3 gennaio 2001». (D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, art. 1) (1).

È inammissibile, in riferimento agli artt. 3, 24, 35, 41 e 47 Cost. la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, del D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, convertito, con modificazioni, in L. 28 febbraio 2001, n. 24, nella parte in cui, nel caso di interessi originariamente usurari pattuiti dopo l'entrata in vigore della L. n. 108/1996, la nullità della relativa clausola ai sensi dell'art. 1815, secondo comma, c.c., come novellato dalla suddetta L. del 1996, non è preclusa dall'applicazione della norma impugnata. (D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, art. 1) (2).

Non è fondata, in riferimento agli artt. 3, 24, 47, 77 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, del D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, convertito, con modificazioni, in L. 28 febbraio 2001, n. 24, nella parte in cui costituisce irragionevole sanatoria - ad esclusivo vantaggio degli istituti di credito - di comportamenti obiettivamente usurari. (D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, art. 1) (3).

Non è fondata, in riferimento all'art. 77 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, del D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, convertito, con modificazioni, in L. 28 febbraio 2001, n. 24, secondo cui la norma sarebbe carente dei presupposti di necessità ed urgenza giustificativi dell'emanazione dei decreti-legge. (D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, art. 1) (4).

    (1, 4) Per utili riferimenti v. le citate sentenze: Corte cost. 18 ottobre 2000, n. 419, in Giur. cost. 2000, 3117; Corte cost. 20 dicembre 1996, n. 400, ivi 1996, 3654; Corte cost. 4 maggio 1995, n. 143, ivi 1995, 1219; Corte cost. 3 febbraio 1994, n. 19, ivi 1994, 136.


RITENUTO IN FATTO. 1. - Con ordinanza del 30 dicembre 2000, depositata il 2 gennaio 2001, il Tribunale di Benevento - nel corso di un procedimento di opposizione ad un decreto ingiuntivo emesso, in favore di un istituto di credito, per un credito derivante, a titolo di capitale ed interessi, da un contratto di mutuo stipulato in data 4 agosto 1994 - ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 47 e 77 della Costituzione, «questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, del decreto-legge 28 dicembre 2000» [recte: decreto-legge 29 dicembre 2000, n. 394 (Interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura)].

Espone il rimettente, in punto di rilevanza della questione, di essere chiamato a decidere su un'istanza di sospensione della provvisoria esecuzione, fondata sull'eccezione di nullità sopravvenuta, ex art. 1815, secondo comma, del codice civile, della pattuizione relativa agli interessi, alla stregua dell'indirizzo giurisprudenziale espresso dalla Corte di cassazione nella sentenza 17 novembre 2000, n. 14899. Aggiunge che, se non fosse intervenuta la norma impugnata - secondo la quale, ai fini dell'applicazione dell'art. 1815, secondo comma, del codice civile, l'usurarietà degli interessi va valutata esclusivamente al momento della pattuizione - egli si sarebbe senz'altro adeguato, nelle decisioni sull'istanza degli opponenti e più in generale sulla successiva istruzione della causa, all'opposto principio di diritto sancito nella suddetta sentenza.

Ciò posto, deduce nel merito che il citato art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 394 del 2000 sarebbe innanzitutto lesivo dell'art. 3 della Costituzione «in quanto [...] contraddittoriamente ed irragionevolmente riserva un ingiustificato trattamento di favore per le banche e gli altri enti creditizi che abbiano commesso usura a danno di coloro che in pas-Page 538sato, indiscriminatamente sia prima sia dopo il marzo 1996, hanno contratto mutui alle condizioni dettate dal cartello bancario, i quali non possono più avvalersi delle disposizioni della legge n. 108/1996 e quindi della nullità delle clausole con le quali sono stati convenuti interessi usurari e consequenzialmente del disposto di cui agli artt. 1339 e 1815, comma 2, del codice civile».

Ulteriore lesione del principio costituzionale di eguaglianza deriverebbe poi dalla efficacia retroattiva della norma, solo apparentemente di interpretazione autentica ma in realtà innovativa e contrastante con l'interpretazione della legge n. 108 del 1996 pacificamente accolta in giurisprudenza, così da costituire una sanatoria di rapporti di mutuo obiettivamente usurari.

Per gli stessi motivi risulterebbe altresì violato l'art. 24 della Costituzione, restando leso il diritto alla tutela giurisdizionale di coloro i quali si sono opposti alle pretese degli istituti di credito «in base al diritto vigente all'epoca della domanda».

La norma denunciata si porrebbe inoltre in contrasto con l'art. 47 della Costituzione, non tutelando il risparmio bensì l'interesse dei banchieri ed ostacolando l'accesso al credito ed alla proprietà della casa di abitazione, nonché con l'art. 77 della Costituzione per carenza assoluta dei presupposti di necessità ed urgenza giustificativi dell'emanazione dei decreti-legge.

1.1. - Si è costituita in giudizio la Cassa rurale ed artigiana-Banca di credito cooperativo del Sannio-Calvi s.c. a r.l., concludendo per «la manifesta inammissibilità e/o manifesta infondatezza e, in subordine, l'inammissibilità e/o infondatezza della questione».

In una memoria depositata nell'imminenza dell'udienza pubblica la parte deduce - a sostegno dell'eccezione di inammissibilità della questione - che le censure che il rimettente muove alla norma impugnata non si riferirebbero in realtà all'interpretazione autentica dell'art. 1815, secondo comma, codice civile - essendo già precedentemente evidente il riferimento di tale norma al solo momento della pattuizione di interessi - ma riguarderebbero esclusivamente gli effetti della norma stessa sulla diversa disposizione di cui all'art. 644 del codice penale, di cui il medesimo giudice non sarebbe chiamato a fare applicazione, nemmeno in via incidentale.

Che il regime civilistico della nullità delle clausole contenenti la pattuizione di interessi usurari sia del tutto distinto dal profilo penalistico, ed in sè autosufficiente, sarebbe del resto confermato dal fatto stesso che il legislatore del 1996 ha provveduto a riscrivere tanto la norma di cui all'art. 644 del codice penale quanto, e separatamente, quella di cui all'art. 1815, secondo comma, del codice civile.

Nel merito la questione sarebbe comunque - ad avviso della stessa parte - manifestamente infondata o, in subordine, infondata, con riferimento a tutti i parametri evocati.

Non sussisterebbe, in primo luogo, l'asserito contrasto con l'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della contraddittorietà e irragionevolezza, in quanto la norma impugnata non avrebbe privato i mutuatari, diversamente da quanto assume il rimettente, del diritto di far valere la nullità delle clausole con le quali siano stati convenuti interessi usurari, ma avrebbe solamente ricondotto a ragionevolezza l'interpretazione della disposizione che tale nullità sancisce, chiarendo che la pattuizione è nulla solo se il tasso di interesse convenuto è superiore al cosiddetto tasso soglia al momento della pattuizione e non anche quando tale limite sia superato nel corso del rapporto, per effetto di successive oscillazioni del medesimo tasso soglia.

La circostanza che le conseguenze di tale intervento interpretativo siano obiettivamente favorevoli agli istituti di credito non costituirebbe d'altro canto ragione sufficiente per affermare che si sia voluto riconoscere un ingiustificato trattamento di favore alle banche, attesa l'intrinseca ragionevolezza della interpretazione imposta dal legislatore.

Prive di fondamento sarebbero altresì le censure, del pari riferite all'art. 3 della Costituzione...

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