Osservazioni in materia di sospensione dei termini processuali davanti agli organi della giurisdizione penale ordinaria e militare. In particolare, il problema della applicabilità della procedura d'urgenza di cui all'art. 240 Bis, comma 4, d.l.vo 28 luglio 1989, n. 271 (Art. 2 Legge 7 ottobre 1969, n. 742), All'appello ex art. 310 C.P.P.

AutoreSandro Celletti
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  1. Il testo dell'art. 240 bis del D.L.vo 28 luglio 1989, n. 271, recante le norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, è quello stesso dell'art. 2 della legge 7 ottobre 1969, n. 742 1, come sostituito dal D.L.vo 20 luglio 1990, n. 193, e integrato dal D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito dalla legge 7 agosto 1992, n. 356.

    La suddetta disposizione disciplina, in materia penale, la sospensione dei termini processuali stabilita in via generale, dal 1º agosto al 15 settembre di ciascun anno, dall'art. 1 della citata legge n. 742/1969.

    Per la materia civile e quella amministrativa, provvedono gli artt. 3 e 5 della legge n. 742/1969, individuando i casi in cui la previsione dell'art. 1 non trova applicazione.

    Rispetto, peraltro, alle norme testé richiamate - che escludono seccamente, in determinate ipotesi (procedimenti cautelari, cause di lavoro ecc.), l'operatività della sospensione feriale dei termini - la norma regolatrice in poenalibus è più articolata, stante la necessità di conciliare, nella subietta materia, le esigenze di garanzia di imputati e indagati in ordine alla effettività dell'esercizio del diritto di difesa con le esigenze di tutela della collettività proprie della giurisdizione penale come giurisdizione di diritto obiettivo.

  2. Che la ratio della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale sia da ricercare, essenzialmente, nella tutela del diritto di difesa, di cui all'art. 24 della Costituzione repubblicana, e vada posta in relazione con le "normali" ferie degli avvocati (ossia dei professionisti abilitati all'assistenza e alla rappresentanza degli imputati e degli indagati in sede penale, i soli - in ogni caso - abilitati a difendere davanti a tutti gli organi giurisdizionali, compresi quelli tributari), è indiscutibile 2.

    È da escludere, invece, che la sospensione possa essere riferita anche alle ferie dei magistrati 3.

    Quest'ultima conclusione si impone sia per l'ovvia considerazione che la funzione giurisdizionale esercitata dai magistrati non ammette, né può ammettere, flessioni o attenuazioni, comunque giustificate (si sarebbe tentati di dire che essa ... non va mai in ferie); sia perché non è vero che il periodo feriale dei magistrati penali (ordinari e militari), fissato annualmente con deliberazione del competente organo di autogoverno (rispettivamente, Consiglio Superiore della Magistratura e Consiglio della Magistratura Militare), coincida esattamente con il periodo di sospensione feriale dei termini processuali.

    D'altro canto, nei confronti dei termini processuali in generale - a prescindere, quindi, dal problema specifico dei termini nel periodo feriale - la posizione del magistrato, specialmente se investito di funzioni giudicanti, non può essere assimilata, sic e simpliciter, a quella delle parti: al riguardo, può essere interessante ricordare che, secondo la giurisprudenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione, il termine per fare dichiarazioni, depositare documenti o compiere atti in un ufficio giudiziario - termine che, a norma dell'art. 172, comma 6, c.p.p., si considera scaduto nel momento in cui, secondo i regolamenti, l'ufficio viene chiuso al pubblico - non vale per i provvedimenti del giudice, il cui deposito può avvenire anche dopo detta chiusura 4.

    Diversa è la posizione dell'organo di accusa, il quale, in quanto parte (ancorché pubblica) direttamente interessata alle attività da compiersi nell'ufficio giudiziario, viene considerato dalla giurisprudenza di legittimità estraneo all'ufficio medesimo ed è, dunque, assoggettato ai limiti temporali di accesso di cui all'art. 172, comma 6, c.p.p. 5.

  3. Una volta sommariamente inquadrato l'istituto della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, è possibile esaminare con maggiore attenzione il dettato dell'art. 240 bis delle disposizioni di coordinamento, per verificare se sia consentito trarne alcune indicazioni d'ordine sistematico.

    Il primo comma dell'articolo recita: «In materia penale la sospensione dei termini procedurali, compresi quelli stabiliti per la fase delle indagini preliminari, non opera nei procedimenti relativi ad imputati in stato di custodia cautelare, qualora essi o i loro difensori rinunzino alla sospensione dei termini».

    Al riguardo, si può evidenziare subito una certa improprietà di linguaggio del legislatore, che mentre esattamente parla di termini "procedurali" (riguardando la sospensione sia la fase processuale vera e propria, che inizia con l'esercizio dell'azione penale da parte del P.M. in uno dei modi esplicitati dall'art. 405, comma 1, del codice, sia la fase delle indagini preliminari, finalizzate ex art. 326 alle determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale), non esattamente parla di "imputati" in stato di custodia cautelare, essendo la qualifica di imputato collegata all'esercizio dell'azione penale (art. 60, comma 1, c.p.p.) e svincolata dalla semplice sottomissione alle indagini, anche quando venga, nel corso di queste, adottata una misura cautelare di qualsiasi tipo (fatta salva l'estensione alla persona sottoposta alle indagini dei diritti e delle garanzie dell'imputato: art. 61, comma 1, c.p.p.).

    In ogni caso, l'esclusione della operatività della sospensione nei procedimenti con imputati/indagati detenuti, previa rinuncia da parte di costoro o dei rispettivi difensori, appare senz'altro in linea con la ratio dell'istituto giuridico, poiché rimette al detenuto in stato di custodia cautelare (in carcere o al domicilio, stante l'equiparazione delle due misure restrittive ai sensi dell'art. 284, comma 5, c.p.p.), o al suo difensore la scelta circa l'avvalersi o meno della sospensione dei termini.

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    Sempre dalla richiamata ratio di tutela delle esigenze difensive deriva che, in pendenza della sospensione feriale, non sono interdette tutte le attività giurisdizionali, ma soltanto quelle «la cui effettuazione sia in correlazione di un termine posto dalla legge al compimento di attività di assistenza o di patrocinio per l'esercizio di diritti o facoltà dei difensori delle parti» 6.

    L'art. 240 bis delle disposizioni di coordinamento (il cui testo, come detto, coincide con quello del novellato art. 2 della legge n. 742/1969) contempla, poi, due ipotesi in cui la sospensione dei termini rimane senz'altro inattiva, indipendentemente dallo stato di libertà personale dell'imputato/indagato e dalle manifestazioni di volontà di costui o del suo difensore.

    Tali ipotesi di non operatività "incondizionata" della sospensione dei termini riguardano:

    - i procedimenti per reati di criminalità organizzata, limitatamente, però, ai termini delle indagini preliminari (comma 2, aggiunto dal D.L. n. 306/1992);

    - il compimento (negli stessi casi in cui è ammesso l'incidente probatorio) di atti urgenti da parte del Presidente del Tribunale o della Corte di assise, durante la fase predibattimentale (comma 6 in relazione all'art. 467 c.p.p.).

    La disciplina stabilita per il compimento di atti urgenti nella fase predibattimentale vale anche per la fase dibattimentale, se si presenta la necessità di assumere prove nel periodo feriale: in tal caso, se le prove non sono state già ammesse, il giudice, nella prima udienza successiva, provvede ad ammetterle, o meno, a norma dell'art. 495 c.p.p.; mentre le prove dichiarate inammissibili non possono essere utilizzate (comma 7).

    Altre ipotesi di non operatività della sospensione dei termini sono contenute nello stesso art. 240 bis e riguardano:

    - i procedimenti relativi a reati la cui prescrizione maturi durante il periodo dal 1º agosto al 15 settembre o nei successivi quarantacinque giorni;

    - i procedimenti relativi a imputati/indagati in stato di custodia cautelare, i termini della quale scadano o siano prossimi a scadere nel suddetto periodo estivo (comma 3).

    Nei casi testé indicati, però, la non operatività è "condizionata": è infatti previsto che il giudice procedente pronunci, anche d'ufficio, «ordinanza non impugnabile con la quale è specificatamente motivata e dichiarata l'urgenza del processo».

    La dichiarazione giudiziale dell'urgenza costituisce, dunque condicio sino qua non per far decorrere i termini processuali, altrimenti sospesi; e il dies a quo della decorrenza dei termini è quello della data di notificazione dell'ordinanza.

    La disposizione ha il suo antecedente "storico" nell'art. 2 della legge 22 maggio 1975, n. 152 (c.d. "legge Reale"), che prevedeva - l'uso del tempo imperfetto è d'obbligo, trattandosi di norma abrogata, in parte qua, dall'art. 240 bis in esame - il potere del giudice di dichiarare, con ordinanza motivata non impugnabile, l'urgenza del processo, qualora la durata massima della custodia preventiva maturasse nel periodo di sospensione ex art. 1 legge n. 742/1969: in tal caso, i termini processuali decorrevano, anche nel periodo feriale, dalla data di notificazione dell'ordinanza.

    Analoga ordinanza è emessa dal giudice, ma soltanto a richiesta del Pubblico Ministero o della persona sottoposta alle indagini o del suo difensore, quando, nel corso delle indagini preliminari, si debba «procedere con la massima urgenza nel periodo feriale al compimento di atti rispetto ai quali opera la sospensione dei...

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