Dall'inquinamento al disastro: alla ricerca dei confini applicativi dei principali ecoreati, mediante l'ausilio dei recentissimi interventi della Suprema Corte di Cassazione

AutoreMaria Ludovica Parlangeli
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Rivista penale 5/2018
DOTTRINA
5/2018 Rivista penale
DOTTRINA
Ciò posto, è ormai pressoché pacif‌ico che, secondo
costante e indiscussa giurisprudenza di legittimità, una
condotta sia da ritenersi abusiva anche quando esercitata
in modo improprio, e quindi non del tutto conformemente
all’uso solito e consentito.
3. L’attenzione della giurisprudenza si focalizza sui fe-
nomeni di “deterioramento” e “compromissione”: l’in-
quinamento come reato di danno integrato dall’evento
del danneggiamento
Tutto quanto detto circa la non limitabilità dell’ac-
cezione semantica dell’“abusivamente” quale esclusivo
sinonimo di ‘illegittimo’, la giurisprudenza ha focalizzato
l’attenzione sui fenomeni di “deterioramento” e “compro-
missione” previsti dal dato letterale della disposizione
contenuta ex art. 452 bis cod. pen.
A tal proposito, la Corte Suprema ha prioritariamente
chiarito che deterioramento e compromissione sono am-
bedue espressione di “un’alterazione”, consistente in un
mutamento del sistema ambientale originario (15).
Si tratta di fenomeni sostanzialmente corrispondenti
per quanto concerne gli effetti (16). E ciò perché entram-
bi comportano uno squilibrio dei normali processi naturali
dell’ambiente. Squilibrio che, nel caso di compromissione,
viene def‌inito “funzionale” poiché consta di una “condizio-
ne di rischio o pericolo”; nel caso deterioramento, invece,
i processi naturali subiscono un “decadimento di stato e
qualità” costitutivo di uno squilibrio def‌inito “strutturale”
(17).
Tali fatti alterativi dell’ambiente devono però, ai f‌ini
della conf‌igurazione della fattispecie astratta di inquina-
mento ambientale, essere apprezzabili; in particolare essi
devono essere, dal punto di vista qualitativo, “signif‌icati-
vi”, e, quantitativamente, “misurabili” (18).
Al riguardo, di recente la Suprema Corte, consolidando
quanto già precisato nei precedenti richiamati, ha chiari-
to la natura del delitto di inquinamento ambientale rite-
nendolo un reato di danno (19) integrato da un evento di
danneggiamento”.
L’evento, in caso di “deterioramento”, consiste in una
trasformazione del bene o del processo naturale ambien-
tale tale da ridurne sensibilmente il valore o da impedirne
un corretto uso ovvero da non rendere agevole l’attività di
rifacimento (20) ; in ipotesi di “compromissione”, invece,
esso riguarda un’alterazione funzionale del rapporto inter-
corrente tra l’elemento ambientale e l’uomo, anche tenu-
to conto della soddisfazione che da tale bene o processo
l’uomo potrebbe ricevere sottoforma di bisogni o interessi
(21).
Inoltre, la Corte ha reputato logicamente consequen-
ziale precisare che, ai f‌ini dell’astratta applicabilità della
fattispecie di inquinamento ambientale, non è “richiesta
alcuna tendenziale irreversibilità del danno” (22).
Ciò, però, non consente di ritenere non punibili le succes-
sive condotte attuate a seguito di quei comportamenti ido-
nei, già di per sé, ad integrare il reato di inquinamento (23).
Tali condotte, invece, andando a sommarsi alle pre-
cedenti, costituiscono insieme alle attività inquinanti un
unicum. Di talché, la pluralità di azioni o omissioni postu-
me, ma comunque inf‌icianti sul bene o sul processo am-
bientale già alterato, costituisce nell’insieme, un’univoca
condotta lesiva; attività che resta ancorata nell’alveo della
fattispecie astratta di inquinamento in caso di reversibili-
tà del danno cagionato.
Diversamente, nell’ipotesi di danno irreversibile, allora
l’attività è da ricondursi entro la più grave fattispecie de-
littuosa del disastro ambientale (24).
E ciò perché, secondo la Corte, è del tutto plausibi-
le continuare ad alterare quel che si è già inquinato f‌in
quando lo squilibrio causato non risulti irreversibile o por-
ti ad alcuna delle conseguenze prevista nell’ipotesi previ-
sta dal delitto di disastro ambientale.
Sicché tra il reato di inquinamento e quello di disastro
ambientale “non esistono zone franche intermedie” (25).
4. Tra i diversi disastri compare il disastro ambientale:
dal punto di vista della dottrina
Ai sensi di quanto disposto all’art. 452 quater è pre-
scritta la punibilità di “chiunque cagiona abusivamente
un disastro ambientale”. La norma precisa, poi, che “co-
stituiscono disastro ambientale alternativamente: 1) l’al-
terazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema; 2)
l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui elimi-
nazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile
solo con provvedimenti eccezionali; 3) l’offesa alla pub-
blica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per
l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi
ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pe-
ricolo” (26).
Ebbene, nell’interpretazione della portata applicativa
del nuovo ecoreato, occorrerà, peraltro, tener conto del
fatto che, con la fattispecie di cui all’art. 452 quater c.p,
viene introdotto un disastro tipico (27) applicabile “fuori
dai casi previsti dall’art. 434 c.p”.
La suddetta clausola di riserva non priva di attualità la
norma codicistica del disastro innominato, sinora inteso
anche come disastro ambientale, ma costituirà un archi-
trave su cui indirizzare l’attenzione in futuro, considerato
che è in corso un acceso dibattito dottrinale (28) e ad oggi
vi sono state pochissime occasioni per la giurisprudenza di
legittimità di soffermarsi sul nuovo ecoreato di cui all’art.
452 quater (29).
Il dibattito è principalmente incentrato sulla corretta
interpretazione dei rapporti tra le due tipologie di disa-
stro, tra loro connesse.
Al riguardo, sebbene siano del tutto pacif‌ici sia la na-
tura di norma di chiusura assolta dall’art. 434 c.p., sia il
fatto che le due fattispecie incriminatrici siano tenden-
zialmente volte a tutelare beni giuridici differenti (la pub-
blica incolumità per il 434 e l’ambiente per il 452 quater),
non mancano i dubbi di quella parte della dottrina che,
interrogandosi in merito alla scelta legislativa di introdur-
DALL’INQUINAMENTO
AL DISASTRO: ALLA RICERCA
DEI CONFINI APPLICATIVI
DEI PRINCIPALI ECOREATI,
MEDIANTE L’AUSILIO
DEI RECENTISSIMI INTERVENTI
DELLA SUPREMA CORTE
DI CASSAZIONE
di Maria Ludovica Parlangeli
SOMMARIO
1. Le ragioni dell’elasticità semantica dei nuovi ecoreati.
2. Le prime interpretazioni sull’abusività della condotta. 3.
L’attenzione della giurisprudenza si focalizza sui fenomeni di
“deterioramento” e “compromissione”: l’inquinamento come
reato di danno integrato dall’evento del danneggiamento. 4.
Tra i diversi disastri compare il disastro ambientale: dal pun-
to di vista della dottrina. 5. Tra i diversi disastri compare il
disastro ambientale: i primi interventi della giurisprudenza
tra f‌ine 2017 e inizio 2018. 6. Conclusioni.
1. Le ragioni dell’elasticità semantica dei nuovi ecoreati
Il legislatore del 2015, recependo le direttive 2008/99/
CE e 2009/123/CE, ha introdotto nel Codice Penale, con la
Legge n. 68, un titolo dedicato ai delitti contro l’ambiente
(1). Tale intervento è frutto dell’esigenza, riconosciuta a
livello comunitario, di adottare misure maggiormente in-
cisive nel dissuadere da condotte lesive per l’ambiente (2)
rispetto alle previgenti sanzioni amministrative. Attività
queste che, inevitabilmente, sono spesso correlate a po-
litiche imprenditoriali volte all’ottenimento di maggiori
prof‌itti.
Per siffatta ragione, le innovazioni legislative del 2015
hanno ampliato anche l’area del penalmente rilevante
della responsabilità d’impresa. Ed infatti, è stato introdot-
to il nuovo art. 25-undecies al D.L.vo n. 231 del 2001 con
cui vengono ricompresi tra i reati presupposto alcuni dei
nuovi eco delitti.
Ciò posto, occorre rilevare che la formulazione, alta-
mente elastica (3), dei nuovi ecoreati, sembra essere ef-
fetto della predilezione legislativa di utilizzare un lessico
idoneo all’adattamento della fattispecie normativa alla
mutevole realtà concreta; in ragione dell’irrealizzabilità di
un catalogo particolareggiato delle innumerevoli situazio-
ni potenzialmente idonee ad integrare l’astratta condotta
punibile (4).
L’elasticità delle nuove fattispecie deve essere, comun-
que, coerente con il rispetto del principio di determina-
tezza, costituzionalmente garantito. Principio che, come
chiarito dalla Consulta, non subisce alcuna violazione se
gli elementi descrittivi (nel loro complesso) della fatti-
specie criminosa consentono, in ogni caso, all’interprete
di individuarne il contenuto semantico (5). Sicché saran-
no i principi di matrice giurisprudenziale a costituire gli
assi cartesiani entro i quali muovere le coordinate per la
comprensione, tutt’altro che agevole, dei nuovi conf‌ini del
penalmente rilevante in materia ambientale.
2. Le prime interpretazioni sull’abusività della condotta
Chiarita la portata delle diff‌icoltà applicative della
nuova disciplina, occorre, prioritariamente, soffermarsi
sul sostrato tecnico-scientif‌ico da cui avviare lo studio
prospettato per la cristallizzazione degli ecoreati.
Ebbene, al nuovo titolo VI bis del libro II del c.p sono
introdotti i cosiddetti ecoreati (6), il primo dei quali è
l’inquinamento ambientale. L’art. 452 bis c.p prescrive la
punibilità di “chiunque […] cagiona abusivamente [...]
una compromissione o un deterioramento signif‌icativi e
misurabili delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o
signif‌icative del suolo o del sottosuolo, di un ecosistema,
della biodiversità, anche agraria, della f‌lora o della fau-
na” (7).
L’incertezza semantica della fattispecie richiama-
ta ha suscitato non pochi dubbi interpretativi. In par-
ticolare, la dottrina si è interrogata sul signif‌icato da
attribuire all’avverbio “abusivamente” (8) (utilizzato
anche nella più grave fattispecie di disastro ambien-
tale), nonché sull’accezione da attribuire ai termini di
compromissione e deterioramento, quali risultati della
condotta abusiva.
Tali dubbi interpretativi sono stati in parte sanati del
minuzioso intervento chiarif‌icatore della Suprema Corte
di Cassazione (9) che, già nella primigenia sent. Simo-
nelli, ha enunciato una serie di principi di diritto ritenuti
indiscutibilmente quale paradigma per tutte le altre fatti-
specie di ecoreati.
In primis, la Terza Sez. della Corte ha riconosciuto un
“concetto ampio di condotta abusiva”, riguardante tanto
quella violativa di norme penali quanto quella contraria a
prescrizioni amministrative (10). Tale orientamento, te-
nendo debitamente conto dell’implicita volontà di amplia-
re il novero delle condotte ritenute “abusive” da parte del
legislatore (11) (12) , è stato ribadito in altra pronuncia
in materia di inquinamento ambientale, in occasione della
quale il Collegio ha rimarcato che il carattere abusivo
della condotta può venire ad esistenza in caso di attività
tanto clandestine quanto esteriormente lecite (13) (in tal
senso Cass. sez. III n. 18934 del 20 aprile 2017).
Esemplif‌icando, i giudici di legittimità, chiamati a pro-
nunciarsi in materia di pesca delle oloturie, hanno pre-
cisato che, sebbene tale attività sia di per sé lecita, è del
tutto pacif‌ico che il suo esercizio con mezzi non leciti e
da parte di coloro che a tale attività non sono autorizzati
renda ‘quella’ pesca abusiva (14).

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