Decisioni della Corte

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@CORTE COSTITUZIONALE 16 febbraio 2006, n. 60 (c.c. 11 gennaio 2006). Pres. Marini - Rel. Silvestri - Moggi c. Ministero della Giustizia ed altri.

Giudice di pace - Competenza civile - Incompatibilità - Coniuge, convivente, parenti fino al secondo grado o affini entro il primo grado svolgenti abitualmente attività professionale per imprese di assicurazione - Incompatibilità con riguardo all'intero territorio nazionale, anziché limitata al circondario del tribunale nel quale è esercitata l'attività professionale - Lesione del principio di eguaglianza in relazione alla disciplina dell'incompatibilità territoriale rispetto a congiunti impegnati nella professione di avvocato - Illegittimità costituzionale parziale.

È illegittimo costituzionalmente, in riferimento agli artt. 3, 102 e 107, primo e terzo comma, Cost., l'art. 8, comma 1, lettera c bis) «L. 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace), nel testo introdotto dall'art. 6 L. 24 novembre 1999, n. 468 (Modifiche alla legge 21 novembre 1991, n. 374, recante istituzione del giudice di pace. delega al Governo in materia di competenza penale del giudice di pace e modifica dell'art. 593 del codice di procedura penale), nella parte in cui stabilisce l'incompatibilità all'esercizio delle funzioni di giudice di pace - per il caso in cui «il coniuge, convivente, parenti fino al secondo grado o affini entro il primo grado» dell'interessato svolgano abitualmente attività professionale per imprese di assicurazione - con riguardo all'intero territorio nazionale, anziché limitarla al circondario del tribunale nel quale è esercitata detta attività professionale. (L. 21 novembre 1991, n. 374, art. 8) (1).

    (1) Si vedano le citate ordinanze Corte cost. 8 novembre 2000, n. 479, in Giur. cost. 2000, 3721 e Corte cost. 20 giugno 1999, n. 272, in Arch. civ. 1999, 969 in tema di trattamento economico dei magistrati. Nella motivazione di queste ultime, in particolare, si legge: «le posizioni dei magistrati che svolgono professionalmente e in via esclusiva funzioni giurisdizionali e quelle dei componenti le commissioni tributarie, che esercitano funzioni onorarie, non sono fra loro raffrontabili ai fini della valutazione del rispetto del principio di eguaglianza, in quanto il compenso per i secondi è previsto per un'attività che essi non esercitano professionalmente bensì, di massima, in aggiunta ad altre attività svolte in via primaria, e quindi non si impone che agli stessi venga riconosciuto il medesimo trattamento economico di cui beneficiano i primi».

RITENUTO IN FATTO. 1. - Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con ordinanza depositata il 4 ottobre 2004, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 102 e 107, primo e terzo comma, della Costituzione, dell'art. 8, comma 1, lettera c bis), della legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace), nel testo introdotto dall'art. 6 della legge 24 novembre 1999, n. 468 (Modifiche alla L. 21 novembre 1991, n. 374, recante istituzione del giudice di pace. Delega al Governo in materia di competenza penale del giudice di pace e modifica dell'art. 593 del codice di procedura penale).

Il tribunale è investito del ricorso proposto contro un decreto del Ministro della giustizia (e contro gli atti allo stesso collegati) con il quale, in data 6 luglio 2002, la ricorrente è stata dichiarata decaduta dall'ufficio del giudice di pace, in forza di una incompatibilità sopravvenuta per effetto della norma oggetto del presente giudizio.

Il rimettente premette come la legge n. 468 del 1999 abbia introdotto nel corpo del comma 1 dell'art. 8 della legge n. 374 del 1991, che regola i casi di incompatibilità con l'esercizio delle funzioni di giudice di pace, una nuova disposizione (lettere c bis), in forza della quale l'ufficio è precluso a «coloro che svolgono attività professionale per imprese di assicurazione o banche oppure hanno il coniuge, convivente, parenti fino al secondo grado o affini entro il primo grado che svolgono abitualmente tale attività». Con l'art. 24 della stessa legge n. 468 del 1999 è stata prevista, per i giudici di pace in servizio alla data della sua entrata in vigore (cioè al 21 dicembre 1999), la possibilità di rimuovere le situazioni di sopravvenuta incompatibilità entro un termine di sessanta giorni.

In fatto, la ricorrente aveva spontaneamente comunicato al Consiglio Superiore della Magistratura, con nota del 10 gennaio 2000, che due suoi figli svolgevano professionalmente l'attività di «agente» per conto di una compagnia assicuratrice, impegnandosi «ad astenersi da tutte le cause» che coinvolgessero detta compagnia.

Nel procedimento conseguentemente apertosi per l'eventuale declaratoria di decadenza, a norma dell'art. 9 della legge n. 374 del 1991, la ricorrente aveva sostenuto che la nuova disposizione di legge non dovesse intendersi riferita agli «agenti», data l'assoluta indifferenza di costoro rispetto alle controversie tra assicurati e compagnia di riferimento, e data la possibilità del ricorso all'astensione per il caso di liti concernenti la mancata riscossione dei premi. Cionondimeno, il Consiglio giudiziario territorialmente competente aveva proposto l'adozione del provvedi- Page 470 mento di decadenza, ed in conformità si era deliberato, in data 14 giugno 2001, da parte del Consiglio superiore della Magistratura: atti, questi, prodromici al decreto ministeriale sopra citato.

La difesa della ricorrente, nel giudizio a quo, ha eccepito sotto molteplici profili l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, comma 1, lettera c bis), della legge n. 374 del 1991. Il tribunale rimettente, dopo avere affermato in via preliminare che detta norma deve intendersi certamente riferita anche agli agenti assicurativi, ha ritenuto non manifestamente infondati i dubbi di legittimità di seguito esposti.

1.1. - I commi 1 bis e 1 ter dell'art. 8 citato, pure introdotti dall'art. 6 della legge n. 468 del 1999, hanno limitato la nuova incompatibilità prevista per gli avvocati al solo esercizio delle funzioni di giudice di pace nel circondario ove loro stessi, o persone a loro vicine (associati, coniuge, convivente, parenti fino al secondo grado ed affini entro il primo grado), svolgono la professione forense.

In primo luogo, dunque, la legge di riforma ha consentito agli avvocati investiti della funzione onoraria di evitare l'incompatibilità sopravvenuta mediante un trasferimento di sede, negando invece tale possibilità ai giudici di pace che svolgessero attività professionale per imprese di assicurazione o banche, o fossero legati a persone dedite abitualmente alla citata attività.

Configurando tale differenza di trattamento, la disciplina de qua contrasterebbe con l'art. 3 Cost., in quanto avrebbe regolato in termini radicalmente divergenti situazioni assimilabili dal punto di vista delle esigenze di tutela dell'imparzialità. Semmai - a parere del rimettente - un trattamento più severo si sarebbe giustificato per gli esercenti la professione forense, istituzionalmente chiamati a prestazioni retribuite per la difesa di interessi di parte, eventualmente ramificati sul territorio, mentre i professionisti del ramo bancario o assicurativo, interessati alla giurisdizione solo nella qualità di giudici, sarebbero statisticamente meno esposti al rischio di entrare in conflitto di interessi nel concreto esercizio della funzione.

1.2. - Le norme introdotte nell'art. 8 della legge n. 374 del 1991 dall'art. 6 della legge n. 468 del 1999 consentono a chi sia privo d'una...

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