I. Decisioni della Corte

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine901-910

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@CORTE COSTITUZIONALE Ord. 15 luglio 2003, n. 239 (c.c. 12 febbraio 2003). Pres. Chieppa - Rel. Zagrebelsky - Major ed altro c. Ministero dell'interno ed altro

Patente - Revoca e sospensione - Revoca nei confronti delle persone condannate a pena detentiva non inferiore a tre anni - Innovazione sostanziale introdotta dal decreto delegato, non sorretta da alcuna direttiva del legislatore delegante - Violazione della legge di delegazione - Illegittimità costituzionale parziale.

Sono costituzionalmente illegittimi, in riferimento all'art. 76 Cost., gli artt. 120, comma 2, e 130, comma 1, lettera b), del D.L.vo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui prevedono la revoca della patente nei confronti delle persone condannate a pena detentiva non inferiore a tre anni, quando l'utilizzazione del documento di guida possa agevolare la commissione di reati della stessa natura. (Nuovo c.s., art. 120; nuovo c.s., art. 130) (1).

    (1) Per completezza v. le citate ordinanze Corte cost. 17 luglio 2001, in questa Rivista 2001, 72, dichiarativa dell'illegittimità della revoca della patente nei confronti delle persone sottoposte a misure di prevenzione; Corte cost. 18 ottobre 2000, n. 427, ivi 2000, 921 d'illegittimità della revoca nei confronti dei sottoposti alla misura di cui all'art. 2 L. n. 1423/1956 (foglio di via obbligatorio); Corte cost. 21 ottobre 1998, n. 354, ivi 1998, 965 che perviene alla medesima conclusione con riferimento alle persone sottoposte a misure di sicurezza personale.

RITENUTO IN FATTO. 1. - Con ordinanza del 19 febbraio 2002 (r.o. n. 149 del 2002), il tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige, sede di Trento, ha sollevato, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 120, comma 2, e 130, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui - nel loro combinato disposto - prevedono la revoca della patente nei confronti delle persone condannate a pena detentiva non inferiore a tre anni, quando l'utilizzazione del documento di guida possa agevolare la commissione di reati della stessa natura.

1.1. - Il tribunale rimettente è chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di annullamento di un provvedimento di revoca della patente di guida adottato, in applicazione delle norme sopra citate, dal Commissario del Governo per la Provincia di Trento, sulla base di una valutazione - sorretta da un rapporto informativo della questura locale - di probabile commissione di ulteriori reati della medesima natura da parte del relativo titolare, già in precedenza condannato alla pena detentiva di anni quattro e mesi quattro di reclusione per tentata rapina e detenzione illegale di armi.

1.2. - Dando seguito a una prospettazione subordinata formulata dal ricorrente, il giudice rimettente solleva la questione di legittimità costituzionale sulla base della considerazione - desunta direttamente dalla giurisprudenza costituzionale in materia: sentenze n. 305 del 1996; n. 354 del 1998; n. 427 del 2000 e n. 251 del 2001 - del carattere limitato della delega conferita, sul punto, con la legge 13 giugno 1991, n. 190 (Delega del Governo per la revisione delle norme concernenti la disciplina della circolazione stradale): se, infatti, l'art. 1 di detta legge delegava in generale il Governo ad adottare disposizioni intese a «rivedere e riordinare» la legislazione vigente in materia di circolazione stradale, la lettera t) del successivo art. 2 della medesima legge, in particolare, autorizzava il legislatore delegato a effettuare un mero «riesame della disciplina [...] della revoca della patente di guida, anche con riferimento ai soggetti sottoposti a misura di sicurezza personale e a misure di prevenzione». In tal modo, osserva il giudice a quo, la legge delega ha identificato, quale base di partenza dell'attività delegata, la legislazione preesistente, che non poteva essere modificata in termini radicalmente innovativi se non in presenza di specifiche norme abilitanti.

Ma questa condizione, osserva il rimettente, non è soddisfatta: da un lato, le disposizioni della cui legittimità costituzionale si tratta non hanno riscontro nella legislazione precedente, poiché gli artt. 82 e 91 del codice della strada approvato con il D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (Testo unico delle norme sulla circolazione stradale), non consideravano in alcun modo l'ipotesi di una revoca della patente di guida in presenza di condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni, quando l'utilizzazione del documento di guida potesse agevolare la commissione di reati della stessa natura; dall'altro, manca del tutto, nel corpo della legge di delegazione, una previsione idonea a sostenere l'innovativa disciplina introdotta dal Governo.

Perciò, analogamente a quanto deciso dalla Corte costituzionale nelle menzionate pronunce, anche nella specie si deve riscontrare il vizio di eccesso di delega.

1.3. - Il rimettente conclude svolgendo alcune considerazioni sulla natura della normativa che è oggetto della questione sollevata.

Richiamando, anche sotto tale profilo, la giurisprudenza costituzionale, il giudice a quo sottolinea che la disciplina sottoposta al controllo della Corte deve intendersi quella di rango legislativo, contenuta nei due articoli del codice impugnati, giacché l'intervento di «delegificazione» operato con il D.P.R. 19 aprile 1994, n. 575 (Regolamento recante la disciplina dei procedimenti per il rilascio e la duplicazione della patente di guida di veicoli), che ha sostituito le disposizioni censurate con altre di contenuto analogo ma di rango secondario (artt. 5 e 11), è andato oltre i limiti a esso assegnati dalla legge abilitante - e segnatamente dall'art. 2, comma 7, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica) - regolando non solo la disciplina del procedimento, ma altresì aspetti sostanziali della materia: pertanto, precisa il rimettente, la clausola abrogativa delle norme anteriori di rango legislativo, con-Page 902tenuta nel comma 8 dell'art. 2 della stessa legge n. 537 del 1993, è da ritenersi inoperante, e ciò consente, non essendosi perfezionato il complessivo intervento di «delegificazione», di sollevare la questione sulla disciplina con forza di legge.

  1. - Con ordinanza del 24 giugno 2002 (r.o. n. 382 del 2002), il tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, ha sollevato, in riferimento agli artt. 4 e 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 120, comma 1, del decreto legislativo n. 285 del 1992, nella parte in cui prevede la revoca della patente nei confronti delle persone condannate a pena detentiva non inferiore a tre anni, quando l'utilizzazione del documento di guida possa agevolare la commissione di reati della stessa natura.

    2.1. - Secondo quanto riferisce il giudice rimettente, il giudizio principale ha per oggetto l'impugnazione di un decreto prefettizio di revoca della patente di guida, adottato in data 15 gennaio 2001, fondato su tre concorrenti motivi: (a) le due condanne del titolare a pene detentive di anni tre e mesi otto e di anni sette di reclusione, per rapina e porto illegale di armi, (b) la pregressa sottoposizione a libertà vigilata, (c) la pregressa sottoposizione a foglio di via obbligatorio.

    2.2. - Sul punto il giudice a quo rileva preliminarmente che, alla stregua delle dichiarazioni di incostituzionalità rese in materia dalla Corte (sentenze n. 354 del 1998; n. 427 del 2000 e n. 251 del 2001) e dei relativi effetti, nonché alla luce del principio della rilevabilità d'ufficio del vizio di incostituzionalità, anche se non dedotto nell'impugnazione di merito, l'atto amministrativo di revoca della patente contro il quale è promosso il ricorso deve ritenersi validamente sorretto solo dal riferimento, in esso contenuto, alla intervenuta condanna a pena detentiva superiore a tre anni, essendo viceversa venuti meno i presupposti ulteriori per effetto delle pronunce sopra indicate.

    2.3. - Inoltre, il rimettente - con argomentazioni analoghe a quelle formulate, sul punto, nell'ordinanza di rimessione di cui al r.o. n. 149 del 2002 - precisa che la norma impugnata deve essere sottoposta al vaglio della Corte costituzionale nella sua veste legislativa. Osserva al riguardo il giudice a quo che il regolamento (D.P.R. n. 575 del 1994) poteva disporre, secondo la legge abilitante, solo sul piano della disciplina degli aspetti procedimentali del rilascio della patente, ma non poteva operare alcuna innovazione di carattere sostanziale: l'avere il regolamento medesimo disposto fuori dell'ambito consentito rende pertanto inoperante la clausola abrogativa delle norme di legge anteriori contenuta nel comma 8 dell'art. 2 della legge n. 537 del 1993, con la conseguenza che, indipendentemente dall'apparente «risoluzione» dell'intera disposizione a opera dell'atto secondario, la norma continua a rivestire i caratteri e la forza della legge, secondo l'originaria fonte che ha posto il testo del codice della strada, e su di essa può quindi svolgersi il controllo di costituzionalità.

    2.4. - Affermata quindi la rilevanza della questione, dalla cui soluzione dipende l'esito del giudizio amministrativo, il T.A.R. prospetta un duplice profilo di incostituzionalità.

    Per un primo aspetto, la disposizione sarebbe in contrasto con l'art. 76 della Costituzione, in relazione alla giurisprudenza costituzionale formatasi al riguardo, che ha più volte rilevato come la legge delega n. 190 del 1991 abbia identificato nella disciplina preesistente la base di partenza della normativa delegata, ammettendo la possibilità di interventi innovativi solo in presenza di un principio o di un criterio direttivo a ciò specificamente abilitante, il che non è dato riscontrare nella previsione del «riesame» della materia contenuta nell'art. 2, comma 1, lettera t), della...

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