Decisione di finanza pubblica e nuova democrazia di bilancio

AutoreAndrea Manzella
Occupazione dell'autoreCattedra Jean Monnet ad personam, Università LUISS - Roma e Componente del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti.
Pagine77-82

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DECISIONE DI FINANZA PUBBLICA E NUOVA DEMOCRAZIA DI BILANCIO
Andrea MANZELLA*

Quando la Presidente Arrigoni ha proposto il tema di questo intervento, la formula “decisione di inanza pubblica” era anche una formula tecnica. Ora non lo è più.

La sta abolendo, infatti, il disegno di legge n. 3921 C. (S. 2555): in conseguenza “delle nuove regole adottate dall’Unione europea in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri”.

Un disegno di legge approvato all’unanimità, alla Camera: da tutti i gruppi parlamentari. La democrazia di bilancio, dunque, come democrazia consensuale. Un miracolo nella ultima, desolante, nostra attualità.

Ecco: in questa breve cronaca è anche la sintesi delle poche osservazioni che vorrei qui fare, parlando da non specialista, dopo il Presidente Giampaolino e dopo Paolo de Joanna e Rita Perez, venerati maestri della scienza di bilancio: cioè della più arcana delle tessere degli arcana imperii.

La prima osservazione è la ripercussione, spettacolarmente immediata, che la crisi inanziaria ha avuto sulla conformazione giuridica dell’ordinamento dell’Unione europea e, a cascata, degli ordinamenti degli Stati membri.

Un sistema che procede “per crisi” avevano previsto i Padri Fondatori per l’Unione europea. A signiicare che solo il moto grande di crisi epocali avrebbe potuto ogni giorno di più erodere il massiccio westfaliano degli Stati-nazione. Con le successive ammissioni dei governi nazionali, davanti a se stessi e ai loro cittadini, della insuficienza degli strumenti di diritto nazionale a far fronte - se non uniti a testuggine - alle profonde e rapide crisi di un mondo che la consapevolezza globale ha reso, paradossalmente, più piccolo e più fragile.

Per quello che ci riguarda, la reattività “euro-nazionale” ai gravi eventi è ben misurata dalla consecutio temporum delle nostre regole di contabilità pubblica.

Com’è normale, ci sono stati lunghi intervalli pluriennali tra le nostre leggi di contabilità: dal 1861, soltanto otto di vera innovazione. Ma è passato appena poco più di un anno dalla legge n. 196 del 2009 rispetto a questa nuova che si sta per varare e che la cambierà in punti essenziali. E appena 32 giorni tra il Consiglio europeo del 28-29 ottobre che affrontava la grande crisi e l’iniziativa legislativa del 1 dicembre 2010.

La seconda osservazione riguarda quella che chiamerei la torsione di linguaggio della nostra contabilità pubblica. Certo essa parla sempre di cose italiane ma ora lo

* Cattedra Jean Monnet ad personam, Università LUISS - Roma e Componente del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti.

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fa in una lingua europea, cioè comprensibile all’Unione. Il documento fondamentale, la Decisone di inanza pubblica appunto, era pur sempre un documento rivolto verso l’interno nazionale, sia pure inserito nella grande cornice delle condizionalità europee. La dicotomia tra decisione di inanza e legge di stabilità ne era un segnale, nonostante che tutti fossimo avvertiti che la decisione e la legge di stabilità costituissero, un unicum inscindibile. Ma poiché troppe volte la logica cede il passo alle esigenze della politica, ecco che ora il Documento di economia e inanza deve incorporare lo schema del Programma di stabilità e lo schema del Programma nazionale di riforma.

È dunque un documento verso l’esterno: tutto informato al “principio di coerenza della programmazione economica delle amministrazioni pubbliche con le procedure e i criteri stabiliti dall’UE”. Il programma di stabilità: che deve adeguarsi ai più stringenti obblighi di tenuta inanziaria che l’Unione – e l’interesse nazionale – ci impongono. Il programma nazionale di riforme: i cui contenuti devono consistere, come è detto testualmente, negli “elementi e nelle informazioni previsti dai regolamenti dell’Unione europea” (con implicito rinvio all’impostazione della Strategia di Lisbona e a quella di Europa 2020).

La terza osservazione riguarda la perdurante centralità che nel nostro ordinamento ha la clausola di lessibilità contenuta nell’art. 11 della Costituzione. La nostra Repubblica “consente” questa volta limitazioni di sovranità che riguardano la stessa forma di governo, nel suo nucleo più signiicativo: la decisione di bilancio.

Vi è un sensibile spostamento delle decisioni inluenti:
in primo luogo, alla Commissione europea per la Comunicazione “relativa all’analisi...

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