Decisioni della Corte

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine371-374

Page 371

@CORTE COSTITUZIONALE 3 maggio 2002, n. 145 (c.c. 22 aprile 2002). Pres. Vari - Rel. Marini - Imp. Falvo.

Pubblica amministrazione - Penale - Condanna penale del dipendente - Sospensione dal servizio - Ex lege - Lamentato automatismo della misura - Non fondatezza della questione. Pubblica amministrazione - Penale - Condanna penale del dipendente - Sospensione obbligatoria - Durata - Periodo di tempo pari a quello di prescrizione del reatoPrincipio di proporzionalità e ragionevolezza - Violazione - Illegittimità costituzionale in parte qua.

Non è fondata in riferimento agli artt. 3, 4, 24, 27, 35, 36 e 97 della Costituzione nella parte in cui dispone l'obbligatoria sospensione del servizio per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche condannati con sentenza non definitiva per i delitti dall'art. 3, comma 1, stessa legge la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 1, L. 27 marzo 2001, n. 97, nella parte in cui dispone l'obbligatoria sospensione del servizio per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche condannati con sentenza non definitiva per i delitti previsti dall'art. 3, comma 1, stessa legge. (Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche). (L. 27 marzo 2001, n. 97, art. 4).

È costituzionalmente illegittimo l'art. 4, comma 2, della legge 27 marzo 2001, n. 97 (Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche) in riferimento all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui dispone che la sospensione perde efficacia decorso un periodo di tempo pari a quello di prescrizione del reato. (L. 27 marzo 2001, n. 97, art. 4).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. 1. - Con tre ordinanze, sostanzialmente identiche, emesse il 13 giugno 2001, il 4 luglio 2001 e l'8 agosto 2001, il Tribunale amministrativo regionale per la Campania ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 4, 24, 27, 35, 36 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, commi 1 e 2, della legge 27 marzo 2001, n. 97 (Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche). La disposizione impugnata stabilisce che i dipendenti di amministrazione o di enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica, i quali abbiano riportato condanna anche non definitiva per alcuno dei delitti previsti dall'art. 3, comma 1, della precitata legge n. 97 del 2001, sono sospesi dal servizio e che la sospensione perde efficacia se per il fatto sia successivamente pronunciata sentenza di proscioglimento o di assoluzione anche non definitiva e in ogni caso decorso un periodo di tempo pari a quello di prescrizione del reato.

La questione è detta rilevante nei tre giudizi, avendo questi ad oggetto domande di annullamento di provvedimenti di sospensione cautelare dal servizio adottati dall'amministrazione di appartenenza, ai sensi della norma denunciata, a seguito di condanne non definitive inflitte ai ricorrenti per taluno dei reati indicati nella norma stessa.

Il dubbio di costituzionalità della norma di cui al comma 1 si incentra essenzialmente, ad avviso del rimettente, sulla «ragionevolezza del bilanciamento operato dal legislatore tra le esigenze di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione e la tutela dei diritti compressi dalla misura cautelare».

Il rimettente afferma di non ignorare che la Corte costituzionale si è già espressa in argomento con la sentenza n. 206 del 1999, dichiarando non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 4-septies della legge 19 marzo 1990, n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale). Si dice altresì consapevole del fatto che, con la norma denunciata, si è inteso proprio reinserire nel sistema una disposizione analoga a quella di cui al predetto art. 15 della legge n. 55 del 1990, nel frattempo abrogato dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (T.U. delle leggi sull'ordinamento degli enti locali).

Assume, peraltro, che la sentenza n. 206 del 1999 riguarderebbe esclusivamente la legittimità costituzionale della previsione di sospensione automatica dal servizio nell'ipotesi di condanna (recte: rinvio a giudizio) per reato associativo di stampo mafioso e che la motivazione della sentenza sarebbe incentrata solo sulla particolare gravità di quel reato, mentre, per ogni altro caso, la previsione di una misura cautelare automatica per il dipendente pubblico condannato con sentenza non definitiva dovrebbe ritenersi contrastante con il principio di ragionevolezza.

Aggiunge il rimettente, in via evidentemente subordinata, che la Corte «dovrà inoltre valutare se la discrezionalità del legislatore nel determinare per legge il periodo di sospensione dal servizio sia stata razionalmente esplicata nell'art. 4 della legge n. 97/2001 ove, come già notato, la...

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