Decisioni della Corte

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine523-526

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@CORTE COSTITUZIONALE Ord. 30 marzo 2001, n. 91 (ud. 21 marzo 2001). Pres. Ruperto - Rel. Bile - Imp. Spinozzi.

Appropriazione indebita - Circostanze aggravanti - Circostanze di cui al n. 11 dell'art. 61 c.p. - Procedibilità d'ufficio - Necessità - Questione manifestamente infondata di legittimità costituzionale.

È manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 646, ultimo comma, c.p., nella parte in cui, per il delitto di appropriazione indebita, prevede la procedibilità d'ufficio qualora concorra alcuna delle circostanze indicate dal n. 11 dell'art. 61 c.p. (C.p., art. 646) (1).

    (1) Si veda, per utili approfondimenti in argomento, la pronuncia richiamata in parte motiva Corte cost., ord. 22 luglio 1999, n. 354, in Giur. cost. 1999, 2753.


(Omissis). - Ritenuto che il Tribunale di Fermo, nel corso di un procedimento penale, ha sollevato - in riferimento all'art. 3 della Costituzione - la questione di legittimità costituzionale dell'art. 646, ultimo comma, del codice penale, nella parte in cui, per il delitto di appropriazione indebita, prevede la procedibilità d'ufficio qualora concorra alcuna delle circostanze indicate dal n. 11 dell'art. 61 c.p.;

che il rimettente - premesso che il giudizio penale a quo pende a carico di una persona, che, avendo ricevuto da altra un ricevitore guasto per ripararlo, se ne era appropriato al fine di procurarsi un ingiusto profitto; che era contestata l'aggravante ex art. 61, n. 11, c.p., trattandosi di fatto commesso con abuso di prestazione d'opera; e che la parte offesa aveva rimesso la querela «con contestuale accettazione dell'imputato» - dichiara di trovarsi nell'impossibilità di definire il giudizio indipendentemente dalla soluzione della proposta questione di legittimità costituzionale; che, circa la non manifesta infondatezza della questione, il rimettente rileva che, avendo l'art. 12 della legge 25 giugno 1999, n. 205 (Delega al Governo per la depenalizzazione dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario) reso procedibile a querela il furto aggravato dalla medesima circostanza, si sarebbe «determinata un'incomprensibile disparità di trattamento tra fattispecie criminose analoghe a sfavore di chi commette il reato più grave», ossia il furto; che, anche qualora i due delitti si reputassero di pari gravità, non sussisterebbero «ragionevoli motivi di una loro differente disciplina sotto il profilo della procedibilità», posto che essa sul piano pratico darebbe luogo a situazioni analoghe, le quali, in ipotesi di remissione della querela da parte della persona offesa, riceverebbero irrazionalmente trattamenti giuridici diversi, come accadrebbe nel caso in cui la sussumibilità del fatto nell'una o nell'altra fattispecie criminosa dipendesse dal carattere condizionato o meno dell'affidamento del bene ad un soggetto; che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite l'Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l'infondatezza della questione, anzitutto sull'assunto della disomogeneità delle situazioni poste a confronto dal rimettente, ed in secondo luogo sul rilievo che la disciplina della perseguibilità di un reato a querela implicherebbe opzioni di politica legislativa non necessariamente fondate sul disvalore delle condotte incriminate, ma riferite talvolta «ad altre esigenze ritenute meritevoli di tutela da parte del legislatore», quali, nella specie, lo scopo di decongestionare il funzionamento della «macchina giudiziaria», essendo statisticamente il furto uno dei reati più ricorrenti, per il quale il procedimento penale si conclude sovente senza l'individuazione dell'autore.

Considerato che recentemente questa Corte (ordinanza n. 354 del 1999) ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della norma impugnata, sottolineando che, secondo la propria costante e risalente giurisprudenza, «la scelta del modo di procedibilità dei reati coinvolge la politica legislativa e deve, quindi, rimanere affidata a valutazioni discrezionali del legislatore, presupponendo bilanciamenti di interessi e opzioni di politica criminale spesso assai complessi, sindacabili in sede di giudizio di legittimità costituzionale solo per vizio di manifesta irrazionalità» ed ha escluso, alla stregua di questo canone di valutazione, che fosse ravvisabile alcuna irragionevolezza nella scelta legislativa di prevedere la procedibilità d'ufficio, «in quanto l'interversione del possesso di cose altrui che abbia luogo in violazione del vincolo eminentemente fiduciario scaturente dai rapporti di cui all'art. 61, n. 11, c.p., assume un disvalore sociale particolare»;

che il rimettente dubita ora della ragionevolezza del mantenimento di siffatta perseguibilità d'ufficio assumendo che essa sarebbe venuta meno, per effetto della recente eliminazione della perseguibilità d'ufficio del furto nel caso di ricorrenza della stessa aggravante di cui al n. 11 dell'art. 61; che il primo profilo da cui si dovrebbe desumere la lesione del principio di ragionevolezza, cioè la maggiore gravità del furto...

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