Decisione della Corte

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@CORTE COSTITUZIONALE Ord. 23 dicembre 2003, n. 373. Pres. Zagrebelsky - Rel. Contri - Fogliarini ed altra c. Somenzi.

Contratto di locazione - Di natura transitoria - Condizioni e modalità della stipula - Determinazione rimessa a decreto ministeriale - Assenza di principi e direttive a livello legislativo - Incidenza sull'autonomia negoziale delle parti e sulla libertà di iniziativa economica, nonché sulla proprietà privata - Contrasto tra le riserve relative di legge in materia - Manifesta inammissibilità della questione.

È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata, con riferimento agli artt. 41 e 42 Cost., nei confronti dell'art. 5, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, nella parte in cui subordina la legittimità dei contratti di locazione di natura transitoria alle condizioni e alle modalità definite dal decreto di cui al comma 2 dell'art. 4 della stessa legge. (L. 4 dicembre 1998, n. 431, art. 5) (1).

    (1) L'ordinanza di rinvio Trib. Brescia 12 febbraio 2003 - peraltro la prima a sollevare questione di legittimità costituzionale relativamente alla norma in oggetto - trovasi pubblicata in questa Rivista 2003, 461, con nota che ne aveva peraltro messo in risalto la carenza di motivazione, poi rilevata dalla Corte costituzionale.

(Omissis). - Ritenuto che il Tribunale di Brescia, con ordinanza in data 12 febbraio 2003, ha sollevato, in riferimento agli artt. 41, terzo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), nella parte in cui subordina la legittimità di contratti di locazione di natura transitoria alle condizioni e alle modalità definite dal decreto di cui al comma 2 dell'art. 4 della stessa legge; che il rimettente, adito per la convalida di licenza per finita locazione relativamente ad un contratto abitativo di natura transitoria, premette che l'intimata ha eccepito la riconduzione del rapporto alla disciplina ordinaria, ai sensi dell'art. 2, commi 2 e 6, lettere c) e d), del decreto del Ministro dei lavori pubblici 5 marzo 1999, in quanto nel contratto stipulato dalle parti non era stato previsto l'onere per il locatore di confermare, prima della scadenza, i motivi di transitorietà posti a base del contratto stesso e comunque il locatore non aveva adempiuto tale onere, come invece è prescritto dall'art. 2 del citato decreto; che, ad avviso del giudice a quo, la norma impugnata sarebbe in contrasto con gli artt. 41, terzo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione, poiché rimette alla normazione secondaria una disciplina che incide sull'autonomia negoziale delle parti, sulla libertà di iniziativa economica e sulla proprietà privata, senza tuttavia indicare le direttrici e i principi entro i quali deve svolgersi l'azione amministrativa, come costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale in tema di riserva di legge relativa; che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la infondatezza della questione; che, ad avviso della difesa erariale, la riserva di legge relativa sarebbe stata rispettata, poiché l'attività esecutiva della pubblica amministrazione non risulta caratterizzata da discrezionalità assoluta e illimitata, come si desume dalla circostanza che i criteri fissati nel decreto non sono imposti autoritativamente ma costituiscono il frutto di una concertazione attuata con i destinatari stessi della disciplina, secondo il procedimento delineato nell'art. 4 della medesima legge.

Considerato che l'ordinanza di rimessione è priva di un'adeguata motivazione sia in relazione ai profili di rilevanza della questione, sia in ordine alla non manifesta infondatezza della prospettata censura; che, quanto al primo aspetto, il rimettente non specifica se il contratto fosse stato stipulato per soddisfare esigenze transitorie dell'uno o dell'altro contraente, né individua quale fosse la parte gravata dall'onere di confermare il permanere delle proprie esigenze transitorie, diverse essendo le conseguenze ai fini della decisione, posto che la riconduzione del contratto alla durata legale si verifica solo nell'ipotesi in cui le esigenze transitorie siano relative al locatore che abbia omesso di dare conferma del loro permanere; che del resto non sono nemmeno indicati gli effetti nel giudizio a quo dell'eventuale caducazione della norma censurata; che, secondo la prospettazione del giudice rimettente, la illegittimità costituzionale della norma impugnata deriverebbe dalla circostanza che la disciplina del contratto transitorio è rimessa a un decreto ministeriale, senza che siano indicati dalla legge principi o direttive; che il rimettente ha tuttavia omesso ogni considerazione in ordine al complesso procedimento, articolato anche attraverso fasi di concertazione collettiva, nel quale si inserisce il decreto ministeriale; onde le prospettate censure risultano prive del necessario sostegno argomentativo; che, in definitiva, le diffuse carenze di motivazione impediscono a questa Corte di esaminare nel merito la questione, la quale, pertanto, va dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per questi motivi la Corte costituzionale dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immo-Page 42 bili adibiti ad uso abitativo), sollevata, in riferimento agli artt. 41, terzo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Brescia con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 dicembre 2003. (Omissis).

@CORTE COSTITUZIONALE 28 novembre 2003, n. 345. Pres. Chieppa - Rel. Marini - Banca d'Italia c. Comune di Genova.

Tributi degli enti pubblici locali - Imposta comunale sugli immobili - Esenzioni - Ex art. 2, comma 5, D.L. n. 16/ 1993 - In favore degli immobili di interesse storico o artistico appartenenti a «privati proprietari» - Omessa previsione di tale esenzione anche per i beni di interesse storico o artistico di proprietà di enti pubblici o persone giuridiche private senza scopo di lucro - Illegittimità costituzionale.

È costituzionalmente illegittimo, con riferimento all'art. 3 Cost., l'art. 2, comma 5, D.L. 23 gennaio 1993, n. 16 (Disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonché altre disposizioni tributarie), convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 1993, n. 75, nella parte in cui non si applica agli immobili di interesse storico o artistico di cui all'art. 4 della legge 1º giugno 1939, n. 1089 (Tutela delle cose d'interesse artistico e storico), ora art. 5 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'art. 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352). (D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2) (1).

    (1) La relativa ordinanza di rinvio (Comm. trib. Genova 31 gennaio 2003) trovasi pubblicata in questa Rivista 2003, 463.

RITENUTO IN FATTO. 1. - La Commissione tributaria provinciale di Genova, con ordinanza del 22 ottobre 2002, depositata il 31 gennaio 2003, ha...

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